sabato, aprile 05, 2025

Ritratti: pittori del nostro tempo. Maurizio Piscopo incontra Gaetano Porcasi


di MAURIZIO PISCOPO

Gaetano Porcasi è considerato l’erede naturale di Renato Guttuso. I suoi colori vanno oltre la nostra isola. La sua è una pittura di impegno civile, di forte denuncia contro la criminalità, il malaffare, dove la tecnica e il contenuto vanno a nozze.  

Porcasi sente l’esigenza di raccontare come un giornalista d’inchiesta, la storia della Sicilia, e riesce a trovare un perfetto equilibrio pittorico per rendere l’opera amara nei contenuti ma, bellissima nei suoi colori. Di Gaetano mi hanno parlato in tanti: lo scrittore Vito Lo Scrudato, il preside Giuseppe Lo Porto, il musicista Amico Dolci. Da molto tempo avrei voluto intervistarlo. Ed ora è arrivato il momento per conoscerlo da vicino.

  • Quando nasce la tua grande passione per la pittura?


La mia passione per la pittura nasce da quando avevo cinque anni, mi ricordo che chiedevo ai miei genitori di comprarmi i colori, le matite e rimanevo affascinato quando li vedevo. In seconda elementare sono stato bocciato perché disegnavo sempre, buttavo i libri e vedevo un mondo colorato, nello stesso anno ricordo, che mio padre mi aveva regalato a sorpresa due piccole tele e dei colori per dipingere. Ero estremamente felice, perché era il regalo più bello che un bambino potesse ricevere a quell’età.

  • Ricordi il primo disegno?

Da subito ho iniziato a disegnare e lo facevo in continuazione, ovunque trovassi carta, anche quella del pane e le matite. All’epoca non era semplice trovare con molta facilità i materiali per disegnare, però ho un ricordo bellissimo perché trovavo sempre la soluzione, nonostante fossi piccolino, riuscivo a trovare i fogli per disegnare. Recuperavo i colori che potevo trovare in natura, per i colori sperimentavo con i fiori: le margherite gialle e i papaveri rossi, il caffè, il carbone. Quando uscivo per giocare con i miei amichetti non riuscivano a comprendere perché fossi sempre alla ricerca di colori, non avendo la possibilità di avere quelli veri, il mio sogno era quello di avere tanti colori per raccontare il mondo come lo vedevo allora.


- Cosa provi quando finisci un’opera?


Vorrei cominciare con un pensiero di Picasso: “L’opera nasce già nel nostro pensiero, è già fatto”. Secondo il mio punto di vista dobbiamo solo prendere un pensiero invisibile, già presente dentro il nostro mondo creativo, e renderlo visibile, e l’artista, o il creativo ha il compito di trasformare quel pensiero in realtà, attraverso opere, poesie e spartiti.

- La tua pittura richiama l’impegno civile, chi sono i tuoi pittori di riferimento?

Questo tema è stato affrontato diverse volte, ricordo una conversazione con lo storico Giuseppe Carlo Marino, in una sua recensione a me dedicata, c’è stata una lunga collaborazione, infatti abbiamo realizzato insieme alcuni libri, uno dei quali “La Sicilia delle stragi” della Newton Compton Editori, e l’altra “Global Mafia”. La nostra collaborazione durò fino agli ultimi giorni della sua vita. Nel 2011 abbiamo realizzato una mia grande mostra con un grande convegno, dal titolo: “Dal Gattopardo alla Global Mafia”, e all’inizio di questo lavoro il professore Giuseppe Carlo Marino mi chiese dove fosse possibile collocare la mia arte tra le correnti artistiche d’avanguardia del ‘900, in un libro che lui pubblicò, nel testo insieme a trentadue quadri scrisse: “Gaetano Porcasi è l’erede naturale di Renato Guttuso” e collocò questa pittura di impegno civile accanto ai grandi muralisti messicani come José Clemente Orozco, Diego Rivera e David Alfaro Siqueiros.


- Quanti sono i pittori antimafia?



Vorrei rispondere con una citazione di Leonardo Sciascia in un articolo pubblicato degli anni ’80, viene utilizzato il termine “I professionisti dell’antimafia”. Premesso, che non esiste e non deve esistere il termine “antimafia”, posso citare Don Pino Puglisi, un grande prete che aveva capito quanto fosse importante la cultura chiamando i ragazzi avvicinandoli al mondo del sapere. Don Pino Puglisi non si faceva chiamare il prete “antimafia”, Paolo Borsellino diceva: “Le mafie vanno sconfitte attraverso la cultura, non deve essere un fenomeno di repressione, ma una rivoluzione culturale”, potrei citare molte figure che hanno usato la cultura per sconfiggere il malaffare (io stesso in un’intervista dissi che non rifiuto il termine antimafia ma mi definisco un pittore d’impegno civile perché molti nel tempo hanno utilizzato il termine antimafia costruendo carriere politiche, rifacendosi la verginità oscurando il loro vissuto. L’antimafia negli ultimi tempi è diventata una sorta di passaporto seminando macchine del fango, lottizzazione di pensiero e cercando di denigrare chi realmente in silenzio portava e porta avanti l’impegno morale contro la mafia). Il sottoscritto ha iniziato per la prima volta ad affrontare temi molto forti e duri rischiando la propria vita trasformando pennelli e tele come delle penne e dei fogli, e qui sono arrivati i primi segnali d’intimidazione: una volta fecero scoppiare una bomba carta sotto la mia automobile, delegittimazione, attacchi personali trasmessi in reti private, boicottaggio di mostre, ne potrei citare molte anche a livello nazionale. Come ho dedicato in una tela realizzata nel 2014, olio su tela, dal titolo: “La Macchina del Fango” e un’altra opera dal titolo: “Il giocattolo dell’antimafia”. Nel 2010 fu inaugurato a Corleone, nella casa appartenente al boss Provenzano, un museo con circa 65 quadri dove ho raccontato la storia delle vittime e dei carnefici, partendo dal 1894 fino alle più recenti catture dei “super” boss. Attualmente non si può quantificare il numero dei pittori antimafia, ma posso dire che facendo una ricerca storica, le opere pittoriche parlano da sé e ci dicono quanti pittori in tempi non sospetti hanno denunciato le mafie con il loro volto scoperto, posso affermare che una goccia d’acqua non crea l’oceano, ma tante gocce formano l’oceano.

  • Chi sono i personaggi che hai rappresentato oltre Falcone, Borsellino, Danilo Dolci …?


Rispondo subito, avendo realizzato più di 2000 opere pittoriche nel cammino delle mie ricerche sono entrato in una macchina del tempo e attraverso la mia pittura posso dire di aver incontrato molti volti chiusi dentro i cassetti della storia che ho spolverato attraverso la mia pittura, tirandoli da quei cassetti impolverati, ho dato voce a molti uomini dimenticati, conseguendo svariate ricerche, dipingendo sino alle prime luci dell’alba, spesso addormentandomi mentre dipingevo, mi accorgevo che più disegnavo le tragiche vicende dell’Italia più mi accorgevo di come sembrassero infinite. In una mostra itinerante per l’Italia, ho raccontato la nostra storia tramite le stragi, dal 1894 ad oggi, i tanti bambini, donne, forze dell’ordine, magistrati e attivisti uccisi.


- Picasso sosteneva che i più grandi pittori del mondo sono i bambini. Sei d’accordo?

Picasso si riferiva alla spontaneità, alla purezza del bambino, come diceva Jean Jaques Rousseau: “Il bambino è già discepolo, non del precettore, ma della natura”. Ogni artista è figlio del proprio tempo e gli artisti veri hanno lasciato delle tracce indelebili per le future generazioni, non sono due o tre opere che rendono l’artista tale, ma l’innovazione del pensiero che l’artista ha creato, cioè aver inventato qualcosa che prima non c’era, con le proprie opere. Cominciando ad esempio dalla Guernica di Picasso del 1937. Picasso non era un bambino, ma ha creato un’opera che ha segnato le atrocità della distruzione di circa 2000 persone, causato dai bombardamenti dell’esercito nazista. Un altro esempio di opera d’arte che ha segnato la storia è “La Libertà che guida il popolo”, “L’urlo” di Munch. Le opere diventano tali quando riescono a trasformarsi diventando universali e non hanno tempo, saranno vive per sempre.

  • Qual è la forza di un dipinto nel mondo in cui viviamo?

Per la mia trentennale esperienza posso dire che la pittura ha un ruolo fondamentale nella fruizione della comunicazione. Nelle mostre ho raccontato tante vicende storiche, ogni volta mi sono accorto che molti ragazzi rimanevano increduli davanti alla forza della pittura di impegno civile, e mi ponevano quasi le stesse domande: “ma tutto questo, quando è successo?”. Eppure, posso dire che viviamo nel mondo della digitalizzazione, dove ogni momento del giorno siamo bombardati da milioni di immagini e lo studio mirato raccontando con grande responsabilità episodi luttuosi della nostra storia in cui spesso si cerca di nascondere il vero, ma l’amara verità dà fastidio e si cerca in tutti i modi di oscurarla, stiamo parlando di opere pittoriche che non hanno uno scopo prettamente estetico-decorativo, ma hanno uno scopo divulgativo della storia dando voce ai tanti martiri uccisi dalle criminalità mafiose.


- Posso affermare che sei un pittore che dipinge con i colori della Sicilia?

Questa domanda mi ricorda una conversazione avuta tra Renato Guttuso e Sciascia, quest’ultimo risponde a Guttuso dicendo, che ogni cosa che avrebbe dipinto lo avrebbe fatto in siciliano. Isola paradisiaca, dove esistono l’inferno e il paradiso nello stesso luogo, un’isola di grandi contraddizioni, piena di luce, noi siamo pienamente coscienti e quando produciamo, realizziamo, scriviamo, componiamo lo facciamo con i filtri di questa solarità che ci appartiene. Un piemontese non potrebbe mai dipingere come un siciliano per la luce immensa che possediamo.

  • Hai contatti internazionali da tempo, con alcuni paesi, quali?

In questo cammino d’impegno civile ho avuto contatti con tanti paesi fuori dall’Italia, alcune mie opere si trovano nei libri di testo delle scuole elementari e medie francesi. Diversi documentaristi si sono occupati della mia pittura: inglesi, francesi, americani, addirittura c’è anche un reportage russo. Penso che un’opera diventi universale e non avrà mai un colore politico e nemmeno un colore che possa dividere i popoli. L’artista ha una sola bandiera, comune a tutti i popoli, che riguarda la libertà, il rispetto e la democrazia di un popolo. Possiamo dire che un artista non appartiene al luogo in cui nasce ma è cosmopolita. La mia pittura è arrivata anche all’estero, a Bruxelles al Palazzo del Parlamento Europeo.

  • Come reagisce il pubblico alle tue mostre?

Ricordo una frase del magistrato Giancarlo Caselli: “Guardando le tue opere sono come un pugno allo stomaco, non lasciano affatto indifferente, ti lasciano sempre un messaggio.”. Durante le diverse mostre, che vanno dalla Bocconi di Milano, Biennale di Venezia, il PAM, il museo nazionale di Napoli, il Museo Nazionale dell’Arma dei Carabinieri a Roma, il museo a Perugia, Catania, Sardegna, Cosenza, Torino, mostra itinerante per il Piemonte, Lombardia e “tanti altri angoli dell’Italia” dal punto di vista umano posso affermare, che i ragazzi hanno una grande fame di sapere e che spesso lo Stato sperpera denaro inutilmente, ma in presenza di un evento importante che riguarda il mondo dell’arte c’è sempre il diniego dell’assenza di fondi.

  • Quanto tempo ci vuole per realizzare un’opera?

Intanto, bisogna capire il tema da scegliere, studiare con molta attenzione i contenuti e decodificarli in immagine, mantenendo sia l’aspetto estetico che la parte contenutistica, lo stile, il tratto, i contenuti, perché diventano un mezzo di comunicazione immediato; ecco, questa è la pittura d’impegno civile (come faceva una volta il cantastorie). Il tempo può variare da 1 giorno a 6 mesi: un quadro non si finisce, perché il pensiero si evolve in continuazione e in un quadro si può lavorare, aggiungere e togliere in qualsiasi momento, siamo noi che diamo un tempo razionale per dare un taglio alla realizzazione di quell’opera. Diciamo, che ad ogni pensiero che noi abbiamo, viene sostituito da un’altra idea, la pittura d’impegno civile non è semplice.

  • Quali sono le ore del giorno in cui ti senti più ispirato?

Non c’è né un orario, né un tempo preciso, perché la creatività di un artista non è l’improvvisazione, ma la sua maturità e approfondimento raggiunti, confrontandosi sempre con la realtà che ci circonda, la mia non è mai una pittura istintiva ma una pittura pensata, ragionata e raccontata.


  • Che idea ti sei fatto degli artisti bohemien parigini?

Fare oggi un confronto con il passato è come viaggiare con una macchina a carbone al giorno d’oggi. Per quei tempi, quei pittori sono stati lungimiranti, progressisti, avanguardisti perché maturavano un’idea nuova verso un mondo che stava cambiando, un fatto importate è che quegli artisti avevano degli ideali, e c’erano anche la famose correnti artistiche. Oggi non si parla più di un’avanguardia rivoluzionaria come lo era un tempo, si lavora di più nell’individualismo, non nell’associazionismo per creare forme di contaminazione della bellezza.

  • C’è un quadro a cui ti senti più legato?

Ogni quadro da me realizzato è sempre nato da quel principio che ha origine dalla pittura d’impegno civile, potrei sottovalutare alcune opere e valutarne altre con più attenzione, ma non vorrei farlo perché ogni quadro ha avuto uno stato d’animo diverso e noi esseri umani lavoriamo molto con gli stati d’animo.

  • Dove si possono ammirare le tue opere?

Oggi viviamo nell’era della comunicazione digitale, e chi vuole fare un viaggio attraverso la mia pittura può farlo facilmente tramite il web, perché in fondo noi siamo il frutto di ciò che facciamo. Materialmente esiste un laboratorio della legalità a Corleone nella casa confiscata al boss Provenzano dove sono presenti circa 65 quadri; un’altra pinacoteca si trova a Spello, in Umbria; alcune opere si trovano presso la facoltà di Agraria di Palermo; nelle varie stazioni dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia che io stesso ho donato.

  • La bellezza salverà il mondo, o da sola non basta?

La questione se la bellezza possa salvare il mondo è complessa e dibattuta. Mentre alcuni sostengono che l’arte e la bellezza possano ispirare e migliorare l’umanità, altri avvertono che senza azioni concrete, la bellezza da sola non è sufficiente a risolvere i problemi del mondo. Provate ad immaginare un mondo senza bellezza, un mondo senza la Gioconda, i Bronzi di Riace, la cultura greca, eccetera eccetera…


- Cosa pensi della violenza sulle donne? Perché non si riesce a fermare questa tragedia?

La violenza sulle donne è una tragedia devastante che colpisce non solo le vittime, ma l’intera società. È un fenomeno complesso che affonda le sue radici in molteplici fattori, tra cui le disuguaglianze di genere, stereotipi culturali, la mancanza di educazione al rispetto reciproco e, purtroppo, a volte anche nella normalizzazione della violenza in alcune dinamiche familiari o sociali. Avendo un’autonomia economica la donna ha la possibilità di allontanarsi con molta facilità dal pericolo e non sottoporsi continuamente ad esso; molte donne non hanno però la possibilità economica e sono costrette a vivere sotto lo stesso tetto del loro carnefice (non avendo casa, soldi per mangiare, assistenza, come dovrebbe fare a uscire da questo labirinto?). Lo stato, in questo, è assente.

  • Cosa non hanno capito gli uomini delle donne?

L’uomo cambia con gli anni, come fatto anche fisiologico. Non si raggiunge quella maturità della comprensione e per entrambi la convivenza può diventare un’arma a doppio taglio, perché penso che ci sia un tempo per fare il padre, uno per fare la madre, uno per fare la compagna, uno per crescere i figli, uno per amare, rispettare e condividere continuamente le difficoltà della vita. La società in cui viviamo è una società dove i valori sono venuti a mancare e con molta facilità, aumentano i divorzi, le separazioni, e tutto quello che riguarda la vita di coppia perché l’uomo e la donna non sono mai contenti, pensano che troveranno la perfezione con un nuovo partner, ma andranno incontro ad altri nuovi problemi con dinamiche diverse, discordie individuali.

  • Come sono cambiati pittori di oggi rispetto a quelli dell’800?

Nell’800 la formazione degli artisti partiva dalla bottega dove c’era il maestro e gli allievi, ma gli artisti avevano degli ideali diversi, delle esigenze diverse. Nella società odierna, gli artisti difficilmente possono sopravvivere di sola arte, ad esempio: dove sono oggi le grandi committenze? Chi compra un’opera d’arte? Come fa un artista a sopravvivere non avendo la possibilità economica per comprare i materiali, costosissimi, come tele, colori, e avere anche la possibilità di farsi conoscere attraverso i potentissimi mezzi di comunicazione di cui disponiamo?

  • C’è un luogo che ti piacerebbe visitare e rappresentare?

In qualunque angolo del mondo dove noi possiamo andare, quando non si ha la consapevolezza del bello e il rispetto dell’altro, qualsiasi luogo diventa un posto invivibile. Spesso mi rifugio nel mio mondo pieno di colori estraniandomi e raccontando il mondo, che cerco di far conoscere. Spero che un giorno il mio lavoro possa svegliare tantissime coscienze.


- Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Purtroppo posso dire che oggi viviamo alla giornata, non possiamo più programmare quello che accadrà nel nostro futuro, non abbiamo un controllo effettivo della nostra macchina anatomica. Possiamo decidere con il nostro cervello cosa fare, ma dobbiamo fare i conti anche con il nostro destino, e sarà lui il maestro della nostra vita. Da parte mia, ce la metterò tutta per continuare a regalare le mie emozioni alle nuove generazioni, per ricordare quanta bellezza c’è attorno a noi, e non fare altro che togliersi la benda attorno agli occhi e osservare il mondo con gli occhi dell’artista.

Ripost.it, 4 aprile 2025

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