lunedì, aprile 14, 2025

Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, il Gattopardo (film) di Luchino Visconti, il Gattopardo (la serie Netflix) (2025)


BINO MOSCATO*

La miopia dell’ideologia non permette allo sguardo di spaziare oltre l’orizzonte ristretto della presunzione, del pragmatismo, dell’opportunismo. È doloroso ammetterlo ma appare assurdo che il romanzo Il Gattopardo sia stato cassato proprio da uno scrittore della statura di Elio Vittorini, perché ritenuto “reazionario” e quindi non opportunamente schierato e allineato alle “magnifiche sorti e progressive”; reazionario perché non proponeva un luminoso futuro come era corretto (ideologicamente) fare; reazionario perché scritto da uno degli ultimi rampolli della ormai decaduta nobiltà siciliana e quindi di per sè stessa reazionaria, filomonarchica  e borbonica.

* da oggi il dott. Bino Moscato inizia a collaborare con Città Nuove. 

Ma per fortuna questo romanzo, che viene considerato tra i più grandi del ‘900, verrà pubblicato poi da Feltrinelli grazie al giudizio di Giorgio Bassani, ma solo quando l’autore era già morto. 

La mia terza “rilettura” del Gattopardo è stata motivata dalla visione della miniserie Netflix ispirata al romanzo che, al contrario del film del 1963 di Luchino Visconti, si discosta un po’ dall’originale racconto di Tomasi.

All’inizio ho avvertito un non lieve fastidio nel constatare la “diversa” struttura narrativa e il “diverso” ruolo assegnato ai personaggi a cui siamo abituati. Ma continuando nella visione delle 6 puntate ho dovuto ammettere che non stavo seguendo una pedissequa versione televisiva del romanzo ma un’opera “liberamente ispirata” al libro, con uguali personaggi sì ma rivisitati in modo un po’ diverso. Alla fine devo riconoscere il valore della serie a cominciare dalla fotografia, molto calda, che riesce a valorizzare i meravigliosi paesaggi della nostra isola e gli interni dei palazzi dove si svolge l’azione; ma vanno anche menzionati gli interpreti, molto “azzeccati” ad eccezione forse dell’attore che veste i panni di Tancredi (un belloccio senza alcuno spessore e fascino: impossibile non fare il paragone col meraviglioso Alain Delon…). Don Fabrizio invece viene benissimo interpretato da Kim Rossi Stuart ma la sorpresa di questa serie è determinata dal personaggio di Concetta che assume un ruolo quasi comprimario (a differenza del romanzo dove solo nell’ottava e ultima parte assurge a protagonista della storia) e che è splendidamente interpretato da Benedetta Porcaroli. Infine Angelica è impersonata da Deva Cassel (la figlia di Monica Bellucci e Vincent Cassel) che, sinceramente, non fa rimpiangere la Claudia Cardinale del film di Visconti e, a mio avviso, risponde di più al personaggio descritto nel romanzo. A differenza del film, la serie si conclude con la morte del Principe di Salina. A tal proposito, per chi già conosce il romanzo, consiglio di rileggere la settima parte (la malattia, l’agonia e la morte del principe) che ritengo la parte più coinvolgente, commovente e anche ricca di contenuti: bellissima l’immagine della vita che man mano va spegnendosi come il fluire dei granellini attraverso l’orifizio di un orologio a sabbia… e, verso la fine, come “larghe ondate incalzanti, con un fragore spirituale paragonabile a quello della cascata del Reno” fino a quando… “il fragore del mare si placò del tutto”.

Da leggere (o rileggere) il romanzo di Tomasi di Lampedusa.

Da vedere (o rivedere) il film di Luchino Visconti).

Da non perdere la visione della miniserie Netflix.

Nessun commento: