sabato, aprile 26, 2025

DIALOGO SUI TRAVAGLI DELLA FEDE, LETTERA DEL 26 APRILE: LA VISIONE DI CHIESA COLTIVATA DA PAPA FRANCESCO


Mi capita spesso di dialogare con Silvia. Silvia è una donna intelligente, piena di curiosità, non credente ma aperta alle domande più radicali che la vita ti pone e, recentemente, molto interessata a comprendere la dimensione religiosa sul pensare e dire Dio dentro i duri travagli del nostro tempo.


GIUSEPPE LUMIA

Dialoghi, Lettera del 26 aprile 2025 

LA VISIONE DI CHIESA COLTIVATA DA PAPA FRANCESCO


Cara Silvia, ho accolto la Tua insistente sollecitazione di riflettere sulla visione di Chiesa che ha caratterizzato il pontificato di Papa Francesco.

Si scriveranno fiumi di articoli, saggi e libri, il suo pensiero verrà scandagliato minuziosamente. Si utilizzeranno approcci equilibrati, altri più apologetici, ma vedrai che non mancheranno le riflessioni critiche e soprattutto faziosamente contrarie.

Tutto si può dire di Papa Francesco tranne che non abbia avuto un piglio coraggioso nel far valere le ragioni profonde di una fede che non si rassegna all’eclisse del dire e vivere Dio, soprattutto nelle società secolarizzate, e nel riproporre un modello di Chiesa coerente con le scelte innovative del Concilio Vaticano II.

Sai, Silvia, nella Chiesa si sono sempre confrontate e spesso contrapposte due visioni radicalmente differenti, che nei momenti ordinari si intrecciano, mentre in quelli critici emergono in tutti i loro tratti distintivi, soprattutto quando è messa a dura prova la sua stessa esistenza, come nell’attuale drammatico momento storico. A queste notevoli differenze non dobbiamo dare un’accezione eccessivamente politica, ma per comprenderle meglio bisogna piuttosto calarsi nelle dimensioni spirituali, teologiche e pastorali, che hanno sicuramente delle ricadute pure sul versante sociale e politico.

  • La prima dimensione è quella più conservatrice. La Chiesa, lungo la sua controversa storia, è considerata come una sorta di societas perfecta, che come una grande e inespugnabile fortezza si nutre essenzialmente di tradizione e dogmatismo e si ritiene invincibile e completa: dalle verità teologali ai comportamenti morali, dalle soluzioni sociali al governo temporale, sino a riproporre al proprio interno le strutture civili, come la scuola cattolica, l’ospedale cattolico e così via. La Chiesa, in questa visione, è una società molto gerarchica, ritualistica, intransigente e presa dalle contrapposizioni alle altre società, soprattutto laiche e statuali. Ne viene fuori una impostazione piuttosto autoritaria, autoreferenziale e integralista, pronta a ingaggiare contrasti a testa bassa o a concludere freddi accordi di pura convenienza, soprattutto con gli Stati potenti. Durante il fascismo, questa impostazione prevalse con il Concordato, che si riteneva un buon accordo, per recuperare la cosiddetta “cristianità perduta”. Così non solo veniva chiusa la “questione romana”, ma si riteneva possibile aprire spazi di azione che nel frattempo venivano negati dal regime autoritario alla società, alla politica, ai cittadini, alle altre confessioni religiose. In quel frangente storico, fu messa da parte l’altra impostazione che era piuttosto critica con la conclusione di un accordo, perché considerava un mero privilegio stabilire patti mentre venivano cancellate libertà e diritti fondamentali. Tra l’altro, non mancarono quanti autorevolmente suggerivano che la via dei privilegi fosse non solo sbagliata sul piano dei valori, ma anche caduca sul piano concreto, tanto che poco tempo dopo il fascismo non si fece scrupoli ad agire anche contro la libertà religiosa e del laicato cattolico strutturato nell’associazionismo.
  • La seconda dimensione è quella più progressista. Secondo questa visione, la Chiesa non è concepita come una società perfetta in conflitto perenne e ontologico con il mondo e soprattutto con le culture e i percorsi emancipativi. È semmai un Popolo di Dio che cammina nella storia, facendo proprie le ansie e le speranze delle donne e degli uomini del proprio tempo e del loro vissuto radicato in diversi e peculiari contesti culturali e sociali, territoriali e continentali. La Chiesa non è considerata un blocco monolitico, piuttosto è una realtà articolata nelle Chiese locali che tutte insieme sviluppano l’importante dimensione della Chiesa universale. Viene apprezzata, accettata e via via sostenuta di buon grado la laicità dello Stato, così come l’assetto democratico, il pluralismo politico, le politiche di welfare, la tutela dei diritti umani, la ricerca di modelli di sviluppo sostenibili e di forme di cooperazione e di risoluzione giusta e pacifica dei conflitti. All’interno della realtà ecclesiale, si vive secondo una modalità comunitaria, dialogica, sinodale e collegiale, dove i laici non sono i manovali dei chierici, ma rappresentano una diversa e sempre importante vocazione capace di assumersi responsabilità interne ed esterne in autonomia, soprattutto nella vita sociale e politica. È stato il Concilio Vaticano II a rompere con il modello della societas perfecta e a indicare espressamente la via dell’essere Popolo di Dio in cammino che si nutre della centralità della Parola di Dio, della sequela di Cristo nella prossimità e della forza dello Spirito Santo che soffia anche nei contesti più impensabili.

Sai, Silvia, Papa Francesco è figlio sostanzialmente, spiritualmente e teologicamente di questa seconda scelta. L’ha maturata dentro l’autorevole e qualificata realtà dei Gesuiti, che si sono convertiti a questa idea di Chiesa soprattutto grazie alla loro attività sociale e teologica in America Latina e nei Paesi lontani dal centro curiale del Vaticano. Loro stessi sono passati dall’essere i privilegiati precettori dei Re e dei potenti di turno a formatori della base popolare, dei catechisti, dei sacerdoti di frontiera, proprio in sintonia con il Vangelo degli ultimi rilanciato dal Concilio, senza tuttavia scadere in approcci ideologici ma mantenendo una dimensione rigorosamente di fede e di dialogo e condivisione con gli uomini e le donne di buona volontà.

Per Papa Francesco è stata una scelta naturalmente dinamica, che Egli ha dovuto reinterpretare man mano che assumeva diverse responsabilità, da sacerdote a vescovo e primate della Chiesa argentina, quando ha dovuto confrontarsi con momenti terribili perché in diversi Paesi dell’America Latina e nella stessa Argentina si consumavano delitti e violenze indicibili, causati dai regimi militari e dittatoriali. Quando è diventato Papa, ha voluto dare un impulso senza precedenti al modo di essere della Chiesa del Concilio nella concretezza quotidiana, investendo molto sul ruolo delle Chiese locali e sulla promozione di Vescovi che fossero realmente espressione della varietà della Chiesa Universale, tanto che anche al Conclave si stima che parteciperanno Cardinali provenienti da 71 Paesi, molti da luoghi realmente periferici, mentre nel precedente erano espressione di 48 Paesi.

Il Suo pontificato ha voluto evitare che la considerazione della Chiesa come Popolo di Dio in cammino si traducesse solo in astrazioni teologiche e morali e fosse invece realmente una modalità spirituale, educativa e decisionale dello stare insieme e del promuovere cambiamenti di vera liberazione: la scelta degli ultimi diventa opera consapevole e attiva dappertutto, anche all’interno dello stesso Vaticano. La scelta ecologica diviene un’altra opzione inedita del sentirsi Chiesa in cammino dentro i travagli del nostro tempo, in cui il cambiamento climatico flagella l’umanità e la stessa dimensione di una fede che ama l’ambiente.

Nel guidare la Chiesa Popolo di Dio in cammino, Papa Francesco apre al mondo, dialoga con i poveri e con le organizzazioni che si battono per i diritti degli emarginati, si confronta con i giovani e le loro istanze più profonde, si avvicina ai più disparati contesti sociali e religiosi, rilancia il dialogo ecumenico e squarcia il velo dei poteri interni ed esterni alla Chiesa, stimola l’umanità a perseguire nuovi orizzonti di relazionesimo, di fraternariato, di pace, di salvaguardia del creato e di giustizia!

Cara Silvia, pensa al coraggio e alla forza che ha avuto durante la pandemia nel farsi carico dello smarrimento e delle paure diffuse in tutti noi, combattendo i molteplici tentativi di demonizzazione della scienza. Lo stesso piglio l’ha avuto nei confronti dei drammi dei poveri e degli anziani, contro la “cultura dello scarto”. Ha inoltre colto per tempo lo scivolamento dei vari conflitti verso quella che ha definito la “terza guerra mondiale a pezzi”.

Molti conservatori, in particolare interni, all’inizio hanno provato a contestarlo frontalmente sul piano dottrinale, ma quando hanno constatato l’inefficacia della critica teologica sono passati al più scarso ma efficace “mascariamento”, alimentato da fake news e bugie grossolane messe in giro ad arte.

Sai, Silvia, Papa Francesco non ha disdegnato l’impegno a rigenerare la vita interna ecclesiastica, sempre in coerenza con la scelta della Chiesa Popolo di Dio in cammino: ha rilanciato il ruolo dei laici e delle suore, ha promosso attività formative di eccellenza sull’economia solidale e green. Ha voluto che la Chiesa diventasse povera tra i poveri, sostenendo che “il cuore del Vangelo sono i poveri”, dando l’esempio nello stile di vita e nella promozione dell’accoglienza di immigrati e diseredati. La stessa Curia vaticana è stata sottoposta a profonde innovazioni nella governance dei Dicasteri Pontifici, dato che alla guida di due di questi sono state poste per la prima volta delle Suore. Nella Città del Vaticano, sono state finalmente introdotte le misure anticorruzione e antiriciclaggio e le norme sulla trasparenza degli appalti. Sulle mafie, ha rotto con il negazionismo e il minimalismo, accogliendo in Vaticano i familiari delle vittime innocenti di mafie e confermando la netta condanna dei boss, sino alla loro scomunica, e ha riconosciuto il valore di testimonianze come quelle di don Peppe Diana e di Padre Pino Puglisi, avviando il percorso di beatificazione per il primo e firmando il decreto pontificio che ha elevato il secondo a Beato. Stessa tensione morale ha avuto sull’immigrazione, recandosi dopo pochi mesi dalla sua elezione a Lampedusa e denunciando le sistematiche violazioni dei diritti umani.

Non sono mancate neanche le sofferenze per le guerre in corso, in particolare quelle a danno del popolo ucraino e del popolo palestinese. Ha tenuto ferme le posizioni classiche della Chiesa sui temi cosiddetti sensibili, ma non ha chiuso la porta in faccia a chi compie scelte diverse nella vita e nel contesto familiare.

Silvia cara, non sono mancate le resistenze e i tentativi di farlo passare per un Papa “eretico”. Ma basta leggere le Sue encicliche per comprendere la portata di innovazioni ben solide e ben ancorate nei basilari fondamenti evangelici e teologici. Due encicliche resteranno scolpite nella storia, “Fratelli tutti” e “Laudato si’”. Sono due tracce su cui il Popolo di Dio in cammino svolge al meglio la condivisione con le ansie e le speranze del nostro tempo.

Vedremo adesso le scelte della Chiesa, quale indirizzo vorrà dare al suo cammino con il nuovo Papa. Chissà se si lascerà tentare dal modello della societas perfecta oppure se vorrà arricchire e radicare nella coscienza cristiana e religiosa la scelta della Chiesa Popolo di Dio in cammino.

La Speranza di procedere lungo la strada segnata da Papa Francesco è affidata alla preghiera e all’impegno personale e comunitario di ognuno di noi, anche il tuo.

Giuseppe LUMIA

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