di Nino Cuffaro
Il 23 marzo scorso ho partecipato, per la prima volta da quando ho preso la tessera nel 2023, alla direzione provinciale del Partito Democratico, ricavandone una sensazione di grande spaesamento.
È difficile pensare di condividere valori e pratiche politiche di una persona come il sindaco di Grotte Alfonso Provvidenza, che afferma con iattanza “sono stato eletto la prima volta con una lista di centrodestra, poi con una di centrosinistra, ora ho in Giunta un vicesindaco di Fratelli d’Italia, che si candiderà alla scadenza del mio mandato, ed io le darò il mio voto”. Vale a dire, destra e sinistra per me pari sono: un grillino dei tempi migliori non avrebbe potuta dirla meglio. Ma questo è solo l’antipasto. La sequela di interventi di sindaci del PD agrigentino che hanno in Giunta pezzi del centrodestra (di tutti i tipi: Fratelli d’Italia, DC, Forza Italia ed altro) è stata ininterrotta.
L’unica amministrazione, a questo punto mi verrebbe da dire anomala, è quella di Sciacca, frutto di un’alleanza tra PD, Sinistra Italiana,5 Stelle e una lista civica di sinistra.È il segno più macroscopico di un declino politico della sinistra che dura da anni e spiega benissimo la scarsa presenza del PD in provincia di Agrigento. Questo partito non è percepito, e in larga parte purtroppo non è, alternativo alla destra.
L’alleanza contronatura
Ma, andiamo avanti: ad eccezione il mio intervento contrario, nella direzione provinciale tutti gli altri relatori si sono espressi sostanzialmente per l’apertura ad una alleanza con pezzi del centrodestra: nel caso in questione con Forza Italia e con il Movimento per l’Autonomia, i cui leaders sappiamo bene chi siano, ad Agrigento come a Palermo, e quale responsabilità portano per i disastri amministrativi delle nostre istituzioni locali e regionali.
Ad Agrigento sgovernano i dioscuri del centrodestra: la sanità è nelle mani dell’on. Riccardo Gallo, così come il Parco Archeologico della Valle dei Templi. Se la macchina comunale è appannaggio dell’on. Roberto Di Mauro, la società consortile dell’acqua, invece, è a mezzadria, come diversi altri uffici regionali. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: nella nostra città manca l’acqua; il comune è paralizzato e allo sbando; si perdono finanziamenti per importanti opere pubbliche (oltre un milione di euro per il museo civico; 12 milioni per il progetto di recupero della zona Ravanusella nel centro storico; 45 milioni per il rifacimento della rete idrica; diversi milioni per l’assistenza ed accoglienza dei migranti previsti dal progetto “coopera”; ed altro ancora); i ritardi gli strafalcioni e l’approssimazione dilettantesca nella gestione degli eventi di “Capitale della cultura” hanno fatto ridere l’Italia intera; il territorio è preda da anni da una rinnovata attività di cementificazione diffusa, in presenza di strumenti urbanistici scaduti da oltre 10 anni e volutamente non rinnovati; la sporcizia e l’incuria imperano dappertutto; le condizioni dell’ospedale sono da quarto mondo; gli scandali amministrativi si susseguono impuniti; gli assegnatari dei principali appalti pubblici sono sempre gli stessi da decenni, con continue proroghe illegittime. In questo disastro, prosperano gli affiliati dei novelli dioscuri, le cui segreterie sono sempre più affollate di questuanti.
Nonostante tutto questo, i cosiddetti riformisti del PD non vogliono sentire ragioni. Nell’unica riunione della direzione provinciale degli ultimi due anni, si è solo discusso delle magnifiche sorti e progressive dell’alleanza con pezzi del centrodestra: “così li spacchiamo”, “così vinciamo”, “ci prendiamo la presidenza”, “li costringiamo a votare il nostro candidato”. Ah! dimenticavo, “dobbiamo essere pragmatici”: già, finiamola con le ideologie e i pregiudizi; se le lusinghe del potere sono all’opera, perché mai dovremmo sottrarci? (Come dite? Gli uomini del centrodestra sono responsabili dello sfascio della Regione? Con le loro politiche clientelari tengono in ostaggio una intera provincia? Sì vabbè è uguale, state sempre a cercare il pelo nell’uovo, voi radicali)
In un contesto amministrativo così deteriorato, piegato e piagato da interessi clientelari e affaristici, che senso avrebbe avuto un accordo di governo con pezzi del centrodestra, per una forza di sinistra che vuole intestarsi una prospettiva di radicale cambiamento, che parta dal rispetto della legalità, dalla trasparenza amministrativa, dalla tutela del territorio, dal buongoverno della cosa pubblica?
Eppure, questa ipotesi ha raccolto molti consensi: sindaci, dirigenti e deputati l’hanno sostenuta fermamente. È dovuto intervenire il segretario regionale Anthony Barbagallo con parole chiare per scongiurare l’ennesimo accordicchio: “siamo alternativi alle forze che sostengono il governo regionale e facciamo alleanze solo nel perimetro delle forze progressiste”.
Il programma
“Vogliamo un accordo programmatico per il bene della provincia”, dicono quelli favorevoli ad ogni costo all’abbraccio con il centrodestra. Ma dove l’hanno pescato questo programma, quando mai si è convocata una assise per dotare il partito di una visione di sviluppo della provincia?
Qualcuno ha capito se stiamo con il rigassificatore che l’Enel pensa di realizzare a Porto Empedocle (come vuole l’on. Michele Catanzaro), oppure (come sostiene il circolo di Agrigento) contro la sua costruzione?
Siamo per la realizzazione (proposta da circa 50 anni) di un aeroporto (come afferma convinta l’on. Giovanna Iacono, in una sorta di gara alla primogenitura con l’on. Calogero Pisano di Fratelli d’Italia) o, per evitare di inseguire una chimera, vogliamo puntare sull’efficientamento delle strade e delle ferrovie, come sostengono gli ambientalisti?
Siamo dalla parte degli assetati e dei comitati civici che li rappresentano, oppure a difesa di quegli uomini delle istituzioni, espressi da una governance consociativa (votata anche dal PD provinciale) che i cittadini li asseta? (Si ricordi la surreale polemica dell’on. Michele Catanzaro contro il segretario del circolo di Agrigento, il segretario generale della CGIL Alfonso Buscemi e il rappresentante del Cartello sociale don Mario Sorce, a proposito della manifestazione per l’acqua di 5.000 agrigentini nel mese di luglio del 2024 https://www.facebook.com/profile/1829583152/search/?q=michele%20catanzaro).
E sulla sanità è possibile, dopo aver espresso le più ferme condanne allo stato indecoroso di tanti servizi, consentire a qualche dirigente di sedersi a tavoli extraistituzionali per rivendicare qualche nomina?
Con questo bagaglio programmatico, in grado di disorientare anche i più fedeli elettori di sinistra, il PD agrigentino si stava apprestando a fare da sgabello ai gemelli politici del centrodestra che dominano e vessano da decenni l’intera provincia. Dopo l’ultima direzione regionale del partito è chiaro che nessuno potrà spendere più il nome del PD accanto a spregiudicati accordi trasversali. È possibile, comunque, che frange del partito autorganizzate decidano di dare manforte a pezzi del centrodestra. Il sospetto, in mancanza di spiegazioni plausibili, è che il possibile accordo di oggi, che potrebbe vedere protagoniste alcune aree del partito provinciale, faccia parte di una più larga intesa gestita dai cacicchi locali giocando su più tavoli: dalle nomine nel campo della sanità, alla governance del gestore idrico (AICA), alle prossime elezioni comunali della città capoluogo. Insomma, pura e semplice apoteosi del consociativismo, che in provincia purtroppo non è mai tramontato.
A proposito di Radicalità e riformismo
Diceva Vitaliano Brancati, poi ripreso da Leonardo Sciascia, “In Sicilia, per essere liberali bisogna essere almeno comunisti”. Cioè, viste le sconsolanti condizioni di partenza, sono proprio il realismo e il buonsenso a suggerire di essere radicali, per raggiungere banalissimi traguardi moderati.
Il riformismo, progetto politico rispettabilissimo, è stato un concetto molto abusato in questi ultimi lustri. Un’ala del PD si definisce riformista, ma anche Renzi e Calenda lo rivendicano e, a suo modo, anche l’attuale governo di destra sta riformando lo Stato.
In Sicilia, purtroppo, il riferimento al riformismo e al pragmatismo è stato spesso l’abito buono indossato da personaggi discutibili per dare una presentabilità a politiche di mero consociativismo, dove l’unica bussola è l’occupazione del potere per il potere.
Se non si marcano le distanze da questo modo di far politica, non ci sarà alcun futuro per il Partito Democratico in Sicilia. Certo, continuerà ad esistere, a galleggiare, con una forza sempre più striminzita. Non sarà, però, il propulsore della rinascita dell’isola, ma semplicemente una piccola macchina di un sistema feudale ben rodato, per assicurare potere e privilegi ad una ridotta filiera di feudatari, vassalli, valvassori e valvassini.
Nota a margine
Nelle mie orecchie fischia ancora il fragoroso silenzio degli amici cuperliani. Ho sostenuto Gianni Cuperlo con convinzione all’ultimo congresso nazionale e ho preso la tessera del PD due anni fa per sostenere la battaglia di rinnovamento portata avanti in Sicilia da persone come Valentina Chinnici e Ottavio Navarra, a cui mi legano stima e affetto profondi. Pertanto, constato con dispiacere l’assenza di qualunque presa di posizione dei cuperliani agrigentini, sia nel dibattito interno al partito che nello spazio pubblico, in merito alle scelte gravi di queste elezioni provinciali. Nessun intervento in direzione provinciale, nessun comunicato stampa, nessuna iniziativa di qualunque tipo. Come se il tema non fosse pertinente con gli obiettivi di quell’area. Eppure, la mozione di Gianni Cuperlo si chiamava “Radicalità per costruire”.
bacbac.eu, 4 aprile 2025
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