domenica, gennaio 05, 2025

Svolta nel delitto Mattarella ecco i nomi dei due killer

Piersanti Mattarella 


SALVO PALAZZOLO
La procura di Palermo indaga Nino Madonia, esecutore materiale, e Giuseppe Lucchese, che guidava l’auto della fuga Entrambi sono in carcere da oltre 30 anni, condannati per altri omicidi. Resta l’ombra dei legami con l’estrema destra 

PALERMO — Quarantacinque anni dopo, ha un nome il killer che uccise Piersanti Mattarella: fu il boss mafioso Antonino Madonia a scaricare sei colpi di calibro 38 addosso al governatore che voleva riformare la Sicilia e la politica, era il fratello dell’attuale Capo dello Stato. Oggi, ha un nome anche il killer che guidava la 127 della fuga: è Giuseppe Lucchese, un altro pupillo dei Corleonesi. La Cupola di Cosa nostra scelse due fidati sicari delle cosche per fermare il presidente della Regione che cercava di smantellare quel gruppo di potere costituito da mafiosi, politici e imprenditori. 


Come anticipato ieri da Repubblica, la procura di Palermo sta riscrivendo uno dei misteri italiani: un lavoro certosino che va avanti da sei anni. Magistrati e investigatori di diverse forze di polizia hanno passato al setaccio tutta l’indagine avviata quel 6 gennaio 1980, hanno poi interrogato nuovamente decine di pentiti. E si è arrivati all’iscrizione nel registro degli indagati dei boss Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese, all’epoca avevano 28 e 22 anni. Loro avrebbero agito in via Libertà, non i killer neri Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, come riteneva il giudice Giovanni Falcone, i due esponenti dei Nar sono stati assolti in tutti e tre i gradi di giudizio. 
Ora le attenzioni di chi indaga si concentrano sui due boss che si trovano in carcere da anni: Madonia dal 1989, Lucchese dal 1990, condannati all’ergastolo per aver commesso decine di omicidi. Insieme, spararono al prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, il 3 settembre 1982. Erano i killer di fiducia di Totò Riina: Madonia, figlio di don Ciccio, rampollo di una delle famiglie di mafia più potenti, quella di Resuttana; Lucchese, astro nascente della famiglia di Ciaculli. 
Un delitto di mafia, dunque. Ma Antonino Madonia resta il più misterioso dei killer di Totò Riina: nel 1971, quando aveva 18 anni, lui e il padre Francesco vennero arrestati per i 400 candelotti di dinamite trovati in un fondo a Pallavicino, la periferia occidentale di Palermo. Candelotti dello stesso tipo erano stati utilizzati per alcuni attentati dinamitardi, durante la notte di Capodanno del 1970: obiettivi, enti e uffici pubblici. Le indagini ipotizzarono che i mafiosi fossero stati il braccio operativo di una strategia del terrore messa in campo dalla destra eversiva. Un altro dei misteri di Palermo, alimentato dalle parole di Riina intercettate alcuni anni fa, in carcere: «Questi Madonia erano confidenti dei servizi segreti… Non è che erano spioni, erano in contatto con uno dei servizi». 
Misteri su misteri, che continuano a pesare su questa indagine. Quando magistrati e investigatori hanno iniziato a riguardare i primi verbali, è emersa subito una traccia interessante per arrivare ai killer: nella 127 bianca ritrovata poco distante dal luogo dell’agguato, nello scivolo di un garage di via De Cristofari, c’era un guanto di pelle. Il proprietario dell’auto, che era stata rubata il giorno prima, fu chiaro con la polizia: «Quel guanto non è mio». Era dunque dei killer. I magistrati sono corsi all’ufficio Corpi di reato per recuperare il reperto, pensando già di cercare tracce utili all’esame del Dna. Ma il guanto non si trova. E più passa il tempo, più cresce la convinzione che sia stato fatto sparire. Da chi? E quando? Per certo, il primo rapporto stilato da polizia e carabinieri (rapporto numero 2035/31) ha dell’incredibile: furono seguite alcune improbabili soffiate che parlavano di un sicario appartenente all’estremismo di sinistra, la stessa pista che qualche mese dopo l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino soffiò al questore. Un vero e proprio depistaggio per coprire i veri killer. Un depistaggio ancora tutto da decifrare, che potrebbe aprire nuovi scenari sui rapporti fra Cosa nostra e ambienti deviati delle istituzioni, tutti interessati ad eliminare in fretta Piersanti Mattarella. E non solo lui. 

La Repubblica, 5 gennaio 2025

Nessun commento: