sabato, gennaio 25, 2025

Sicilia, i rapporti mafia-politica mai tramontati


A destare preoccupazione «la capacità di infiltrazione con lampante connessione ai pubblici appalti». Ma anche il ruolo di Cosa nostra nel traffico internazionale di droga

Fabio Geraci

La mafia non si arresta, i suoi legami con la politica si consolidano e la riforma Cartabia non ha ancora prodotto gli effetti sperati. Anzi, in molti casi, ha perfino rallentato il sistema giudiziario. Ma, accanto alle criticità, emergono segnali evidenti di miglioramento come la riduzione dei procedimenti pendenti e il percorso di recupero degli arretrati avviato negli ultimi anni, oltre al sempre maggiore uso della tecnologia che ha determinato una maggiore efficienza. È il quadro delineato - in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario - dal presidente della Corte d’appello, Matteo Frasca, che stamattina presenterà la relazione sull’amministrazione della giustizia nel distretto, che comprende, oltre al circondario della città (che abbraccia pure la parte occidentale della provincia), anche le zone di Trapani, Marsala, Termini Imerese, Sciacca e Agrigento. Un resoconto di oltre 500 pagine che, oltre a porre l’accento sui risultati, intende offrire una riflessione critica su un sistema complesso alle prese con gravi problemi strutturali.

Frasca ha sottolineato che la presenza della mafia è più che mai attuale: «Le investigazioni e i conseguenti processi degli ultimi anni sono stati in grado di evidenziare come Cosa nostra è restata perfettamente attiva, con sempre nuovi referenti per le proprie esigenze di controllo del territorio e, soprattutto, ha continuato a conservare le proprie vecchie regole mafiose ricostituendo in modo lesto e spregiudicato gli organi di vertice ogni volta che i precedenti sono stati arrestati e processati». A destare preoccupazione è soprattutto il ruolo di Cosa nostra diventata di nuovo un punto di riferimento internazionale nel traffico di stupefacenti che rappresenta la fonte primaria di «floridissimi guadagni per l’organizzazione mafiosa che da tale illecito commercio trae quotidiana fonte di sostentamento ed arricchimento».

Un salto di qualità, rispetto agli anni passati, ottenuto mantenendo «importanti e frequentissime relazioni illecite con altre organizzazioni criminali di tipo mafioso, quali per esempio la ‘ndrangheta» ma allo stesso tempo conservando «la capacità di infiltrazione in settori economici e sociali con lampante connessione ai pubblici appalti, alla ecomafia, alla illecita gestione dei fondi comunitari, al controllo della grande distribuzione ed a tutti quei meccanismi che consentono alla consorteria mafiosa di ottenere posizioni di favore nel mercato economico e finanziario, inquinando ed impoverendo il resistente e parallelo mercato lecito». Un’amara considerazione del presidente della Corte d’appello che, nel documento, ha rimarcato ancora una volta come i rapporti tra mafia e politica non siano mai tramontati ma è possibile che adesso possano addirittura aumentare «con le allettanti risorse del Pnrr» che rappresentano «un’ulteriore espansione di tutte le attività di Cosa nostra indirizzate al fine di lucro, con tentativi di aggiudicarsi ricchezza ingente, attraverso il riciclaggio e l’acquisizione di aziende». Un altro settore da monitorare è quello dei subappalti perché «continua a suscitare l’interesse dell’organizzazione sfruttando la inquietante riservata interlocuzione, al di là della rilevanza penale, fra esponenti mafiosi ed amministratori locali».

C’è poi la questione della riforma legata alla legge Cartabia «il nuovo rito processuale, benché nato per accorciare i tempi del processo, al momento ha determinato l’opposto risultato, avendoli allungati», scrive il presidente Frasca non mancando però di segnalare alcuni aspetti positivi come «la stabilizzazione delle modalità di svolgimento delle udienze da remoto e a trattazione scritta: l’utilizzo di questi strumenti, alternativi all’udienza in presenza, se realizzato con intelligenza e discernimento, non determina alcuno scadimento del servizio, anzi viene incontro alle esigenze del Foro» e permette «al magistrato di organizzare meglio il lavoro».

GdS, 25/1/2025


Cresce la violenza, omicidi in testa

Omicidi e violenze domestiche in aumento, reati contro il patrimonio in calo. Gli omicidi volontari segnano un preoccupante boom nel Distretto rendendo quello appena trascorso un anno di allarme per i crimini violenti. I casi di omicidio consumato sono cresciuti del 74 per cento passando dai 34, registrati tra il 2022 e il 2023, ai 59 del biennio precedente mentre quelli tentati hanno raggiunto quota 76, con un incremento del 58 per cento. Un dato che diventa ancora più inquietante perché la maggior parte della vittime è di sesso femminile a cui, purtroppo, deve associare un triste 14% relativo allo stalking.

Ma anche altre tendenze emergono con forza come i reati legati alla tossicodipendenza che mostrano un andamento a salire del 21 per cento solo nell’ultimo anno - una percentuale che addirittura si attesta al 28 per cento se si considera il 2023 - raggiungendo 3.157 denunce contro le 2.601 della stagione precedente. Questo fenomeno, storicamente connesso ai traffici illeciti gestiti dalla criminalità organizzata, rappresenta la sfida principale anche perché, a differenza del recente passato, il trend sembra ormai essere costantemente in rialzo.

Il panorama dei reati contro il patrimonio appare invece variegato. Se i furti complessivamente sono avanzati del 9 per cento con 33.720 denunce rispetto alle precedenti 30.815, le estorsioni mostrano una leggera flessione (-1 per cento) mentre le rapine hanno avuto un’impennata del 13 per cento, segno che questo tipo di criminalità «da strada» continua a rappresentare una minaccia importante. I delitti di stampo mafioso sono stati il 6 per cento in più lasciando invece spazio ai reati contro la pubblica amministrazione dove viene segnalato un aumento delle denunce per corruzione (+8%) e per concussione (+21%), mentre il peculato fa contare lo sviluppo più marcato (+39%) con 82 persone che sono state colte con le mani nel sacco. È il segnale inequivocabile di come le infiltrazioni nel settore pubblico rimangano un problema strutturale, aggravato dalla gestione delle risorse del Pnrr che fanno particolarmente gola a Cosa nostra.

Fa. G.

GdS, 25/1/2025

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