sabato, gennaio 25, 2025

L’allarme della Pg Sava: “I boss puntano ai fondi del Pnrr”. De Lucia: “Si parla poco di mafia”


di Salvo Palazzolo

La relazione del presidente della corte d’appello Frasca: “Falso dire che Falcone voleva la divisione”. La protesta dei magistrati contro la separazione delle carriere”

I primi ad entrare nell’aula della Corte d’appello sono i magistrati in toga nera e coccarda tricolore che protestano contro la riforma della giustizia voluta dal governo, che prevede la separazione delle carriere. In mano hanno la Costituzione e alcune frasi simboliche. Una dice: “In questa Costituzione c’è tutta la nostra storia, tutto il nostro passato. Firmato: “Pietro Calamandrei”. E con la Costituzione in mano escono dall’aula quando interviene il rappresentante del ministro della Giustizia, Alessandro Buccino Grimaldi. Anche il presidente della Corte d’appello Matteo Frasca ricorda nella sua relazione la «preoccupazione per le riforme in corso di approvazione» all’inizio della sua relazione. Criticando i «continui attacchi alla magistratura».


Palermo, Costituzione in mano e coccarde: la protesta dei magistrati

E’ il giorno della protesta, ma anche della denuncia, per una organizzazione mafiosa che si riorganizza. Dice la procuratrice generale Lia Sava: «Per l'ala militare di Cosa nostra non è un momento facile, anziani capi detenuti hanno l’ansia di riprendere un ruolo attivo sul territorio e giovani rampanti cercano proiezioni future, contrastati dalla Dda che impedisce la ricostruzione di quella Cupola palermitana indispensabile alla mafia per essere sempre più potente. Ma dobbiamo intenderci: Cosa nostra non è sconfitta». Un’analisi precisa che intreccia l’organizzazione mafiosa con l’humus in cui prospera: “Permane vigorosa una mentalità mafiosa di cui sono cartina di tornasole una serie di condotte criminose che Cosa nostra realizza agevolmente grazie a un degrado etico che fa da sfondo al tempo che viviamo". La procuratrice Sava parla di “una voglia di mafia e di mafiare che è ben lungi da scomparire. Le famiglie insediate sul territorio mirano a controllare non solo l’economia illegale, droga ed estorsioni, ma anche quella legale giovandosi dell’apporto malsano di imprenditori senza scrupoli. L'interesse di Cosa nostra alle più grandi e rilevanti opere pubbliche permane inalterato».

Un quadro inquietante, ma troppo spesso la mafia non fa notizia: «Nel distretto giudiziario di Palermo Cosa nostra è ancora fortemente presente – dice il procuratore Maurizio de Lucia – E il fatto che nello scenario nazionale si parli poco di mafia ci inquieta. La presenza oggi del procuratore nazionale antimafia Melillo è per noi motivo di conforto che ci incoraggia a continuare nel nostro lavoro». De Lucia ricorda che "il compito della Dda di Palermo è soprattutto quello di garantire il contrasto all'organizzazione mafiosa Cosa nostra che continua a essere costantemente presente nel nostro territorio. Noi stiamo continuando a fare uno sforzo di disarticolazione dell'organizzazione che non abbiamo mai interrotto. Protagonisti sono le eccezionali forze di polizia che operano nel distretto. E la parola eccezionale non è sprecata. Fanno sempre qualcosa di più rispetto alla normalità. E' costante il nostro contatto con loro, li ringraziamo per il lavoro svolto».

«Cosa nostra è in fase di continua ristrutturazione – il procuratore non usa mezzi termini – Il lavoro imponente che stiamo facendo tende a ridurre un meccanismo criminale che sta in questa terra da 170 anni e che, purtroppo, per un non breve periodo ci sarà per quanto grande sia lo sforzo della magistratura e delle forze di polizia del territorio. Gli strumenti per sconfiggere cosa nostra stanno fuori da questo Palazzo di giustizia».

La relazione del presidente della Corte

Anche Frasca dice no alla separazione delle carriere sostenuta dall’attuale ministro della Giustizia Carlo Nordio: «Nell’attuale sistema – dice – è compito della magistratura requirente selezionare i fatti di reato da sottoporre al vaglio del giudice che attende le sue iniziative, con la conseguenza che l’autonomia e l’indipendenza della magistratura giudicante finisce per essere sostanzialmente dipendente da quella del pubblico ministero che ne è quindi anche garante». Frasca smonta uno dei capisaldi della riforma Nordio: «Credo che sia meramente suggestivo quello del rapporto di colleganza tra giudici e pubblici ministeri che, ad avviso dei sostenitori della riforma, sarebbe incompatibile con la terzietà». E ancora: «Fuorviante è l’ancoraggio della riforma al presunto appiattimento del giudici alle valutazioni dei pm».

Frasca smonta soprattutto uno dei capisaldi dei sostenitori della riforma: «E' quantomeno inopportuno il tentativo di attribuire la riforma della separazione delle carriere a Giovanni Falcone fino al punto di volerla intitolare a lui. E' un'idea davvero singolare sponsorizzata da chi – insiste il presidente della Corte d’appello - anche per ragioni anagrafiche, probabilmente non ha mai conosciuto Giovanni Falcone, ma che con sorprendente disinvoltura pretende di attribuirgli la paternità di una legge facendosi interprete del suo pensiero mediante l'estrapolazione e la decontestualizzazione di alcune frasi di una lezione da lui tenuta a Catania il 12 maggio 1990 dal titolo Ruolo della magistratura e lotta alla mafia».

Dice ancora Matteo Frasca: «La memoria di Giovanni Falcone merita rispetto, non solo in occasione delle commemorazioni, e se davvero si vuole rendergli omaggio senza strumentalizzarne post mortem il suo ineguagliabile valore, basta praticare come regola di condotta il suo incrollabile senso dello Stato per il quale ha rispettato sempre le istituzioni e coloro che le rappresentavano, anche nei momenti di maggiore amarezza: una lezione etica e di stile di cui oggi si avverte particolarmente la necessità».

Ma in gioco non c’è soltanto la giustizia. «La separazione delle carriere – accusa il presidente della Corte d’appello Matteo Frasca – è la punta di un iceberg la cui parte sommersa e forse più preoccupante sta via via emergendo, anche se il suo effetto dirompente non viene colto appieno forse perché di minor impatto mediatico. La riforma della giustizia, infatti, mira a introdurre altre modifiche dell'ordinamento giudiziario che si saldano con la separazione delle carriere e vanno ben oltre, iscrivendosi pienamente in un progetto unitario che vuole ridisegnare l'equilibrio tra i poteri dello Stato». Qual è la vera posta in gioco? Frasca non usa mezzi termini: «In presenza di provvedimenti non graditi al governo si è scatenata una reazione che non è consistita in una critica del merito delle decisioni (…) ma in un vero e proprio attacco alla funzione e alla persona dei giudici firmatari dei provvedimenti, destinatari anche di inaccettabili forme di dossieraggio e di profilazione. Si è pure rinnovata la necessità dell’accelerazione della separazione delle carriere». Un intervento molto applaudito dai magistrati in toga e Costituzione.

La Repubblica Palermo, 25/1/25

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