sabato, gennaio 04, 2025

IL DIBATTITO. Alleati contro la tecnodestra

Achille Occhetto

di ACHILLE OCCHETTO

La politica fa ancora fatica a vedere che siamo di fronte a cambiamenti epocali che nessuno aveva previsto e che si configurano come una inedita “emergenza democratica” che richiederebbe una risposta unitaria di tutta la democrazia militante al pericolo della nostra epoca: il nuovo autoritarismo, che cavalca la fumosa e fumogena suggestione della “democrazia illiberale”. 
Si tratta di una rivoluzione dall’alto che ha cambiato non solo l’economia ma anche la cultura; una rivoluzione che sembra portare dentro di sé la rapidità della decisione e l’affossamento di ogni forma di intermediazione e di controllo. Ciò a cui stiamo assistendo non è mera involuzione conservatrice, ma un aspetto della stessa innovazione rivoluzionaria interna alla tecnologia a guida neoliberista. In sostanza una originale risposta neoliberista alla crisi del vecchio neoliberismo. La “tecnodestra” di Elon Musk è insieme un innesto e un

prodotto del capitalismo, destinato a segnare un pericoloso divorzio tra il capitalismo stesso e la liberal democrazia, come ha sottolineato Ezio Mauro. E lo fa in modo molto più strutturale di quanto, solo in parte, era già accaduto con precedenti esperienze autoritarie, tendendo a cambiare, in modo epocale, l’insieme del sistema politico fondato sullo Stato di diritto, sulla divisione dei poteri e sul primato della politica sull’economia. L’intuizione tutta politica della “democrazia illiberale” sta cercando di trovare le sue basi strutturali in un potere tecnologico transnazionale capace di farsi esso stesso politica su scala planetaria. L’ormai vetusto lamento contro “i lacci e laccioli” ha rotto tutti gli argini capovolgendo il rapporto tra politica ed economia. La simbiosi tra Trump e Musk, la sottomissione della politica alla finanza e all’economia della sorveglianza in una sfacciata incarnazione simbolica dentro un animale a due teste rappresenta in modo plastico la tendenza verso la fine dello Stato di diritto. Gli Stati autoritari dell’Est hanno contrastato i signori degli algoritmi con il potere diretto dello Stato stesso. Era la strada che, in una non troppo curiosa sintonia con Putin, aveva cercato di perseguire Trump, non riuscendoci. Con Musk sono i signori degli algoritmi che hanno risolto il problema capovolgendo la formula: non il potere dello Stato sui padroni della potenza di calcolo, bensì il loro potere dentro lo Stato. Ma non di un solo Stato. L’intervento di Musk dentro le elezioni tedesche a favore dei neonazisti è agghiacciante. Ma ancora più agghiacciante la giustificazione indotta: il fatto di avere interessi economici inquel paese, santificando ed esaltando così il famigerato conflitto di interessi. La sregolatezza al potere! L’eclissi del mondo delle regole si estende anche al tema della pace e della guerra. Dove il tentativo, foriero di future incertezze, di fare, per parafrasare Tacito, un deserto delle istituzioni internazionali e chiamarlo pace, lascia alle grandi potenze l’arbitrio di regolare direttamente tra loro le sorti del mondo in spregio della legalità internazionale e della intermediazione delle istituzioni mondiali, ormai apertamente disprezzate. Un terrificante ritorno al millenario jus ad bellum, fondato sulla diplomazia al servizio della forza e del reciproco ricatto della deterrenza nucleare. Forse non c’è ne stiamo ancora accorgendo: il pianeta rischia di essere dominato da una tecnocrazia che si fa politica di cui l’immenso potere non si fonda sul consenso popolare. Ma che, da un lato, si sovrappone al controllo democratico e, dall’altro, trova la sua fallace legittimità innestandosi dentro nuove forme di “potere populista” sorretto da un popolo che da sovrano si fa suddito. 
Come vorrebbero su scala più mediocre i nostri cosiddetti governanti. Ripetere in modo ossessivo che il fascismo non torna è un modo per non vedere e combattere il nuovo autoritarismo. La libertà in ogni epoca storica ha i suoi nemici da combattere. Le anime pigre sono quelle che non avvertono i rischi del presente. Se le cose stanno così, il compito storico di tutte le forze democratiche dovrebbe essere quello di ridestarsi e di ridestare la coscienza pubblica da quel sonno. Di comprendere che al di là delle alchimie delle sigle dei campi più o meno larghi, dovere del momento sarebbe quello di mettere in campo la più ampia “alleanza democratica”. 
Continuare a negare l’esistenza di una “emergenza democratica” è un espediente per mantenere la politica sul suo arrugginito binario. Ci sono momenti storici in cui rivoluzionari, riformisti e moderati devono trovare il coraggio morale di unirsi. Per difendere la democrazia, emendandola e innovandola nella direzione di una effettiva “democrazia inclusiva” dell’articolato mondo del lavoro, di chi fa impresa con responsabilità sociale, del ceto medio declassato e di tutti i dimenticati dalla globalizzazione neoliberista. Solo una simile passione unitaria può parlare ai disillusi che si astengono. Nel nome di quel “patriottismo costituzionale” di cui ci ha parlato il capo dello Stato e di quella “Liberazione che è un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra”. 

La Repubblica, 4 gennaio 2025

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