martedì, gennaio 07, 2025

DUECENTO ANNI FA MORIVA FERDINANDO I, UNO DEI SOVRANI PIÙ LONGEVI DI SEMPRE, COSTRETTO A RIFUGIARSI NELL’ISOLA


Ferdinando I, il re bambino che sopravvisse alla rivoluzione

di Amelia Crisantino 

Di sicuro, con i 65 anni e tre mesi in cui – non sempre saldamente – rimane sul trono, Ferdinando di Borbone, di cui ricorre il bicentenario della morte, è tra i sovrani più longevi di sempre. È diventato re a soli otto anni perché suo padre Carlo III, che aveva rifondato la monarchia meridionale unendo Napoli e Sicilia separate da secoli, ha lasciato il Meridione per diventare re di Spagna. 


Ferdinando è un terzogenito arrivato al trono per i capricci del caso ma regna dal 12 gennaio 1759 al 4 gennaio 1825: un tempo lunghissimo, in cui dall’essere IV di Napoli e III di Sicilia diventa Ferdinando I delle due Sicilie. Un tempo in cui cambia il mondo allora conosciuto. 
Si comincia con i sovrani per diritto divino e con le riforme che vogliono superare i vecchi impedimenti ancora di stampo feudale. Poi ci sono le rivoluzioni, la ghigliottina, Napoleone e il suo impero, la sconfitta e il Congresso di Vienna, la Restaurazione. Si ricomincia, presto, verso un’altra rivoluzione che avrebbe infine eliminato i Borbone di Napoli. 
La Sicilia è il secondo dei regni di Ferdinando, la sua capitale è Napoli. Lo stesso, l’Isola ha conosciuto il riformismo borbonico in diverse occasioni e proprio negli anni di Ferdinando maturano l’opposizione a Napoli e il mito della Sicilia autonoma: il viceré Caracciolo attira molte ostilità ma non è affatto solo, rappresenta Ferdinando e le sue iniziative sono appoggiate dal fronte riformatore al governo. Però la politica è un gioco di equilibri che d’istinto i baroni siciliani conoscono bene: si appellano al sovrano, come sempre avviene in questi casi fanno notare quanto pesano. E Ferdinando cerca di mantenere l’equilibrio fra il siciliano marchese della Sambuca primo ministro a Napoli, la stakanovista moglie Maria Carolina d’Asburgo, il viceré illuminista e il ministro Acton che lo appoggia. Ma non per niente è diventato re ad appena otto anni, ha imparato a difendersi dalle pressioni e sembra che la caccia sia la sua occupazione principale. 
Se però si osserva la politica di quegli anni, le scelte via via operate, ci si accorge che Ferdinando non è affatto estraneo a tutto il movimento che intorno al trono progetta riforme. Sul sovrano, chiamato il re lazzarone perché prediletto dai lazzari, vale a dire il sottoproletariato senza fissa dimora così numeroso nella Napoli dell’epoca, è cascato lo stereotipo del borbonico ottusamente reazionario e solo di recente qualche storico s’è avventurato a ricostruirne il profilo. È la Rivoluzione francese a portare in Sicilia i sovrani che mai c’erano stati, per due volte Ferdinando e Maria Carolina arrivano a Palermo lasciando Napoli alle truppe francesi che avanzano. Rimangono finché necessario, dal 1799 al 1802 e dal 1806 al 1815. Poco tempo in fondo, ma portano notevoli benefici soprattutto a Palermo. Basti pensare al fervore edilizio necessario alla costruzione dei siti reali, che sul modello napoletano si sviluppano a raggiera intorno alla città: le tenute dei Colli, Arenella, Ciaculli e poi Boccadifalco, Bagheria, Ficarazzi, Misilmeri e Renda sono le più vicine. Ma sono state contate sino a ventidue Reali tenute e fra loro, accanto al più conosciuto Real casino nel bosco della Ficuzza, troviamo il Real casino di Scopello e quello di Partinico. Una palazzina coi suoi terreni limitrofi lungo la direttrice dei Colli veniva acquistata già nel 1799; assieme alla Real casina alla cinese avrebbe formato il più delizioso parco vicino alla città, la Favorita. 
Nel secondo soggiorno palermitano Ferdinando è quasi prigioniero dei troppo potenti alleati inglesi e abbandonato dai baroni siciliani, che si sentono democratici e capiscono bene dove è meglio appoggiarsi. Intanto la guerra ha una forte carica ideologica, gli inglesi non si stancano di denunciare che i figli della Rivoluzione sono i nuovi tiranni: il comandante delle forzeinglesi Lord Bentinck decide che la Sicilia contribuirà alla vittoria con un’arma nuova e potente, una Costituzione. Tanto più che a Napoli ci sono i Francesi e Gioacchino Murat, che prima d’essere collocato sul trono da Napoleone era figlio di un albergatore, dimentica le sue origini e non si rassegna. Non concede alcunché. 
A Palermo Ferdinando viene messo da parte e osserva. Vede che in Sicilia vogliono governarsi da sé, ma i principi di Belmonte e Castelnuovo, i campioni della Costituzione, sono diventati nemici. E una volta finita la guerra la Costituzione diventerà solo un confuso ricordo. 
In Sicilia Ferdinando sembra accentuare la tendenza a trovare rifugio in occupazioni lontane dall’agone politico. Mariny Guttilla inArte e potere. Palermo capitale in età borbonica ha ricostruito come, mentre si prepara la Costituzione, Ferdinando incarica il pittore Giuseppe Velasco di decorare l’antico salone dei Parlamenti con le imprese di Ercole. Quasi una protesta, dove il re assediato orgogliosamente dichiara che ce l’avrebbe fatta. Alla maniera di Ercole. 
La Repubblica Palermo, 7/1/2025

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