di FRANCESCO LA LICATA
Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese, detto "Lucchiseddu", sono dunque indicati - con tanto di imprimatur giudiziario - come due degli esecutori materiali dell’omicidio di Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale Capo dello Stato, assassinato a Palermo il giorno dell’Epifania del 1980.
Sono trascorsi 45 anni ma, alla fine, quello che era sulla bocca di tutti sembra aver ricevuto un qualche riscontro investigativo. Non sembri, questo, un traguardo trascurabile (i due stanno scontando più di un ergastolo per altri delitti) nell’attività che magistrati e inquirenti svolgono da anni nel tentativo di offrire una chiara matrice per un delitto oggettivamente identificabile come "politico" e quindi attribuibile alla mafia, ma anche ad "interessi alti" di gruppi di potere occulti. Sembra perciò, in questo senso, abbastanza stucchevole e fuorviante il dibattito che focalizza tutta l’attenzione sul fatto che Lucchese e Madonia sono mafiosi e quindi il "delitto è solo di matrice mafiosa".
Non è così e la storia di Cosa nostra e di questi due personaggi ne rappresenta la prova più evidente. Cosa nostra e "fasci" hanno attraversato, soprattutto in Sicilia, lunghi periodi di sinergia e di scambio di favori, coinvolti nella loro principale missione che era quella di fermare l’avanzata della sinistra e impedire al PCI l’ingresso nei governi. Attività intrapresa già all’indomani della fine della guerra (subito dopo lo sbarco degli Alleati) con il terrorismo banditesco di Salvatore Giuliano (Portella della Ginestra, 1947), eterodiretto dai servizi di sicurezza, dalla mafia e dagli agrari che difendevano i loro privilegi.
Certo, Nino Madonia non era ancora nato e neppure "Lucchiseddu", ma Cosa nostra c’era già e c’era per esempio Bernardo Brusca (padre di Giovanni il bombarolo di Capaci) che "mediava" tra la banda Giuliano e l’Alto commissariato per la lotta al banditismo. Ma i legami e gli abbracci inconfessabili durano nel tempo e si tramandano grazie alla grande forza ricattatrice che possono esercitare.
Per questo chi ha vissuto in Sicilia gli anni del compromesso e del "quieto vivere" non può stupirsi nell’apprendere degli indizi (nuovi e vecchi) emersi nelle indagini sull’assassinio politico di Piersanti Mattarella. Chi ha superato una certa età ricorda come spesso coincidessero le attività criminali di mafiosi e militanti "neri". Gli Anni settanta "siciliani" meritano di essere, in questo senso, ripensati.
Nino Madonia é il figlio maschio grande di Francesco, detto "Cicciobomba" per la sua "passione" verso gli esplosivi e nei confronti della "polizia senza divisa", i Servizi. Era il 1970 e Cosa nostra aveva da poco aderito al progetto di golpe del comandante Junio Valerio Borghese salvo, poi, ripensarci quando l’ufficiale golpista chiese un elenco dei mafiosi partecipanti. Lì saltò l’accordo che era stato sottoscritto in una riunione in Svizzera cui avevano partecipato i capi di Cosa nostra, tra cui Luciano Liggio, mentore e protettore dei Madonia.
Una promessa infranta, però, non può rinnegare una solida amicizia. Così negli Anni Settanta le strade di mafia e neri spesso si incrociano. Palermo, Trapani e Catania vantano i gruppi criminali egemoni e pure le punte di diamante del terrorismo nero. Due nomi su tutti: Pierluigi Concutelli e Francesco "Ciccio" Mangiameli, che navigano a vista nella galassia neofascista con l’occhio alla lotta armata. E, dunque, può accadere che, mentre forma Ordine Nuovo, Concutelli venga candidato alle elezioni dal Movimento Sociale di Almirante. E Mangiameli rompa col partito d’origine per dirigersi verso quella Terza Posizione che lo porterà a morire, ucciso in una faida tutta interna ai "fasci" di Fioravanti e Cavallini. Verrà ripescato in fondo al lago di Tor de’ Cenci, a Roma, dopo essere stato a Palermo e forse messo al corrente del progetto per eliminare Piersanti Mattarella, politico inviso alla mafia, certo, per le sue prese di posizione che mettevano in crisi il sistema di corruzione tenuto in piedi dai grandi appalti regionali e nazionali, ma odiato anche per la sua politica di apertura verso la sinistra. Ecco perché spesso la sua figura viene accostata a quella di Aldo Moro.
Era, quello, il periodo in cui i fascisti compivano a Palermo attentati molto mirati- famosi quelli ai tralicci dell’Enel e ai negozi di Luisa Spagnoli- e li rivendicavano a nome di formazioni della sinistra. Tenevano campi militari e organizzavano convegni a copertura di esercitazioni belliche (a Menfi, tra Agrigento e Trapani). A Campofelice di Fitalia (Palermo) fu tenuto un seminario sulla "cultura di destra" (lo scrittore francese Pierre Drieu La Rochelle),
"arricchito" da una sana attività militaresca. Ma soprattutto era un periodo in cui "ballava" una quantità impressionante di esplosivi. Ma non la gestivano i "neri", i candelotti erano una specialità di "Cicciobomba". Ne fu prova ciò che accadde la notte dell’ultimo dell’anno 1970, quando cinque cariche esplosive colpirono in contemporanea altrettanti siti istituzionali (assessorati regionali e la sede del Comune di Palermo). Le bombe di Capodanno provocarono panico e clamore, fu chiaro che si "trattava di soldi", nel senso che la mafia chiedeva qualcosa che l’amministrazione pubblica negava. Ovvio che fosse una questione di appalti che aspettavano di essere sbloccati, come auspicava, per esempio, Vito Ciancimino. Poche ore dopo i "botti", l’allora capitano dei carabinieri Giuseppe Russo (che di azzardi si intendeva) si precipitò in via Castelforte a perquisire casa e magazzino di "Cicciobomba" trovando 400 candelotti di dinamite. Come faceva a sapere, Russo? Forse l’ufficiale e "Cicciobomba" si conoscevano da prima?
Questo era il clima: Mangiameli gestiva un club di picchiatori (Il Trocadero), menava gli studenti di sinistra e non veniva mai arrestato mentre Concutelli, tra una riunione e l’altra dentro Ordine Nuovo, si assentava per frequentare la Camea, Loggia massonica imbottita di politici e mafiosi o per esercitarsi nella pineta di Bellolampo con mitragliette clandestine. C’è da meravigliarsi se il terrorista sia riuscito a ottenere, da ergastolano semilibero, il posto di guardiano al cimitero del Verano, prima di morire per una grave malattia?
E meno male che simile considerazione non ha ricevuto Madonia quando ha chiesto un permesso premio, forse approfittando del "buonismo" di cui hanno goduto fior di boss in queste ultime settimane.
(*FONTE: LA STAMPA)
https://www.assostampasicilia.it/notizie/3581-omicidio-mattarella-dopo-45-anni-una-nuova-pista-verso-la-verita-assostampa-lo-ricorda-con-il-messaggio-ai-giornalisti-siciliani.html
L’Ora, edizione straordinaria, 6 gennaio 2025
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