FRANCESCO PALAZZO
Nel 2024, la notizia è di questi giorni, 800 casi di pizzo venuti alla luce, la punta di un iceberg, chissà quanti sono rimasti nel buio, hanno provocato soltanto 11 denunce per quanto riguarda ovviamente le vittime. Una percentuale basssissima, davvero risibile e assai preoccupante.
A conferma di questo aggiungiamo, ed è sempre notizia fresca fresca, il flop del fondo comunale palermitano antiracket. Soltanto due imprenditori hanno presentato domanda e dovranno perciò essere restiuiti milioni di euro. Il terzo aspetto, ossia il racket applicato giornalmente sull'economia siciliana, ci fa registrare in queste ore, mettendo il bollo sui primi due punti, la notizia che a Sferracavallo soltanto un commerciante, peraltro palermitano d'adozione, ha avuto il coraggio di ribellarsi.
Tutto questo a 34 anni, era il 10 gennaio 1991, dalla lettera di Libero Grassi al "Caro estortore...". Che non era caro per nulla e al quale coraggiosamente, drammaticamente, da solo, l'imprenditore palermitano volle opporre la piena libertà di fare impresa da uomo Libero, di nome e di fatto. Trovando la morte per mano mafiosa dopo pochi mesi in una strada del salotto palermitano. Quando diciamo che Cosa nostra è in cattive condizioni, quasi moribonda, perché magari acchiappiamo, e certamente è cosa buona ma non risolutiva, un boss piuttosto che un altro, dovremmo forse pensarci un attimo. E chiederci, onestamente, tutti, se ce la stiamo raccontando giusta sino in fondo. La domanda è la seguente? Come fa ad essere messa male un'organizzazione criminale che, pur con attività investigative ormai rapide e sicure sul fronte del pizzo, riesce, dove non partecipa direttamente all'attività economica inquinandola, a tenere nella paura generalizzata, se i numeri sono, come purtroppo sono, quelli di prima, chi fa impresa e commercio? "Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità", leggemmo sui pali di Palermo all'alba di fine giugno 2004. È stato senz'altro un punto di svolta. Oggi c'è comunque una rete di attività commerciali che si è schierata e c'è un nuovissima app specifica, rilasciata proprio a 34 anni da quel 10 gennaio 2001, Pago chi non paga, che ci consente di orientarci meglio come consumatori. Non siamo più ai tempi di Libero Grassi. Ma non abbiamo fatto tantissimi passi in avanti. Altrimenti sugli ottocento casi di pizzo scoperti nel 2024 ci sarebbero state almeno 400 denunce. E i 10 milioni del fondo comunale antiracket sarebbero stati spesi quasi tutti. E a Sferracavallo, o a Brancaccio, o in Via Libertà, o nei paesi della provincia e in Sicilia molti sarebbero i denuncianti. Ma dall'obolo al parcheggiatore abusivo, che i palermitani pagano senza problemi, al pizzo sul lavoro quotidiano, quella dignità che si voleva mettere, giustamente, in primo piano nel 2004, non è ancora moneta corrente e diffusa. Forse sarebbe il caso di ammetterlo. Non tanto per deprimerci. Ma per scorgere lucidamente la strada che ancora abbiamo davanti. E quali possono e devono essere i tanti passi ancora da percorrere. Affinché qella dignità incollata sui pali di Palermo nel 2004, possa divenire un concreto e normale orizzonte giornaliero. Se non per tutti, almeno per tanti.Palermo, 10 gennaio 2025
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