mercoledì, gennaio 29, 2025

A PROPOSITO DEL FILM DI ANDÓ. NO, NON È STATO UN ABBAGLIO


di ROBERTO TAGLIAVIA

Il film di Andó, l’Abbaglio, ci porta a riconsiderare le origini del nostro Stato unitario attraverso uno sguardo disincantato che diventa sconsolato quando ne considera l’esito finale, gettando un’ombra sul futuro. 

Quest’opera segnala più che il tramonto di quell’idea, l’evanescenza di ogni prospettiva, al di là delle migliori intenzioni dei padri della Patria. 

Andò sembra dirci  che oggi, esaurite tutte le possibili varianti del sogno unitario (regno o repubblica, liberalismo, fascismo o socialismo), anche gli sforzi migliori sono destinati a dissolversi in un inconcludente abbaglio. Considero questo segnale grave perché mostra quanto i disagi profondi e gli umori inconfessabili del nostro popolo stiano contagiando l’ intellighenzia nostrana, quella che dovrebbe ragionare e riflettere sulle nuove strade da battere senza bruciarsi i ponti alle spalle. 

Valuto grave questa rilettura del passato perché certe crepe, nel tempo e in condizioni internazionali imprevedibili, possono produrre effetti disgreganti inarrestabili. 

Pur convinto che i nostri problemi richiedono una cornice europea per essere risolti, considero tuttavia un errore liquidare la storia del processo unitario nazionale come un “abbaglio”. 

Considero l’unità nazionale semmai il primo necessario passo per procedere verso una più ampia unità europea e nessuno dei momenti drammatici della nostra storia mi appare superfluo nella costruzione di una solida e civile convivenza. 

Sicché in questo film il personaggio che mi è più piaciuto è quello di Vincenzo Giordano Orsini, capo dell’ artiglieria dei garibaldini (magnificamente interpretato da Toni Servillo). Potrei dire che mi ritrovo pienamente nel personaggio del generale Orsini così come ce lo ha raccontato Andò. Sono battute essenziali come “mi piacciono i siciliani che parlano poco”, oppure quando, riprendendo il suo attendente irritato dall’irridente sbruffoneria di un mafioso, afferma con calma che “non si deve mai dire che abbiamo agito con violenza” a rendermelo simpatico. Mi è naturale, quindi, apprezzare un uomo che sa muoversi, in circostanze straordinarie, con tanto laico disincanto ma sempre guidato da una fiducia incondizionata verso la libertà e da un irriducibile senso di giustizia e rispetto verso il prossimo. 

Ma è nel dialogo con la madre che emerge il drammatico valore di questa scelta di vita e la mia simpatia si trasforma a quel punto in identificazione piena. Quel rimprovero della madre (“Perché hai voluto andare contro tutto quello che io e tuo padre ti abbiamo insegnato ad amare d che noi stessi abbiamo amato?”) marca uno spartiacque che comprendo e vivo pienamente ancora oggi nel rapporto con i miei contemporanei. Il silenzio siciliano del generale racchiude tutto lo strazio di una rottura dolorosa ma ineludibile, dettata appunto dalla rigorosa scelta di campo rivoluzionaria.

L’identificazione però finisce quando il generale Orsini, rendendosi conto che gli umili eroi per cui aveva combattuto non erano né eroi né umili,  riflettendo sulla sua vita bisbiglia un amareggiato …”che abbaglio!”.

Anche a me, sgomento per la regressione che vedo intorno a tutti i livelli, è capitato a volte di domandarmi se non avessi preso un abbaglio, ma ogni volta, considerando i passi avanti compiuti e gli errori inevitabili, ho sempre concluso che no, non c’è stato nessun abbaglio. 

La direzione presa è stata quella giusta. La strada avrà le sue asperità, le sue sorprese, si potranno incontrare tempi sfavorevoli o compagni di viaggio deludenti, ma il cammino verso comunità rispettose delle vite altrui, la ricerca di soluzioni per i problemi di ciascuno dentro regole condivise, non possono considerarsi un abbaglio ma restano alimento per una vita sociale giusta sicura e pacifica. Questa storia è cominciata grazie ai garibaldini come il generale Orsini, è continuata con la lotta partigiana contro il fascismo, è passata attraverso le battaglie politiche dei partiti che hanno fatto la Costituzione, deve continuare per unire davvero il Paese attorno a un progetto di pace e di giustizia sociale adeguato ai tempi straordinari che stiamo vivendo e contribuire a un comune destino europeo. Servirà il rigoroso impegno dei nuovi Orsini per percorrere questo ulteriore tratto e raggiungere il traguardo,  e la speranza, pur con tutto il necessario realismo, non si deve spegnere mai.

(Facebook, 28 gennaio 2025)

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