lunedì, dicembre 30, 2024

STORIA E FEDE. La translatio delle reliquie di Santa Lucia e il legame con Agata

La professoressa Mariuccia Stelladoro 

Un'analisi sulle profonde connessioni storiche e spirituali che legano Catania e Siracusa. 
La professoressa Mariuccia Stelladoro, esperta in agiografia greco-latina, analizza il profondo significato spirituale e storico del pellegrinaggio delle reliquie di Santa Lucia al duomo Catania, mettendo in risalto il collegamento con Sant'Agata, patrona del capoluogo etneo. Un'occasione per riflettere sull'accostamento tra le due sante e sulle profonde connessioni storiche e spirituali che legano Catania e Siracusa.

di MARIUCCIA STELLADORO
"Assieme alla vergine e martire Agata, morta a Catania 53 anni, Lucia, donna di eccezionale bellezza ed elevata estrazione sociale, costituisce il binomio agiografico più significativo e celebre di quelle eroine che, con il loro martirio, subìto in difesa della verginità e della fede, gloriarono la Sicilia. Eppure, a differenza di Agata, Lucia esemplifica il modello cristiano di chi nega la propria famiglia e dona tutti i propri averi alla chiesa e ai poveri, caratteristico fenomeno poi frequente tra le clarissimae feminae.Secondo la tradizione e la pia devozione popolare, Lucia patì il martirio a Siracusa il 13 dicembre del 304 sotto Diocleziano, cioè lo stesso anno in cui il 12 agosto a Catania era stato giustiziato il giovanissimo martire volontario Euplo/Euplio. Queste agiografie hanno contribuito ad alimentare varie ipotesi riconducibili a due filoni: da un lato, quello dei sostenitori della teoria secondo la quale tutte le festività cristiane sarebbero state istituite in luogo di preesistenti culti pagani e che vorrebbero architettata in tale modo anche la festa di Lucia (come già quella di Agata). Per i non credenti tale discorso può anche essere suggestivo e accattivante, trovando terreno fertile. Da qui a trasformare la persona stessa di Agata, Euplo e Lucia in personaggi immaginifici, mitologici, leggendari e/o non realmente esistiti, inventati dalla Chiesa come calco cristiano di una preesistente divinità pagana, il passo è breve. Dall’altro lato, quello dei credenti, secondo i quali, invece, antichi e accertati sono sia l’esistenza sia il loro culto ed essi rappresentano così una personaggi storicamente esistiti, morti tra efferati supplizi".

Un comune destino di fede e santità

"Il martirio di Lucia incomincia proprio con la visita di Lucia, assieme alla madre Eutichia, al sepolcro di Agata a Catania, dove le due donne si erano recate in pellegrinaggio per impetrare la guarigione dalla malattia della madre: un inarrestabile flusso di sangue dal quale non era riuscita a guarire neppure con le dispendiose cure mediche alle quali si era sottoposta. A Catania, Lucia ed Eutichia partecipano alla celebrazione eucaristica durante la quale ascoltano proprio la lettura evangelica sulla guarigione di un’emorroissa. Lucia, quindi, incita la madre ad avvicinarsi al sepolcro di Agata e a toccarlo con assoluta fede e cieca fiducia nella guarigione miracolosa per intercessione della potente forza dispensatrice della vergine martire. Lucia, a questo punto, è presa da un profondo sonno, che la conduce a una visione onirica nel corso della quale le appare Agata che, mentre la informa dell’avvenuta guarigione della madre, le predice pure il suo futuro martirio, che sarà la gloria di Siracusa così come quello di Agata era stato la gloria di Catania. Al ritorno dal pellegrinaggio, proprio sulla via che le riconduce a Siracusa - continua ancora l'analisi della docente -  Lucia comunica alla madre la sua decisione vocazionale: consacrarsi a Cristo. A tale fine le chiede di poter disporre del proprio patrimonio per devolverlo in beneficenza. Eutichia, però, non vuole concederle i beni paterni ereditati alla morte del marito, avendo avuto cura non solo di conservarli orgogliosamente intatti e integri, ma di accrescerli in modo considerevole. Le risponde, quindi, che li avrebbe ereditati alla sua morte e che solo allora avrebbe potuto disporne a suo piacimento. Tuttavia, proprio durante tale viaggio di ritorno, Lucia riesce, con le sue insistenze, a convincere la madre, la quale finalmente le dà il consenso di devolvere il patrimonio in beneficenza, cosa che la vergine avvia appena arrivata a Siracusa. La notizia dell’alienazione dei beni paterni arriva subito a conoscenza del promesso sposo della vergine, che se ne accerta proprio con Eutichia, alla quale chiede anche i motivi di tale imprevista quanto improvvisa vendita patrimoniale. La donna gli fa credere che la decisione sia legata a un investimento alquanto redditizio, essendo la vergine in procinto di acquistare un vasto possedimento destinato ad assumere un alto valore rispetto a quello attuale al momento dell’acquisto e tale da spingerlo a collaborare alla vendita patrimoniale di Lucia. In seguito il fidanzato di Lucia, for- se esacerbato dai continui rinvii del matrimonio, decide di denunciare al governatore Pascasio la scelta cristiana della promessa sposa, la quale, condotta al suo cospetto, è sottoposta al processo e al conseguente interrogatorio. Durante l’agone della santa e vittoriosa martire di Cristo Lucia, emerge la sua dichiarata e orgogliosa professione di fede nonché il disprezzo della morte, che hanno la caratteristica di essere arricchiti sia di riflessioni dottrinarie sia di particolari sempre più cruenti, man mano che aumentano i supplizi inflitti per esorcizzare la v. e m. dalla possessione dello Spirito santo".


Il forte legame tra Catania e Siracusa

"Nel misterioso calendario latino del Sinai - si legge ancora nell'analisi della professoressa Stelladoro - il dies natalis di Lucia cade l’8 febbraio: esso fu redatto nell’Africa settentrionale e vi è presente un antico documento della liturgia locale nel complesso autonoma sia dalla Chiesa di Costantinopoli sia da quella di Roma, pur rivelando fonti comuni al calendario Geronimiano. Probabilmente la presenza di Agata e di Lucia nel Sinaitico risale a una di tali fonti, forse un calendario liturgico di origine siciliana, la cui utilizzazione nel Sinaitico potrebbe essere considerata come una testimonianza delle relazioni liturgiche dirette tra le Chiese locali di Sicilia e d’Africa. Un insieme di elementi (il viaggio di Eutichia e di Lucia a Catania; il sogno di Lucia; l’insistenza della corrispondenza del culto che Lucia ha con quello già tributato ad Agata) rivela come intento dell’autore sia stato quello di riallacciarsi alla Passio di Agata, conferendo alla martire di Siracusa la stessa importanza della vergine martirizzata a Catania. Infatti, Agata, apparsa in sogno a Lucia che si era assopita in prossimità del suo sepolcro, le profetizza, già all’inizio, sia il suo martirio sia la guarigione della madre, ottenuta poi per gli stessi meriti della figlia Lucia, di cui Agata consacra la castità a Cristo. Nella parte finale Lucia ripete quasi le stesse parole di Agata, rimarcando quanto era stato detto all’inizio, cioè la connessione Agata-Lucia e quindi Catania- Siracusa. Pare anzi che, nella Passio, Lucia dipenda da Agata dal momento che quest’ultima ne garantisce e ne promuove la santità. Sogno, visione, profezia e miracolo sono motivi presenti nella Passio e si riscontrano tanto all’inizio, con la profezia di Agata, apparsa in sogno a Lucia, quanto alla fine, con la profezia di Lucia in punto di morte. All’inizio, infatti, presso la tomba di Agata Lucia, rapita da un profondo sonno, certamente non dorme per un sonno notturno del tutto naturale. Questo cedimento fisico è stato dunque messo in relazione, sia fisiologicamente sia psicologicamente, con stati d’animo di preoccupazione e stanchezza. Pertanto, il motivo onirico è legato allo stato inconscio del sonno ed è quindi da escludere che si possa parlare di una visione, legata alla veglia. Il motivo onirico e parapsicologico della visione e della profezia è legato a un cambiamento avvenuto dal testo più antico (sec. V) della Passio greca della martire a quello più recente (sec. IX), proprio relativo a questo punto cardine della religiosità tardoantica e altomedievale, ma che non riguarda solo questo aspetto della mentalità religiosa, essendo pure collegato a una diversa delineazione della figura di Lucia e per conseguenza a una differente concezione della santità. In che cosa consiste questo mutamento? Nel martirio più antico, quello del sec. V, Lucia, dopo avere pregato, in preda a un sonno profondo, vede in sogno Agata. Invece, nella Passio bizantina Lucia non vede Agata, ma crede di vederla. Tale sostituzione non è affatto casuale ma del tutto intenzionale, dal momento che ribadisce la netta contrapposizione di due piani: ciò che è e ciò che sembra essere, e pertanto tra realtà da un lato e sogno e/o visione dall’altro. In seguito, Agata informa Lucia dell’avvenuta guarigione della madre e le comunica, altresì, che Lucia sarà protettrice della città di Siracusa, aggiungendo e precisando – nella Passio bizantina – che si tratta di una sua profezia. Nella Passio greca del sec. V, l’apparizione di Agata a Lucia è improntata altresì sulla risposta di Agata alle preghiere di Lucia per la guarigione della madre. Tale risposta è importante perché vede annullarsi l’opposizione dei ruoli fedele-santo, sottesa all’invocazione devota di Lucia. Infatti, la struttura della risposta è incentrata proprio sul polarismo linguistico chiedere/ottenere (= Lucia/Agata), conferendo a Lucia una posizione privilegiata rispetto a quella della stessa Agata, per la quale, infatti, la preghiera di Lucia è superflua, perché Lucia non ha proprio nulla da chiedere dal momento che le è già stato conferito un potere taumaturgico potenziale del quale lei stessa non ha ancora consapevolezza alcuna. Da qui la risposta di Agata a Lucia: ciò che chiede sia per sé che per gli altri lo può ottenere da sé stessa e quindi è inutile chiederlo. Quale dunque la funzione di tale risposta? Indubbiamente quella di rendere Lucia consapevole proprio dei poteri che Dio le ha conferito già in vita. Nella Passio greca bizantina tale risposta subisce una profonda evoluzione, arricchendosi di nuove valenze cultuali e culturali, dato che in questo testo non solo Lucia ma neppure Agata sembrano in grado di compiere miracoli di guarigione; qui sono ridimensionati (o svuotati?) proprio quei poteri taumaturgici che la Passio greca del sec. V aveva, invece, attribuito non solo ad Agata ma anche a Lucia e per contro si ribadisce, proprio in conformità con la fede ortodossa, che il potere miracolistico compete a Cristo e solo a lui, come sembra comprovare an- che la sostituzione della profezia finale con la professione di fede. Quindi, nel tardo testo greco bizantino, attribuito a un concittadino della martire siracusana, i momenti di religiosa emozionalità sono più sfumati ed equilibrati in nome di una fede ortodossa che pertanto contribuisce a cambiare il rapporto Agata-Lucia, che nel testo più antico del sec. V era paritetico. Ma di fatto è ridimensionata solo la posizione di Lucia, mentre Agata riveste ancora un ruolo di intermediazione divina. L’agiografo siracusano dichiara apertamente di voler narrare il martirio di Lucia perché lo reputa utile ad incrementare lo zelo cristiano nei suoi concittadini, essendo la v. e m. loro conterranea. Quindi, il testo bizantino, con la guarigione di Eutichia, attribuisce ad Agata e solo ad Agata il ruolo di intermediaria taumaturgica di spicco, scevro da municipali interessi ecclesiastici proprio in quanto l’anonimo agiografo del testo bizantino era egli stesso un cittadino di Siracusa. L’altra profezia si riscontra alla fine del testo greco del sec. V ed è quella pronunziata da Lucia poco prima di essere martirizzata e di esalare l’ultimo respiro, cioè quando predi- ce sia la futura pacificazione religiosa dell’Impero Romano, sia la morte di Diocleziano e di Massimiano, sia infine il cul- to che Siracusa le tributerà come martire e come patrona. Quest’ultima profezia, in realtà, le era stata preannunziata dalla stessa Agata all’inizio del martirio, ma Lucia la riporta avocandola a sé stessa. Tale profetizzazione manca nel testo greco bizantino, essendovi invece la professione di fede ortodossa, dimostrando tale omissione che l’agiografo aveva rivolto il suo interesse a un’altra problematica: il credo di Lucia, che è in linea con l’ortodossia, ribadendo la fede trinitaria e la consustanzialità dello Spirito santo".


Un appunto sulla traslazione delle reliquie di Santa Lucia

"Leone Marsicano -prosegue ancora Mariuccia Stelladoro - racconta che nel 1038 il corpo di Lucia, vergine e martire, fu trafugato da Giorgio Maniace e traslato a Costantinopoli in una teca d’argento. Andrea Dandolo, esponendo la conquista di Costantinopoli del 1204 da parte dei Crociati, tra i quali militava anche Enrico Dandolo, un suo illustre antenato e doge di Venezia, informa che i corpi di Lucia e Agata erano stati traslati dalla Sicilia a Costantinopoli, ma che quello di Lucia fu poi nuovamente traslato da Costantinopoli a Venezia, dove pare che di fatto giunse il 18 gennaio 1205. Quindi, la traslazione delle reliquie di Lucia a Venezia da Costantinopoli sembra legata agli eventi della Quarta Crociata (quella riconducibile al periodo che va dal 1202 al 1204), quando i cavalieri dell’Occidente latino, piuttosto che liberare la Terrasanta, spogliarono la metropoli dell’Oriente cristiano. Infatti, nel 1204, in seguito alla profanazione e al saccheggio dei crociati nelle basiliche di Bisanzio, neanche la chiesa in cui riposava il corpo di Lucia fu risparmiata da questa oltraggiosa strage, tanto che furono pure rimosse le sue spoglie e contese le sue reliquie, molto venera- te nell’Oriente ortodosso. Pare che, proprio in tale occasione Venezia, che aveva condotto la Quarta Crociata presso il Santo Sepolcro, si impadronì delle reliquie di Lucia, che giunsero, come si diceva, sulla laguna – nella chiesa di S. Giorgio Maggiore – il 18 gennaio 1205 e cioè ancora prima della costruzione della basilica del Palladio e dell’attuale Pa- lazzo Ducale. Il corpo di Lucia fu riposto nel monastero benedettino, dove aveva soggiornato il monaco Gerardo (o Sagredo?). Sembra che il tragico evento del 13 dicembre del 1279 (cioè una bufera scatenatasi all’improvviso, che pro- vocò molte vittime) sia stato la causa di una nuova traslazione del corpo di Lucia dalla chiesa di S. Giorgio Maggiore a Venezia (eccetto, pare, un pollice – non un braccio, come vuole la communis opinio – che sarebbe rimasto in S. Giorgio). Dopo tale tragedia, infatti, le autorità decisero di traslare il corpo di Lucia in città, ponendolo in una chiesa parrocchiale a lei intitolata e ciò allo scopo di agevolare il pellegrinaggio a piedi alle sue sacre spoglie in terraferma senza dovere ricorrere ad imbarcazioni. Quindi, nel mese seguente alla sciagura e precisamente il 18 gennaio del 1280 (lo stesso giorno della memoria dell’arrivo delle sacre spoglie di Lucia da Costantinopoli), il suo corpo fu traslato nella chiesa dedicatale, che si trovava nello stesso luogo in cui era ubicata la stazione ferroviaria che, ancora oggi, ne conserva la memo- ria nel nome e precisamente sulle fondamenta prospicienti il Canal Grande e cioè all’inizio del sestiere di Cannareggio. Tale chiesa fu poi riedificata nel 1313 e fu assegnata dal papa Eugenio IV nel 1444 in commenda alle suore domenicane che avevano aperto il loro convento intitolato al Corpus Do- mini, un cinquantennio prima, sempre a Cannareggio. Nel 1476, dopo circa un trentennio di contese, si raggiunse un accordo tra le monache domenicane del convento del Corpus Domini e quelle agostiniane del monastero dell’Annunziata proprio per il possesso del corpo di Lucia: papa Sisto IV nel 1478 stabilì, con un solenne diploma, che il corpo della santa rimanesse nella chiesa a lei intestata sotto la giurisdizione delle agostiniane del monastero dell’Annunziata (che da allora prese il nome di monastero di S. Lucia), le quali ogni anno avrebbero offerto la somma di 50 ducati alle monache domenicane del convento del Corpus Domini. Nel 1579, passando per il Dominio veneto l’imperatrice Maria d’Austria, il Senato volle farle omaggio di una reliquia di santa Lucia; per- tanto, con l’assistenza del patriarca Giovanni Trevisan, fu asportata una piccola porzione di carne dal lato sinistro del corpo della v. e m. Il 28 luglio del 1806 per decreto vicereale il monastero di Santa Lucia fu soppresso e le monache agostiniane furono costrette a trasferirsi al di là del Canal Gran- de e precisamente nel monastero di S. Andrea della Girada, dove portarono pure il corpo di Lucia. Nel 1807 il governo vicereale concesse alle agostiniane di S. Lucia di far ritorno nel loro antico convento, che, tuttavia, trovarono occupato dalle agostiniane di Santa Maria Maddalena, le quali si fusero con quelle di S. Lucia, assumendone anche il titolo. Nel 1810 Napoleone Bonaparte decretò la chiusura di tutti i monasteri e conventi, compreso quello di S. Lucia, le cui monache furo- no pure obbligate a deporre l’abito monastico e a rientrare nella propria famiglia di appartenenza. Il corpo di Lucia rimase nella sua chiesa, che fu così inserita nella circoscrizione della parrocchia di S. Geremia. Nel 1813 il convento di S. Lucia fu donato dall’imperatore d’Austria alla b. Maddalena di Canossa, che vi abitò fino al 1846, quando iniziarono i la- vori per la stazione ferroviaria e per la demolizione del con- vento. Fra il 1844 e il 1860 il governo austriaco realizzò la costruzione del ponte ferroviario, che doveva giungere fino alle fondamenta di Cannareggio e cioè proprio là dove da secoli allogavano i monasteri delle domenicane del Corpus Domini e delle agostiniane di Santa Lucia, poi abbattuti. Il corpo di Lucia l’11 luglio 1860 subì, quindi, una nuova traslazione nella parrocchia di S. Geremia, per volere del patriarca Angelo Ramazzotti: le sacre spoglie rimasero sette giorni sull’altare maggiore, poi fu posto su un altare laterale in attesa di costruire la nuova cappella, che tre anni dopo, l’11 luglio 1863, fu inauguata: essa era stata costruita con il materiale del presbiterio della demolita chiesa di S. Lucia su gusti palladiani. Per la generosità di mons. Sambo, parroco di quella chiesa (che nel frattempo assunse la denominazione SS. Geremia e Lucia), su disegno dell’arch. Gaetano Rossi fu allestito un altare più degno in broccatello di Verona con fregi di bronzo dorato. Quindi, dal 1860 Pio IX l’avrebbe fatto trasferire nella chiesa dei Santi Geremia e Lucia, dove si ve- nera a tutt’oggi. Qui, la cappella del corpo di santa Lucia è assai bella e artistica, proprio come tutte le chiese di Venezia, adorna di marmi e di bronzi, ed è sempre stata oggetto di particolari cure ed elevata devozione di fedeli, che sono sempre più numerosi. Il sacro corpo, elevato sopra l’altare, è con- servato in una elegante urna di marmi preziosi, superbamente abbellita da pregiate decorazioni e sormontata dalla stupenda statua della v. e m. Sulla parete di sfondo si leggono due iscrizioni, che raccontano le vicende della traslazione e delle principali solenni festività. Il 15 giugno del 1930 il pa- triarca Pietro La Fontaine collocava il corpo incorrotto di Lucia nella nuova urna in marmo giallo ambrato. Nel 1955 il patriarca Angelo Roncalli – divenuto poi papa con il nome di Giovanni XXIII –, volendo che fosse conferita più importanza alle sacre reliquie di Lucia, suggerì che le sacre spoglie fossero ricoperte di una maschera d’argento, curata dal par- roco Aldo Da Villa. Nel 1968, per iniziativa del parroco Aldo Fiorin, fu portato a compimento un completo restauro della cappella e dell’urna della v. e m. Ancor oggi le sacre reliquie riposano nel tempio di Venezia e nella bianca curva absidale si legge un inciso propiziatorio: Vergine di Siracusa martire di Cristo in questo tempio riposa, all’Italia al mondo implori luce e pace. Ma il 4 aprile 1867 le spoglie di Lucia furono disgraziatamente profanate dai ladri (subito arrestati), che furtivamente si erano introdotti nella chiesa di S. Gere- mia per impadronirsi degli ornamenti votivi. Da allora seguirono altre profanazioni e spoliazioni: nel 1949, quando alla martire fu sottratta la corona (anche in questo caso il ladro fu arrestato) e nel 1969, quando due ladri infransero il cristallo dell’urna. Nel 1975 papa Giovanni Paolo I concesse che il corpo della martire fosse portato ed esposto alla venerazione dei fedeli nella diocesi di Pesaro per una settimana. Il 7 novembre 1981 due aggressori spezzarono l’urna della martire estraendovi il corpo e lasciandovi il capo e la maschera argentea. Anche questa volta il corpo fu recuperato proprio il 12 dicembre del 1981, giorno della vigilia della commemorazione della santa. Esiste una variante sulla traslazione del corpo di Lucia a Venezia, documentata da un codice del Seicento, o Cronaca Veniera, conservato nella Biblioteca Marciana di Venezia (It. VII, 10 = 8607, f. 15 v.): esso sarebbe stato portato a Venezia, assieme a quello di sant’Agata, nel 1026, sotto il dogado di Pietro Centranico. Non conosciamo l’origine della notizia - conclude la docente - né sappiamo se derivi da una fonte anteriore. È diffuso, invece, il fondato sospetto di un errore meccanico dell’amanuense, che avrebbe letto 1026 invece di 1206, cioè gli anni dell’effettiva translatio. E nella Cronaca Veniera lo si accettò, legando il fatto al doge dell’epoca. Ma la presenza del corpo di Lucia a Venezia sin dal 1026 è una notizia che va accolta con prudenza? È anche vero che tra il 1167 e il 1182 a Venezia esisteva già una chiesa dedicata alla martire, come attestato da documenti locali".

CataniaToday, 29 dicembre 2024

https://www.cataniatoday.it/attualita/santa-lucia-sant-agata-traslatio-reliquie.html


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