giovedì, dicembre 26, 2024

L’INTERVISTA. Pif: “Sono tristone e bigotto, ma Ornella Vanoni mi ha detto che c’è tempo per poter cambiare”


ROMA — A Palermo Pif racconta il Natale a tavola con Salvo Ficarra –nonno maestro della cassata — e Valentino Picone, che lo sfottono. A Napoli Francesco Piccolo gli spiega i segreti degli spaghetti a vongole e dell’insalata di rinforzo: non la mangia nessuno, ma va servita. A Modena lo chef Massimo Bottura lo incanta con i manicaretti preparati con gli scarti delle verdure e il soufflè fatto col panettone avanzato. 

Tappa a Milano con Ornella Vanoni, fan del panettone col cappuccino. Mentre Luciana Littizzetto, a Torino, gli offre gli agnolotti del plin. «Colpisce come noi italiani ci accaniamo con le tradizioni» dice Pif «La cucina è tutto, il professor Alberto Grandi, che scatena polemiche, ci aiuta a capire meglio». Torna su Rai 3 con Caro Marziano il 27 dicembre in prima serata, con lo speciale natalizio. A gennaio, dal 20 al 24, andranno le puntate sulla Shoah: l’ultima, il 27, è nel Giorno della Memoria. 

Confessa che il Natale gli mette un po’ di malinconia, ma con la figlia Emilia, di 4 anni, è tutta un’altra cosa «perché si torna bambini e si vive la magia». Con la scusa di spiegare il mondo a un marziano, in fondo un po’ lo è anche lui, si è inventato un modo di fare televisione. 
Il suo principio? 
«Per essere originali bisogna spostare il punto di vista. La mia regola è: se non aggiungi niente alla discussione, stai zitto. Sono amico dei social, li uso per i film come un cartellone sulla Provinciale. Di rado commento quello che succede, non sono il posto giusto per il confronto». 
Rapporto col cibo? 
«Un dramma. Più cresco, più l’ossessione per il cibo aumenta. Mi aspetta un pranzo con gli amici, e il montatore si porta una schiscetta con la pasta al ragù fatta dalla mamma. Me la offre, dentro di me penso: no, grazie. Invece la mangio e poi vado pure a pranzo, diventerò come Aldo Fabrizi». 
Cosa l’ha colpita deltour culinario? 
«Mi fa sorridere che ognuno ha la sua verità. Io sono abituato a mangiare, meno a cucinare. Siamo faziosi nel rapporto con il cibo, mettiamo la nostra identità nazionale in un piatto. Poi c’è Bottura, artista che predica il riciclo, l’uso degli scarti». 
Riflette sul consumo della carne? 
«Sto più attento con gli insaccati. Confidavo nella riproduzione della carne perché il futuro sarà quello». 
A gennaio racconta la Shoah. 
«Non avevo mai avuto il coraggio di andare a Auschwitz. All’inizio i tedeschi facevano le foto a ogni singolo deportato — c’è un corridoio, è impressionante — e su ognuna di queste foto c’è il nome e il cognome. Ti guardano in faccia. Mi sono dovuto fermare, piangevo. Non puoi più scappare, ti senti addosso tutta la responsabilità, non è una storia chiusa e dipende da te. Come per la mafia, quando devi spiegare a un ragazzo che la strage di Capaci non è un capitolo chiuso. Ho incontrato Sami Modiano, Tatiana Bucci. Ho intervistato lo scrittore Oleg Mandi?, è stato l’ultimo bambino a lasciare Auschwitz con la nonna e la madre. Dopo di loro, chiusero il cancello». 
Tornare su Rai 3 che effetto le fa? 
«Sono un nostalgico romantico cresciuto con Rai3. La guardavo da ragazzo, è la rete di Angelo Guglielmi, Bruno Voglino, Andrea Barbato. Sono l’incubo di Piero Chiambretti, per me Il portalettere è stata una rivoluzione, ha distrutto il sistema classico delle interviste». 
La rete aveva un’identità forte e un pubblico fedele, oggi è disintegrata. 
«A Rai3 puoi raccontare cose alte e basse, col pubblico c’è un rapporto intimo, va protetta. Parlo da spettatore. Se fai programmi senza personalità, che vanno dall’altra parte, stai gettando un tesoro. Al di là delle mie idee politiche, non capisco il senso e infatti quando un pezzo di Rai3 si sposta, il pubblico lo segue, è più forte di tutto, guardi cosa è successo con Che tempo che fa». 
Ha detto: “Sono cresciuto nell’ingiustizia più sfacciata,quella della mafia”. Cosa si può fare? 
«Cominciare a pensare quanto si sia responsabili. Io, non mafioso, quanto sono responsabile della presenza della mafia? Esiste una questione morale: se sono sindaco e ogni sera ceno a casa di un mafioso — anche se indagano e dal punto di vista penale non c’è reato — è accettabile?». 
Ironico con un fondo di malinconia anche da ragazzo? 
«Sempre stato un tristone, la mia playlist era la colonna sonora di C’era una volta in America . Discuto il finale dei film col produttore, perché finiscono sempre male. Nemico dell’happy end. Ma sempre curioso, fin da piccolo. Oggi tendo a fissare le persone famose, sembro un maniaco. Mi è successo con Michelle Hunziker». 
Più di venti anni fa a “Le iene” prendeva in giro i politici, era sfacciato. Cos’è cambiato? 
«Provavo imbarazzo anche allora, ho fatto cose che non riuscirei più a fare. Ero comico. Puntavo il dito ma non ero la iena che inseguiva, non è nel mio carattere. Per me la televisione deve parlare del peccato, non del peccatore. Non deve fare giustizia». 
Si è definito bigotto e moralista: mai uno strappo? 
«Se non fossi stato così rigido mi sarei divertito di più. Mai perso il controllo del mio corpo. Non è che volessi fare la vita di Jim Morrison, ma una follia, chissà. Però dopo aver conosciuto Ornella Vanoni ho capito che ho tempo». 


La Repubblica, 24 dicembre 2024

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