«Si trovano li le radici della nostra cultura», dice lo scrittore, ricordando come abbia influenzato anche il linguaggio. Alla Sicilia rivolge un pieno elogio: «Non esiste al mondo un posto più bello»
Salvo Fallica
«Nessuna storia senza un’idea e nessuna idea senza una storia», è questa la filosofia del «racconto» giornalistico e storico di Aldo Cazzullo. I suoi libri svettano nelle classifiche dei testi più venduti, i suoi articoli sul cartaceo e sull’online del Corsera creano dibattiti, con «Una giornata particolare» su La7 porta la cultura in prima serata con audience rilevante. Nel dialogo con il Giornale di Sicilia, l’editorialista, inviato speciale del Corriere della Sera e scrittore, parte dal suo nuovo libro, Il Dio dei nostri padri, pubblicato da HarperCollins, e spazia anche su alcuni argomenti di carattere internazionale. Delinea le luci e le contraddizioni della Sicilia.
Qual è la genesi del suo libro sulla Bibbia?
«La genesi da una parte è la morte di mio padre e dall’altra è il lavoro di ricerca dell’identità italiana. La morte di mio padre perché - come racconto nel libro - ho ricominciato a leggere la Bibbia al capezzale di mio padre, cercando di ritrovare la fede che lui aveva, che avevano i miei nonni, nella speranza dell’aldilà. L’identità italiana è alle origini della mia ricerca storico-culturale, ho scritto libri sul Risorgimento, sull’Unità d’Italia, sulla Prima Guerra Mondiale, sul Fascismo, sulla Resistenza, sulla ricostruzione. Poi sono andato all’indietro con il testo su Dante, padre non solo della lingua ma dell’idea d’Italia. Con il libro Quando eravamo i padroni del mondo ho messo al centro del racconto Roma. Tutto comincia da lì: il concetto di Repubblica, la cosa pubblica, l’idea che lo Stato sia di tutti, noi ce lo siamo un po’ dimenticati. E poi la Bibbia da cui tutti discendiamo, lì ci sono le nostre radici, le radici della nostra civiltà, la cultura giudaico-cristiana».
E la centralità delle storie...
«Ci sono tante storie nella Bibbia che magari abbiamo dimenticato che ti risuonano dentro, perché le abbiamo ascoltate da ragazzi e le vediamo affrescate, dipinte, scolpite nelle chiese, musei. La creazione di Adamo ed Eva, Caino e Abele, Davide e Golia, Mosè, Giuseppe, sono storie che fanno parte della nostra cultura, che ci appartengono, che ci riguardano».
Quanto il linguaggio universale della Bibbia è ancora attuale?
«La Bibbia è più che attuale, è eterna. Tutti quanti noi siamo stati Caino quando abbiamo odiato o invidiato qualcuno. Tutti quanti noi siamo stati Davide quando abbiamo affrontato una sfida impossibile e l’abbiamo vinta. Pensi quante espressioni della Bibbia usiamo ancora adesso, per dire un tempo infinito diciamo tempo biblico, per dire “cedere qualcosa in cambio di poco” si dice “per un piatto di lenticchie”, “un momento di difficoltà” è “l’attraversata del deserto”. E quando Dio manda dei segni di pace all’uomo dopo il “diluvio”, a Noè invia una colomba con un ramoscello di ulivo nel becco e fa apparire nel cielo l’arcobaleno. E quali sono oggi i segni di pace a distanza di millenni? La colomba, il ramoscello d’ulivo e l’arcobaleno».
La trasmissione «Una giornata particolare» è un successo. Quali sono le ragioni di questa affermazione in prima serata?
«Non è facile fare una trasmissione di storia, non è facile fare una trasmissione culturale. Si deve avere credibilità, si deve lavorare tanto. Io ho avuto la fortuna di avere una bellissima squadra. L’idea di fare una trasmissione di storia è di Urbano Cairo. L’idea di coniugare le due giornate particolari è di Andrea Salerno, direttore di La7. La società che produce il programma è “Stand by me”, c’è un regista fuoriclasse che è siciliano e si chiama Claudio Pisano. E poi c’è una squadra di autori molto bravi, giovani, con cui lavoro benissimo. E c’è la mia faccia, la mia storia di 35 anni di lavoro nei giornali, trenta libri scritti, migliaia di persone incontrate, ascoltate, intervistate. Non sono cose che s’improvvisano. Lo dico con molta umiltà, non mi riconosco come divulgatore, c’è la parola “vulgo” che non mi piace. C’è questa idea del dotto che spiega al popolo, io non sono dotto e non spiego niente. Io racconto, sono un narratore, lo faccio nei libri, lo faccio in televisione. E lo faccio anche sul giornale. La mia idea, il principio base è “nessuna storia senza un’idea e nessuna idea senza una storia”».
Ha seguito le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Qual è il suo giudizio su Trump? E cosa può accadere nello scenario ucraino?
«Mi aspettavo la vittoria di Trump, ho seguito i suoi comizi e la sua campagna elettorale. Una parte di me si rifiutava di credere che veramente l’America votasse questo signore che ripete sempre le stesse cose, come un disco rotto, che parla sempre di sé. Eppure è successo, dobbiamo accettarlo. Per l’Ucraina speriamo che faccia bene. Lui diceva: “La guerra finirà in 24 ore”. L’unico modo per far finire la guerra in 24 ore è smettere di aiutare l’Ucraina, così Putin arriva a Kiev. Putin non si accontenterà di tenersi quello che si è già conquistato. Putin ha attaccato l’Ucraina per avere un cambio di regime, per mettere un suo fantoccio al posto di Zelensky. Se noi glielo consentiamo non si capisce perché Putin si dovrebbe fermare. Putin è un personaggio orrendo, ha provocato la morte di tutti i suoi principali oppositori, ha fatto una guerra di sterminio in Cecenia. L’idea che vinca la guerra in Ucraina mi angoscia profondamente. Nello stesso tempo un compromesso andrà trovato. Si è visto che l’Ucraina non riesce a battere la Russia. Se Biden puntava sulla caduta di Putin ha sbagliato».
Lei è un conoscitore della Sicilia. Può delinearne luci e ombre?
«Io amo profondamente la Sicilia, ci vengo tutti gli anni per lavoro e per vacanza. L’ho anche scritto, non esiste al mondo un posto più bello della Sicilia, un’isola al centro del Mediterraneo con mosaici bizantini che neanche a Bisanzio, templi greci che neanche in Grecia, la più bella villa romana si trova a Piazza Armerina, mari caldi da Pasqua a Natale, il vulcano più grande d’Europa, le isole Eolie dove vado tutti gli anni che sono di commovente bellezza. La classe politica siciliana è arrivata vicino a far fallire tutto questo, non ci è riuscita grazie al lavoro dei siciliani. La Sicilia merita di più, penso che dovrebbe essere il giardino d’Europa. Diceva Borsellino “diventerà bellissima”. In realtà la Sicilia è già bellissima però bisogna creare più opportunità per i giovani, turismo di qualità, ricerca, cultura. Io sono favorevole al Ponte sullo Stretto, da trent’anni sento dire prima del ponte bisogna fare le ferrovie, le autostrade, bisogna migliorare il sistema di trasporti siciliano. Questo è vero ma una cosa non esclude l’altra. Io penso che il ponte aiuterà a migliorare il sistema dei trasporti siciliani». (*SAFAL*)
GdS, 21 dicembre 2025
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