Il ministro Giancarlo Giorgetti |
Stefano Iannaccone
Stanziati 6 milioni per Napoli, oltre 4 alla Valle d’Aosta e uno a Brescia. Meloni chiude la finanziaria, mentre Salvini insiste sul Viminale. Dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, dalla provincia di Trento alla Calabria, nella manovra non esistono limiti geografici. Una mancetta è ovunque. Il testo definitivo della Legge di Bilancio, approvato ieri al Senato con l’ennesimo voto di fiducia, è una carrellata di pensierini natalizi rivolti a enti vicini al governo o a territori molto cari ai parlamentari della maggioranza.
Certo, ci sono le misure più note, come il bonus bebè (mille euro per ogni nato nel 2025) e quello per gli elettrodomestici, il taglio al cuneo fiscale reso strutturale, l’introduzione (con vari paletti) dell’Ires premiale e il bonus ristrutturazioni al 50 per cento per le prime case. Ma dietro si scorge il resto. Per Giorgia Meloni la manovra è comunque «un passo in avanti», mentre per la leader del Pd, Elly Schlein, «è senza respiro» perché «scarica tutti i sacrifici sulle spalle di chi fa più fatica». Agli atti resta un provvedimento Frankenstein, che ha creato un ulteriore effetto collaterale: la crescita dei malumori nella stessa maggioranza. Peraltro, appena chiuso un capitolo se n’è aperto un altro.
Il leader della Lega, Matteo Salvini, continua ad accarezzare il sogno-Viminale.
«Il ministro dell’Interno l’ho fatto e, penso, discretamente. L’assoluzione
toglie le scuse, soprattutto alla sinistra che diceva “Salvini non può
occuparsi di immigrazione perché sotto processo”. Adesso c’è Piantedosi e ha
tutta la mia stima. Ne parleremo con Meloni», ha rilanciato, nonostante poche
ore prima il sottosegretario, Giovanbattista Fazzolari, avesse chiuso all’eventualità:
«Il rimpasto non è e non sarà sul tavolo». Né ora né mai.
Più mance per tutti
Ma se queste sono voci e ambizioni, la manovra consegna
mancette reali per tutti i gusti. Cozzando con gli auspici di austerità del
ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che aveva parlato di una legge di
Bilancio a favore di operai e pescatori.
A Napoli arrivano 6 milioni di euro, attraverso il ministero
degli Esteri, per celebrare i 2.500 anni dalla fondazione della città, mentre a
Brescia viene destinato un milione di euro per il 2025 e un altro milione
totale per il biennio successivo per non meglio specificati «interventi
infrastrutturali» (su richiesta del deputato di Azione, Fabrizio Benzoni, con
l’avallo della destra).
Non sono gli unici soldi ricavati tra le pieghe delle casse
statali. C’è infatti la norma che fa felici i parlamentari valdostani con lo
stanziamento di 4 milioni e mezzo di euro, spalmati sul prossimo triennio, per
la «valorizzazione degli ambiti montani» in Valle d’Aosta. Un apposito fondo da
750mila euro (tra il 2025 e il 2026) è stato, poi, previsto per garantire un
po’ di risorse alla provincia autonoma di Trento. Potranno essere spese su vari
capitoli, dalla sicurezza al patrimonio artistico.
Calabria e Sicilia brindano a ripetizione. A Reggio Calabria
arrivano 4 milioni di euro in totale per il progetto Campus universitario del
Mediterraneo, altri 3,8 milioni sono a disposizioni per alcuni lavori da
svolgere nella Vallata del Gallico, nella provincia reggina, più un paio di
milioni da distribuire per interventi minori tra Calabria e Sicilia. Alla
regione isolana, guidata da Renato Schifani, è garantita poi una facoltà di
assunzione semplificata negli enti.
Ma non ci sono solo gli enti locali a ricevere leggi e
denari. L’Agenzia della Dogane ha beneficiato di una norma ad hoc, predisposta
da Fratelli d’Italia, per l’assunzione di altre 105 unità con procedure
concorsuali anche in deroga. L’obiettivo è nobile: il «rafforzamento
dell’azione di contrasto alle frodi in settori di rilevante interesse
strategico nazionale». Può gioire il direttore dell’Agenzia, Roberto Alesse,
che a palazzo Chigi può vantare buoni uffici, da ex socio di Gaetano Caputi,
capo di gabinetto di Meloni.
Altri 6 milioni di euro, invece, sono stati elargiti per il
Crea, ente di ricerca agroalimentare, presieduto da Andrea Rocchi, considerato
molto vicino al ministro della Salute, Orazio Schillaci. Un pensiero è andato
anche ad alcuni commissari straordinari, figura che sarà istituita per il
rilancio dei territori di Brindisi e Civitavecchia, prima interessati dalla
presenza di una centrale nucleare.
Il commissario riceverà 80mila euro all’anno. Altri 70mila
euro sono messi a disposizione per la remunerazione del commissario nazionale
brucellosi, Nicola D’Alterio, mentre il commissario per la realizzazione
dell’intervento Livorno- Caserma Tuscania, Massimo Sessa, avrà un plafond da
250mila euro per ricorrere a esperti e consulenti.
Per non farsi mancare niente ci sono altre risorse che
fioccano, un po’ la diga di Campolattaro (Benevento), altri per il Gran tour
della Magna Grecia, corsa ciclista nuova di zecca ideata per il Mezzogiorno,
altri ancora (10 milioni di euro) sono già messi in conto per i Giochi
giovanili invernali Dolomiti Valtellina del 2028.
Parlamento senza voce
Il bazar della manovra, quindi, ha ufficialmente chiuso i
battenti con l’ultima coda polemica regalata dal leader di Italia viva, Matteo Renzi, durante il suo intervento in aula: «La norma
ad personam contro di me è illiberale», ha detto rivolgendosi – tra gli altri –
a Giorgetti.
Ed è diventato un must da social lo scontro con il
presidente del Senato, Ignazio La Russa, reo di non aver tenuto il silenzio in
aula: «Camerata La Russa, rispetti le opposizioni». Insomma, un po’ di show
teatrale nel piatto insipido della manovra, archiviata con l’ennesimo schiaffo
al parlamento: palazzo Madama non ha toccato palla sul provvedimento che per
definizione è il più importante dell’anno. «Se alla democrazia parlamentare si
toglie la legge di Bilancio, la democrazia parlamentare non c'è più», ha
sottolineato il capogruppo del Pd al Senato. Francesco Boccia.
Addirittura, il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari ha
ammesso che qualcosa non è andata per il verso giusto: «È vero che gli
emendamenti del governo sono arrivati il 13 dicembre», salvo poi rivendicare:
«Abbiamo fatto un po’ meglio degli altri governi». Resta da immaginare cosa
possa intendere per fare peggio.
Domani.it, 29 dicembre 2024
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