domenica, novembre 17, 2024

MAPPE. Le mafie sono tra noi, cresce il pericolo di una assuefazione


La presenza dei clan è considerata come fenomeno normale. La ’ndrangheta è la più pericolosa

DI ILVO DIAMANTI

Il problema che caratterizza il fenomeno della mafia in Italia è che viene percepito sempre meno come un problema. O meglio, si fatica a definirla come tale. In senso letterale. Cioè, a marcarne i confini, a misurarla. È quanto emerge dal sondaggio condotto da Demos per Libera, l’Associazione “contro le mafie”, che in questi giorni a Roma ha svolto l’assemblea nazionale. Infatti, 4 italiani su 10 la ritengono “meno violenta rispetto al passato”. La stessa quota di quanti la considerano altrettanto violenta. Mentre il 10% la percepisce “più “violenta”. Anche sul radicamento della mafia nella società non c’è grande chiarezza, fra gli italiani. Risulta, infatti, ampia come in passato la quota di chi la riconduce “ai professionisti e ai colletti bianchi”. Il 45% del campione. Ma l’opinione opposta appare poco meno diffusa.

Insomma, in Italia si è consolidata l’abitudine a guardare la mafia come un fenomeno “normale”. Un male da cui è difficile, anzi, impossibile “liberarsi”. Con il quale è, dunque, necessario “convivere”. 
È una tendenza già emersa nelle precedenti indagini sull’argomento. Ma proprio per questo risulta più “inquietante”. Perché suggerisce come la mafia susciti minore “inquietudine”, in quanto è “data per scontata”. D’altronde quasi i due terzi dei cittadini (per la precisione il 64%) pensano che se ne parli troppo poco. Anche un anno fa questa opinione era condivisa da una quota ampia, tuttavia, più ridotta: il 54%. Cioè, 10 punti di meno. La mafia, dunque, fa meno notizia. E per questo motivo rischia di venire sottovalutata dai cittadini. Anche perché il tema viene spesso trattato in modo discontinuo. Un tema importante, ma non sempre. Non tale da occupare la prima pagina sui media. 
Solo il 10% ritiene che l’informazione, al proposito, sia “corretta” e il 6% “approfondita”. È, comunque, interessante osservare come stia cambiando negli ultimi anni la percezione dei settori critici(per i cittadini), soprattutto per quanto riguarda la “misura”. Metà dei cittadini, infatti, continua a guardare al traffico di droga e agli appalti pubblici come i settori “privilegiati” (si fa per dire) della presenza mafiosa. Mentre resta elevata (ma in calo) la preoccupazione per l’azione della mafia nell’edilizia e, ancor più, negli “eco-reati”, come la gestione e lo smaltimentodei rifiuti. Fra gli altri settori “critici”, agli occhi dei cittadini mantengono un “rilievo rilevante”, per quanto non prioritario, gli “investimenti finanziari e immobiliari”. 
È interessante – e inquietante – rilevare come la “geografia delle mafie” si riproduca in modo coerente con il passato recente. Ma di-mostri, comunque, alcune differenze significative. Oggi la mafiapiù pericolosa, secondo gli italiani, è quella “calabrese”. In crescita notevole. Viene, infatti, considerata “la più pericolosa” dal 28% dei cittadini. Seguita, a distanza, dalla “mafia cinese”. Che viene dall’Oriente. Ma, agli occhi degli italiani, preoccupa più della “camorra napoletana” e di “Cosa nostra”. Riferimenti storici delle mafie, nel nostro Paese (e non solo). In que sta “geografia delle mafie”, secondo gli italiani, hanno spazio anche altre sigle. La mafia foggiana e quella nigeriana. 
Insomma, la mafia c’è ancora. Purtroppo. E si conferma inquietante. Anche se fa meno notizia di un tempo. Il problema vero, rischioso, è che, come avevamo denunciato nelle precedenti edizioni del Rapporto condotto da Demos con – e per – Libera, si confermi una questione importante ma, al tempo stesso, sempre meno rilevante. Data per scontata. Un male che pensiamo di affondare nel “senso di abitudine”. Perché, in fondo, c’è sempre stata. E noi siamo ancora qui. Non solo, ma come ha osservato Nando dalla Chiesa, talora è divenuta perfino utile. “Una sorta di agenzia servizi che sub-entra nei vuoti dello Stato”. E se la società ha potuto “sopportare e affrontare” il fenomeno mafioso è perché c’è chi non si è mai rassegnato. Persone che hanno pagato con la vita la loro lotta contro la mafia. Come Giovanni Falcone, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale presidente della Repubblica e, al tempo, presidente della Regione Sicilia. E molti altri, purtroppo. Perché le mafie non hanno smesso di uccidere. Quest’anno si aggiungono altri 12 nomi. Come ha denunciato Libera. Che è sempre attenta, in prima linea. Accanto a chi continua a “resistere” alla presenza e alla normalizzazione del fenomeno mafioso. Perché, per affrontare la mafia, la premessa necessaria è la convinzione che occorra “com-batterla per batterla”. 
Convivere con il male, infatti, non è solo in-giusto. Ma dannoso. Fa male... a tutti. 
La Repubblica, 17 novembre 2024

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