ROMA — «La riforma dell’autonomia differenziata va abbandonata», anche perché ciò «che non è stato bocciato dalla Consulta risulterà inapplicabile». Gaetano Azzariti, professore ordinario di diritto costituzionale all’università La Sapienza, esperto che più volte è intervenuto sul tema, chiede alla politica di cambiare strada e pensare alla «solidarietà tra i territori».
La Corte costituzionale ha accolto in parte i ricorsi delle Regioni contro la riforma Calderoli. Ciò significa che il governo dovrà riscrivere almeno sette punti della legge sull’autonomia differenziata. Sarà possibile la stesura di un nuovo testo con questi presupposti?
«La Consulta ha fatto a fettine la legge Calderoli, non solo ha smontando l’impianto, ma sembrerebbe, leggendo il comunicato, che anche la parte residua del testo risulterà del tutto inapplicabile».
Secondo i leghisti, i rilievi saranno facilmente superabili dal Parlamento. In che modo?
«C’è un passaggio del comunicato della Consulta molto significativo, dice che spetta al Parlamento colmare i vuoti “in modo da assicurare la piena funzionalità della legge”. Ciò dovrebbe anticipare il fatto che il testo che uscirà dalla sentenza non sarà direttamente applicabile».
Cosa succederà?
«Aspettiamo di leggerlo per capire la portata di una decisione che ha natura “sistematica”, ovvero riscrive l’intera materia e non si limita a far venir meno alcune isolate norme. A questo punto mi auguro proprio che, fuoriuscendo delle schermaglie tra i partiti, la politica e i partiti si rendano conto che non possono piùprocedere su questa strada e cambino finalmente direzione».
Quali sono i punti critici che voi costituzionalisti avete sollevato e che adesso sono stati accertati dalla Consulta?
«Molti, avevano previsto l’incostituzionalità di tutta o di alcune parti importanti della legge.
La Corte ha confermato queste previsioni. Si è poi manifestato un dissenso nel merito e anche per questo è stato chiesto un referendum. A me sembra che con questa sentenza si sia già fatto gran parte del percorso».
La riforma voleva delegare intere materie, come la sanità, alle Regioni quando invece, secondo la sentenza, si possono delegare solo specifiche competenze. Perché è difficile che il Parlamento riesca a superare questo profilo di incostituzionalità?
«Perché è l’impianto complessivo - la filosofia direi - non solo di questalegge ma dell’autonomia differenziata così come è stata concepita che va rimossa. È la logica dell’appropriazione di intere materie e funzioni a scapito delle altre regioni che deve essere abbandonata, per tornare a pensare a come garantire l’unità della Repubblica e una promozione delle autonomie locali che siano tra loro compatibili.
Passare dall’appropriazione di intere materie alla solidarietà tra territori».
Sta dicendo che è una riforma che spacca l’Italia?
«L’autonomia differenziata così come è stata proposta non si può fare. Se può consolare questo governo non è l’unico responsabile: questa sentenza smentisce l’intero percorso iniziato con il governo Gentiloni, quando furono adottate le prime bozze di intesa».
La Corte ha inoltre stabilito che non può occuparsene solo il governo.
«Finalmente. Il Parlamento è stato emarginato del tutto in questo caso così come in ogni decisione politica rilevante. Se questa sentenza facesse riflettere il governo sul fatto che non può decidere tutto da solo e che il potere legislativo spetta al Parlamento, forse si renderebbe conto che anche le ipotesi di concentrare ulteriore potere nelle sue mani, così come è nel disegno di legge sul premierato, sia da abbandonare».
Quale strada va intrapresa?
«Esprimo un auspicio. La lezione che traggo da questa sentenza è che finalmente bisognerebbe abbandonare l’idea di un regionalismo competitivo e abbracciare l’idea espressa dalla nostra Costituzione di un regionalismo solidale».
La Repubblica, 15/11/2024
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