Le scoperte delle neuroscienze. Può espandersi, letteralmente, costruendo dei nuovi collegamenti tra i neuroni. È in grado di invecchiare meno degli altri organi, se non smettiamo di usarlo, ed è capace di autoripararsi
Adelfio Elio Cardinale
Il cervello è un super computer? Una macchina biologica di estrema delicatezza? Un giardino di meraviglie della natura? È forse questa la definizione più vicina alle ultime scoperte delle neuroscienze. Un albero da accudire, irrorare e sostenere per farlo crescere anche nella nostra tarda età (Michela Matteoli, La fioritura dei neuroni, Sonzogno Ed. 2024).
Secondo nuove scoperte delle neuroscienze il punto di forza del cervello è - in accordo con Michela Matteoli - la plasticità; ossia la capacità del cervello di adattarsi ai segnali che provengono dal nostro corpo o che arrivano dall'esterno. Si tratta di un talento unico ed è il motivo per cui il cervello può evolversi nel corso della vita; può
espandersi, letteralmente, costruendo nuovi collegamenti tra i neuroni. È il motivo per cui è in grado di invecchiare meno degli altri organi, se non smettiamo di usarlo, ed è in grado di autoripararsi: le conoscenze che accumuliamo nel tempo compensano il declino che potrebbe manifestarsi gradualmente con l'età. Una specie di tessuto poroso che diventa ciò a cui è esposto.Il cervello può cambiare se stesso, modificando sinapsi e circuiti per ricordare e financo riparare i danni cerebrali. Cervello, organo di piccolo peso, ma che contiene più di 200 miliardi di cellule: numero paragonabile alle stelle della Via Lattea.
I cennati studi interessano molto non solo la comunità scientifica ma la società. In un mondo sempre più senile - specie nella nostra Europa - l'uomo cerca di eliminare l'invecchiamento attraverso metodi anche posticci come: cosmesi, moda, chirurgia estetica, faticose e sfibranti diete, parrucche corvine.
Ma negli individui sopra gli 80 anni si evidenziano drastiche differenze nel modo di invecchiare. È errata la convinzione che gli anziani siano più o meno uguali, con un costante declino, specie da indebolimento mentale. In parte ciò è legato alla genetica. Ma anche altri fattori hanno grande influenza.
Dai trent'anni in poi i neuroni dell'uomo cominciano a morire. Questo spiega perché nella vecchiaia spesso diveniamo privi di lucidità. La neurogenesi, cioè la ricchezza di neuroni nel cervello, è un fenomeno tipico dei giovani, che può via via sbiadire sino a scomparire negli anziani.
Le nuove ricerche scientifiche rivelano che, fin dopo la nascita, l'uomo inizia ad ammassare una riserva cognitiva, cioè un patrimonio di conoscenze che cresce e aumenta se si vive in maniera ricca, attiva e piena, permettendo al nostro cervello di infoltirsi (come una chioma cerebrale), generando nuove sinapsi, vale a dire le connessioni con i neuroni (Corriere della Sera, 28 settembre 2024).
Per l'antica scienza di Ramòn y Cajal - premio Nobel per la medicina nel 1906 - nessun nuovo neurone può formarsi dopo che lo sviluppo dell'organismo si completa. Nel 1965, per contro, il biologo Altman dimostrò con ricerche sperimentali su roditori che potevano nascere nuovi neuroni. Studi confermati negli anni ‘80 del secolo scorso dall'argentino Nottebohm: nel cervello di mammiferi vi sono due aree, nicchie di neuroni. Matteoli le chiama «nursery», asili nido di nuovi neuroni capaci di migrare in altre aree cerebrali, inserendosi nella rete neurale e arricchendo i circuiti di nuovi rami. Come una pianta da curare, fare sbocciare e fiorire per tutta la vita.
Una efficace manutenzione della macchina cerebrale, per mantenere brillante la mente, può sintetizzarsi in sei strategie contro il terribile tossico della vecchiaia intellettualmente inerte. Secondo il principio «use it or lose it», usarlo o perderlo: lettura, movimento, corretta alimentazione, sonno, relax, rapporti sociali. Oltre alla stimolazione cognitiva il cervello va fatto lavorare. Qualche esempio. Studio e lettura si collegano alle sinapsi, vale a dire le connessioni con i neuroni. Sono il cuore pulsante dell'intelligenza, in quanto permettono ai neuroni di lavorare insieme ampliando i nostri pensieri e sentimenti, con un numero di connessioni teoricamente illimitato. È la nostra riserva cognitiva: un patrimonio di conoscenza che si fa più consistente con studio, letture, esperienze, relazioni. Un processo di permanente evoluzione. La vita mentale attiva rappresenta la grande muraglia contro la vecchiaia.
Anche il sonno è fondamentale per memoria e apprendimento. Mentre si dorme il cervello dell'uomo esplora strade nuove, elabora ipotesi di soluzioni con itinerari alternativi e nel frattempo si eliminano i prodotti di scarto - tra cui la proteina beta-amiloide - coinvolta nello sviluppo dell’Alzheimer.
Nell'ambito dell'alimentazione è fondamentale bere, in quanto il cervello è costituito per l'80% di acqua, che nutre la serotonina, neurotrasmettitore che influenza le capacità cognitive. L'eccesso di peso riduce la memoria e la grande obesità raddoppia le probabilità di demenza.
Esiste, inoltre, un asse tra cervello e microbiota: se tale aggregato è squilibrato – disbiosi - fa progredire le malattie neurovegetative, per l’alterato rapporto con l’intestino (Rescigno M., Selmi C., Microbiota, se lo conosci ti curi meglio, Sonzogno Ed. 2024).
Inoltre pensiero positivo, socialità e ottimismo favoriscono l'attività cerebrale, perché liberano endorfina, serotonina e dopamina, che aiutano il cervello a lavorare meglio su memoria e apprendimento. La solitudine, per contro, è un veleno per la salute del cervello. Studi, analisi e ricerche della neurobiologia rientrano nella deep science, la scienza profonda che permette di rischiarare luoghi oscuri della conoscenza. Il cervello, dotato di potenzialità per evolversi ed espandersi, è assimilabile a un prato fiorito che dobbiamo seguire, curare, “innaffiare” e proteggere, per far crescere le “culle” di neuroni che si inseriranno nella rete neurale anche in tarda età. In tal modo l'intelligenza dei vecchi convive con idee misurate sul metro del mondo, ricordando con Verlaine che la giovinezza è il tesoro dell’uomo.
Giornale di Sicilia, 24/11/2024
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