domenica, novembre 10, 2024

Fiumana di boss scarcerati, Ardita: ''Si sta 'giocando' col monopolio della forza dello Stato''

Sebastiano Ardita

Luca Grossi

Il procuratore aggiunto di Catania: “Anche il sistema della prevenzione patrimoniale sta franando. Ingenti patrimoni restituiti a soggetti con precedenti”

La Consulta aveva aperto la falla permettendo ai mafiosi ergastolani che non collaborano con la giustizia di poter beneficiare della liberazione condizionale sfruttando la scia della pronuncia della Corte Europea dei diritti dell'Uomo nel 2019. 
In questo modo saltò il cosiddetto ergastolo ostativo, introdotto in seguito alle stragi di Capaci e Via d’Amelio, che non permetteva l'accesso ai benefici penitenziari per coloro che hanno subito condanne all’ergastolo per reati particolarmente gravi, tra cui l’associazione mafiosa e il terrorismo. 
A distanza di pochi anni gli effetti sono evidenti: una fiumana di boss e sodali sta tornando nuovamente a camminare per le strade. 


Ma questo è "solo l'inizio", secondo il procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita (autore del libro ‘Il coraggio del male’ in uscita il 15 novembre) come riporta 'Il Fatto Quotidiano': l’uscita di tali personaggi dal carcere dà un segnale fortissimo all'esterno, "specialmente nelle periferie, dove lo Stato non è presente e la mafia attua il suo welfare rovesciato, danno il segnale che scegliere l’impegno criminale può essere una buona alternativa" ha detto il procuratore aggiunto di Catania. Senza contare che "l’influenza della mafia nelle carceri porta a una permeabilità che consente ai capi delle associazioni mafiose di mandare ordini fin dal giorno stesso del loro arresto; e a questo danno si aggiunge la beffa di una uscita anticipata sul presupposto della possibilità di rieducazione di questi capimafia. Qui per incoscienza o per disinteresse pubblico generalizzato, non credo alla malafede, si sta ‘giocando’ col monopolio della forza dello Stato, fondamento della democrazia". 
Una democrazia che è messa in pericolo dalla presenza ormai egemone della mafia in alcuni territori dove lo Stato è praticamente assente.
E inoltre, ha aggiunto Ardita, "se non siamo capaci come popolo e come istituzioni di ritenere prioritaria la tutela dei cittadini di fronte allo strapotere della mafia e di trasmetterlo ai nostri organi costituzionali, evidentemente meritiamo questo. Specialmente dopo il sangue versato da Falcone e Borsellino, del cui ricordo si abusa spesso nelle commemorazioni". 
Commemorazioni che saranno particolarmente sofferte il prossimo anno in quanto, in giro per Palermo e non solo, sono tornati a camminare anche mafiosi condannati per le stragi o personaggi legati all'ala corleonese di Salvatore Riina e Bernardo Provenzano: Raffaele Galatolo, Paolo Alfano, Ignazio Pullarà, Franco Bonura, Gaetano Savoca e Tommaso Lo Presti. 

Sono questi i nomi dei mafiosi che nelle ultime settimane sono riusciti ad ottenere la semilibertà. 
Galatolo é uno dei membri di spicco della nota “camera della morte” di Vicolo Pipitone, dove all’inizio degli anni Ottanta venivano uccisi i nemici mafiosi del capo di Cosa Nostra. 
Alfano: il fidato autista del gruppo di fuoco dall'ex capo dei capi; e poi Pullarà, lo storico reggente del mandamento di Santa Maria di Gesù e presunto custode dei segreti sui legami tra l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, Silvio Berlusconi e i boss di Cosa Nostra.  
Bonura, l'ex capomafia dell’Uditore; e poi Gaetano, figlio di Pino, storico capomandamento, che nel giugno 2018 fu visto accompagnare Leandro Greco, nipote del ‘papa Michele’, ad un appuntamento con Calogero Lo Piccolo. Entrambi hanno partecipato all’ultima riunione della Cupola, convocata in una palazzina a Baida nel maggio 2018. 
C’è anche Lo Presti, il boss di Porta Nuova che lo scorso 15 aprile ha festeggiato le nozze d'argento nella chiesa di San Domenico (Palermo) il pantheon dei siciliani illustri in cui vi sono anche le spoglie di Giovanni Falcone. 
Ma vi sono tanti altri nomi: A Villagrazia, Sandro Capizzi e Salvatore Adelfio. Alla Noce, Pierino Di Napoli. A Pagliarelli, Giuseppe e Antonio La Innusa. 
Nella periferia orientale di Palermo, infine, c’è il più alto numero di scarcerati: Giuseppe Folonari, Giovanni Asciutto, Nino Sacco, Cosimo Fabio Lo Nigro. Nomi attigui all’ala corleonese di Cosa nostra, da sempre fedelissimi di Riina e di Giuseppe Graviano, boss stragista di Brancaccio attualmente detenuto in regime di 41bis. 
Personaggi come Sal Catalano, membro della famiglia Bonanno di New York, sono tornati in città dopo anni di esilio. Anche Giovanni Formoso è uscito dal carcere: si tratta del primo boss stragista, mai pentito, condannato all'ergastolo per aver caricato l’autobomba che il 27 luglio 1993 fece cinque morti a Milano, in Via Palestro. 
"La Corte aveva messo dei paletti - ha ricordato il magistrato catanese - e altrettanti erano stati messi nel testo legislativo. Per esempio, era stato detto che occorreva tenere conto della capacità criminale del gruppo mafioso all’esterno prima di concedere un permesso a un capomafia; o addirittura che doveva essere il capomafia a dimostrare la sua non pericolosità: il che rappresenta un autentico ossimoro e dunque una prova quasi impossibile. Qualcuno si era reputato soddisfatto per questi paletti, ma chi sa come vanno queste cose aveva già previsto che saremmo arrivati a questo punto". 
"In materia di benefici, di qualunque natura, l’esperienza ci fa dire che una volta abbassata l’asticella tutti potranno passare dal varco più accessibile. E quindi avremo un notevole numero di mafiosi che torneranno in libertà, benché pericolosi. E se così non fosse tutti invocherebbero il principio di uguaglianza dell’art. 3 della Costituzione. E questa non è l’unica cosa che preoccupa" ha detto il magistrato specificando che "anche il sistema della prevenzione patrimoniale sta franando, e assistiamo tutti i giorni a restituzioni di ingenti patrimoni a soggetti con precedenti da far rabbrividire su presupposti sempre derivati da pronunce Cedu", ha spiegato Ardita. 

AntimafiaDuemila, 06 Novembre 2024

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