DINO PATERNOSTRO
Un grazie di cuore a Giuseppe Pastorello e a tutti gli artisti di "Officina Teatro Canzone", che hanno voluto rappresentare "Verro e la parabola delle verghe" a Corleone, nel salone Papa Giovanni XXIII, a pochi passi da dove il dirigente dei Fasci e sindaco del paese venne assassinato nel pomeriggio del 3 novembre 1915. Un'opera fatta di parole, musiche e canzoni, che racconta la vicenda umana e politica del corleonese Bernardino Verro, ma anche un pezzo importante della storia della Sicilia. Siamo grati a questi artisti che hanno scelto di sperimentarsi con una storia poco conosciuta in Sicilia, una storia di contadini poveri e delle loro lotte per alzare la testa e rivendicare per la prima volta diritti, quei diritti che padroni e mafiosi avevano sempre negato.
Con questo spettacolo, rappresentato stamattina davanti agli studenti della sezione di agraria dell'I.I.S.S. "C. Di Vincenti" e agli alunni dell'I.C. "G. Vasi", si sono concluse le iniziative messe in campo dalla Cgil, in collaborazione col comune di Corleone, con Legacoop e con le Scuole, per commemorare il 109° anniversario dell'assassinio di Verro, nell'ambito dei 130 anni dei Fasci dei lavoratori. Il prossimo anno ricorreranno i 110 anni dell'uccisione di Verro. Ci auguriamo di poter realizzare la traslazione dei resti del primo sindaco socialista di Corleone e della sua famiglia (la compagna Maria Rosa Angelastri e i figli Leonida Spartaco e Giuseppina Pace Umana) dal cimitero dei Rotoli di Palermo al cimitero della nostra città, nella tomba accanto a quella di Placido Rizzotto. Ci auguriamo anche che si trovi il modo per aprire alla città la "Casa del Popolo" di Via B. Verro, per farne il luogo dove si conserva e si valorizza la memoria del movimento contadino dei Fasci siciliani, provando nel nome di Verro ad approfondire e sperimentare il ruolo che l'agricoltura ha avuto, ha e potrà ancora avere nel nostro territorio.
Una nota a margine dello spettacolo. Fermo restando l'assoluta libertà degli artisti, ci permettiamo di rilevare l'eccesso di sicilianismo che l'opera contiene. Dare ad intendere che tutti guai della nostra Isola (e in piccolo della nostra Corleone) sono dipesi e dipendono da Garibaldi e dal processo dell'unità d'Italia, anche se di moda, è assolutamente fuorviante. Il generale Giuseppe Garibaldi era (appunto) un generale, bravo a mobilitare le truppe, a motivarle, a strappare vittorie militari impensabili, ma non era un politico. Garibaldi morì povero e quasi agli arresti domiciliari a Caprera.
La Sicilia e Corleone, purtroppo, non hanno avuto solo nemici esterni (la borghesia capitalistica del Nord), ma anche nemici interni (gli agrari siciliani e corleonesi, la mafia e i mafiosi). Questo l'avevano capito bene Bernardino Verro e i dirigenti dei Fasci e, alcuni decenni dopo, anche Placido Rizzotto, Pio La Torre e i dirigenti del movimento contadino del secondo dopoguerra. Lo Stato d'assedio nel 1894 l'ha proclamato il governo nazionale, presieduto dal sicilianissimo Francesco Crispi, su sollecitazione degli agrari siciliani e corleonesi. Dimenticare questo e dare addosso a Garibaldi è un esercizio facile ma non coglie la verità storica.
Hanno fatto bene Pastorello e il suo gruppo a ricordare che Bernardino Verro ha fatto tante cose belle, buone e giuste, ma anche qualcosa di sbagliato: l'adesione alla mafia. L'ha fatto perché (ingenuamente) pensava che "i fratuzzi" l'avrebbero davvero aiutato a combattere gli agrari e a strappare risultati migliori con la lotta dei contadini. E magari anche perché ha avuto paura per la sua vita (i fratuzzi gli avevano fatto credere che l'avrebbero difeso dagli agrari che volevano ucciderlo). Anche gli eroi hanno paura. Solo che poi trovano il coraggio di superarla. Come ha fatto Verro, che pochi mesi dopo l'adesione alla mafia, constatato che i mafiosi si schieravano a fianco degli agrari e contro i contadini, protestò vivacemente con don Piddu Battaglia, allora capomafia di Corleone, e mandò lui e i "fratuzzi" a quel paese. D'allora, per tutta la vita combatté contro la mafia, come testimoniato dal commissario di Polizia, dal capitano dei Reali Carabinieri e dal Procuratore del Re.
Credo che a questo punto sia utile lavorare per la pubblicazione della sentenza di rinvio a giudizio per l'assassinio di Verro, ricostruendo il contesto in cui - tra la fine dell'800 e i primi del '900 - si è svolta la vicenda umana e politica di Verro. (dp)
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