La cabina regionale anti-siccità conferma lo scenario della riduzione idrica a Palermo. Ma per la prima volta dall’inizio dell’emergenza la capienza degli invasi rimane stabile
Andrea D’Orazio
Un po’ di ottimismo, giustificato dalle piogge registrate a cavallo tra ottobre e novembre, ma fino a un certo punto, perché, in media, la stagione autunnale si sta confermando avara di precipitazioni, e anche se il bilancio settimanale dei volumi contenuti nelle dighe, per la prima volta da inizio emergenza, è risultato stabile, la situazione resta critica, tanto da non escludere ulteriori programmi di razionamento dell’acqua a cominciare dalla provincia di Palermo.
È quanto emerso durante l’ennesima riunione della cabina di regia sull’emergenza idrica istituita dal governatore Schifani e timonata dal capo della Protezione civile siciliana, Salvo Cocina, convocata nel pomeriggio di giovedì scorso per fare il punto sulla costruzione o riattivazione dei pozzi previsti nel Piano regionale anti-siccità e soprattutto sui volumi d’acqua attualmente contenuti nei laghi dell’Isola. Sorvegliati speciali, proprio gli invasi del Palermitano, Poma, Rosamarina, Piana degli Albanesi e Scanzano, che coprono il 50% del fabbisogno idrico della città metropolitana con 1.600 litri di acqua al secondo, e che, salvo diluvi da qui a Capodanno, potrebbero esaurire le risorse a metà gennaio, e non al termine di febbraio come previsto un mese fa durante la penultima seduta dell’Autorità di bacino regionale. Uno scenario, quest’ultimo, confermato dagli ultimi dati, che, seppur (quasi) invariati, non allontanano lo spettro di un inasprimento, o meglio, di un’estensione della riduzione del servizio idrico nei distretti del capoluogo dopo quella già messa a punto dall’Amap in accordo con la Regione.
Il via potrebbe arrivare già nella prima metà di dicembre, per allungare il più possibile la vita delle quattro dighe, che, secondo la rilevazione più recente dell’Osservatorio regionale, scattata il 4 novembre, presentano più o meno gli stessi volumi di ottobre, ossia 9,1 milioni di metri cubi il Poma, 3,1 milioni il Rosamarina, 3,8 Piana degli Albanesi e 2,3 Scanzano: una stabilità registrata, per la prima volta da inizio anno, anche negli altri bacini siciliani, ma che non può far abbassare la guardia. Anche perché, nel caso di Palermo, quei 1.600 litri al secondo non verrebbero rimpiazzati dai pozzi già trivellati in provincia o ancora in fase di scavo - finanziati da Roma con parte dei 40 milioni garantiti per il Piano della Regione - che insieme al pompaggio dall’Oreto potranno fornire al massimo 500 litri al secondo.
Quel che è certo, intanto, è il disco verde al trasferimento dell’acqua dalla diga Gammauta, nel Palermitano, al lago Castello che rifornisce il comprensorio agrigentino ad uso irriguo e potabile. Lo stabilisce l’ordinanza emanata ieri dal Commissario per l’emergenza siccità in agricoltura e zootecnia, Dario Cartabellotta, in risposta alla grave crisi idrica che ha colpito le aree interessate. Si tratta di un intervento che verrà realizzato attraverso la messa in funzione dell’adduttore consortile San Carlo e che sarà cruciale per garantire il corretto approvvigionamento del territorio e salvaguardare così le produzioni agricole della zona, a partire dalle pesche e dalle arance di Ribera e Bivona. Con l’ordinanza viene inoltre istituito un gruppo di monitoraggio dei volumi della diga, composto da rappresentanti dell’autorità regionale di bacino, Enel, dipartimento Agricoltura, dipartimento Acque e rifiuti, Consorzio di bonifica di Agrigento, Comuni di Ribera e di Bivona. Il ricollocamento dell’acqua sarà effettuato tutte le volte che il volume trasferibile sarà in grado di garantire il funzionamento tecnico-idraulico delle infrastrutture coinvolte. Con il provvedimento, afferma il governatore Schifani, «oltre a garantire un miglior approvvigionamento idrico per i cittadini, diamo una risposta concreta alle esigenze di un territorio che rappresenta un’eccellenza nel settore agricolo siciliano. La cooperazione tra i diversi enti coinvolti sarà fondamentale per superare questa emergenza che sta colpendo l’Isola e proteggere le nostre attività produttive». L’ordinanza resterà in vigore fino a maggio del 2025, ossia per tutta la durata dello stato di crisi dichiarato dal governo nazionale. Di conseguenza, verrà decretata la cessazione di produzione di energia idroelettrica da parte di Enel, proprietaria della diga. (*ADO*)
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La resistenza, anzi, la resilienza c’è stata, soprattutto nel comparto olivicolo, dove, nonostante un ammanco del 50% di produzione rispetto alla media regionale, la Sicilia si è messa a trainare lo Stivale insieme alla Puglia, ma «la congiuntura meteoclimatica piuttosto sfavorevole ha causato danni alle produzioni agricole, con perdite riconducibili soprattutto alla siccità», mentre la situazione degli invasi, «caratterizzati da livelli di disponibilità d’acqua carente o nulla», ha reso «praticamente insostenibile qualsiasi pratica irrigua».
È il quadro tracciato dall’Ismea nel nuovo «Rapporto sull’agroalimentare italiano», che, se ce ne fosse ancora bisogno, conferma il tracollo causato dalla crisi idrica nel comparto siciliano. Per capire con più esattezza di quanto, nell’attesa che finisca anche il raccolto delle arance, bisognerà aspettare il bilancio di fine anno che stanno preparando nell’assessorato regionale competente in materia. Quel che è appare ormai certo, spiega il Commissario per l’emergenza siccità in agricoltura e zootecnia, Dario Cartabellotta, è che «le ultimissime piogge, pur non avendo risolto il deficit delle dighe, hanno almeno mitigato le condizioni delle campagne, evitando lo scenario peggiore, da “rosso”, che avevamo ipotizzato lo scorso maggio, e tracciando invece perdite da livello “arancione”», ossia del 50% (rispetto al -80% del “rosso”) un po’ tutte le coltivazioni, eccetto che per grano e foraggio, dove l’asticella è arrivata fino al 90% e oltre. Ma quanto fa tradotto in euro? Per avere una stima precisa ci vorrà ancora qualche giorno. Probabilmente, il conto sarà leggermente inferiore rispetto ai circa 1,7 miliardi indicati nel quadro «arancione» sei mesi fa.
Intanto, mentre Legambiente nel rapporto «Città-clima, speciale agricoltura» oltre che ai cereali, ai vigneti e agli alberi da frutto, descrive «gravi impatti anche alla produzione di miele, con una diminuzione prevista del 95% a causa delle fioriture non produttive, ossia la mancanza di nettare nei fiori», il Sias, il Servizio informativo agrometeorologico siciliano, registra sull’Isola, nello scorso ottobre, il quattordicesimo mese consecutivo con temperature al di sopra delle media: la colonnina di mercurio si è attestata a 19 gradi centigradi, uno in più rispetto alla norma del periodo 2003-2022.
A. Do.
GdS, 23/11/24
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