domenica, ottobre 27, 2024

Corleone. Di Bernardino Verro, dei Fasci e dei seminari “ambulanti” con gli studenti sui luoghi dove nacquero e si svilupparono

Al Cidma con gli studenti del Liceo Scienze Umane

Al Cidma con gli studenti del Liceo Classico 

DINO PATERNOSTRO

Con grande piacere ho accettato l’invito dei docenti di storia e della dirigente dell’I.I.S.S. “don G. Colletto” di Corleone per approfondire con gli studenti dell’ultimo anno la storia dei Fasci dei lavoratori di fine ‘800 e la figura di Bernardino Verro, fondatore del Fascio di Corleone, ed uno dei dirigenti siciliani di questo importante movimento, che arrivò ad organizzare circa 400 mila lavoratori. 

Domani mattina terremo il terzo incontro. Il primo si è svolto lo scorso 24 ottobre, il secondo il 25 ottobre. 

Abbiamo scelto un metodo che ha provato a mettere in connessione le parole con i luoghi: per esempio, piazza Nascè e il busto di Verro con i grandi comizi che il leader dei Fasci teneva in questo luogo.

Proprio qui, nel 1910, Verro denunciava i perversi intrecci mafia-politica, “che avevano reso Corleone la più disgraziata città della Sicilia, sede della Cassazione della mafia siciliana”. 

Ancora in piazza Nascè abbiamo parlato del busto di Verro che nel 1922 fu distrutto e fatto scomparire: il primo caso di “lupara bianca” attribuito ad una statua. 

Poi siamo andati in via Tribuna (oggi via Verro), che il 3 novembre 1915 fu l’ultima strada percorsa dal capo del movimento contadino, che un anno e mezzo prima era stato eletto sindaco socialista di Corleone. Abbiamo letto la targa sul luogo in cui Verro venne colpito da 11 colpi di rivoltella, 4 dei quali sparategli alla testa: i colpi di grazia. “Il 3 novembre 1915 assassinato dalla mafia qui cadeva…”, quanta fatica nel 1985 per scrivere questa frase, in particolare la parola “mafia”. “Non possiamo scriverla - obiettarono a me e al prof. Pino Governali, che l’avevamo proposta, ì democristiani del municipio - perché non c’è una sentenza che lo certifichi”. 

“Sarà stato ucciso, per caso, da un raffreddore?”, obiettammo ironici. Ma i nostri interlocutori non mollavano, sparandola davvero grossa: “E se poi la mafia ci querela?”, dissero seri. 

Non riuscimmo a trattenere una risata: “sarebbe tutta da vedere una querela della mafia che si difende dall’accusa di mafia!”  

Alla fine per la targa la spuntammo e la parola “mafia” rimase scritta li. Ma abbiamo consapevolezza che la strada per affermare una sensibilità ed una consapevolezza sui temi della lotta alla mafia era ancora lunga. 

Proseguendo nel tour, è stato emozionante visitare poi la “Casa del Popolo”, costruita pietra su pietra dai contadini di Corleone, guidati da Bernardino Verro. Proprio lui, per rafforzarne l’appartenenza, aveva invitato i contadini a portare ogni sera una pietra da campagna con cui costruire la casa dei lavoratori. 

Per tanti anni è stata la sede della Coop Unione agricola, fondata nel 1906. È stato il luogo dove i contadini si riunivano fino agli anni ‘80 del ‘900.

Furono questi contadini ad elaborare insieme a Verro (e a qualche proprietario terriero “illuminato” come Gaetano Palazzo) i primi contratti sindacali scritti: il 7 maggio 1893 quello dei braccianti agricoli e il 30 luglio dello stesso anno quello dei mezzadri, passati alla storia come i “Patti di Corleone”. 

Abbiamo terminato “il viaggio” al Cidma (il Centro Internazionale di Documentazione su Mafia e Antimafia). È un po’ la sintesi dell’impegno antimafia delle istituzioni e della società civile. Inaugurato il 12 dicembre 2000 dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e dai vertici dell’Onu, racconta dei fasci, delle lotte contadine, di Placido Rizzotto, di Falcone e Borsellino che hanno combattuto contro i mafiosi. 

Ne parleremo ancora lunedì prossimo e il 3 e il 4 novembre per il 109mo anniversario dell’uccisione di Verro.

Dopo 109 anni, infatti, Corleone ricorderà ancora con tanta gratitudine Bernardino Verro, perché la memoria costruisce futuro. 

Dino Paternostro 

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