mercoledì, settembre 18, 2024

"Notti magiche. Inseguendo un goal. Sotto il cielo. Di un'estate italiana". Buon Viaggio Totò!

Totò Schillaci

di GIULIO ZOPPELLO

Ci sono per me tre grandi Inni nella nostra Storia. Il primo è quello ufficiale, quello di Mameli. Il secondo è "La Leggenda del Piave", non puoi cantarla senza un groppo in gola. Il terzo è quello che in quell'estate del 1990 Edoardo Bennato e Gianna Nannini confezionarono per l'edizione che cambiò tutto. A parte Ricky Martin non ne ricordo uno più bello. 

Per 34 anni da quei giorni che portarono la Nazionale Italiana di Calcio ad un passo dal sogno e poi dentro l'inizio di un incubo fatto di 11 metri, è stato questo ragazzo di Palermo, 173 cm per 70 kg di nitroglicerina, a rappresentarlo in tutto e per tutto. #TotòSchillaci è stato l'ultima, vera, grande meteora della storia dei Mondiali, di sicuro fu la nostra, visto che Fabio Grosso fu qualcosa di diverso. Ma lui, in forza a quella Juventus che si dibatteva tra rinascimento e difficoltà, lui, quello che non ci doveva essere in campo perché ce ne stavano pure troppi, anzi magari era meglio lasciarlo a casa, ebbene lui, è stato l'alfiere di quel sogno durato qualche settimana, che si è fissato persino dentro il cuore di chi non se lo ricorda. 

Totò che entra al posto di Carnevale, svetta tra due gigantoni austriaci, la mette di testa dentro e sigla il primo di quei 6 goal dell'Italia che da bere diventò Italia Mondiale, è qualcosa di più di un momento sportivo: è epica, è mitologia, è ciò che rendeva il calcio così speciale. Totò Schillaci è stato l'ultimo rappresentante calcistico meridionale al 100%, di quel Sud che in quegli anni tra Guerre di Mafia, corruzione, disastri, disoccupazione e tanto altro, era ancora trattato con disprezzo, ancora costringeva (lo fa pure oggi) migliaia di ragazzi e ragazze a scappare al Nord, all'estero, e cercare lavoro. Aveva un viso antico Totò, con quella stempiatura, quell'occhio sparato a mille, quei lineamenti da contadini, da marinaio, da siciliano che manco Sergio Leone ne avrebbe trovato uno migliore. Lui che segna, corre come un furetto, esulta come se non ci fosse un domani sotto la curva, ne diventa tutt'uno. Non esiste più quel calcio, oggi sono mossette da social, oggi sono tutti perfetti e senz'anima. A molti di loro, i top players che valgono 80 milioni di oggi, Totò avrebbe tranquillamente potuto insegnare calcio.


Arrivò il terzo posto, arrivò secondo dietro Lothar Matthäus per il Pallone d'Oro, fu Capocannoniere dell'edizione. Tutti pensarono fosse sbocciato un fuoriclasse assoluto. Non era vero, era "solamente" (si fa per dire) un gran bel giocatore, un attaccante veloce, furbo, con la tecnica affilata dei ragazzi di strada che oggi non c'è più, caparbio, agonista e generoso. Con Roberto Baggio creò una coppia in azzurro che però nella Vecchia Signora non portò quelle vittorie che ci si aspettava. Complice qualche infortunio, non raggiunse più quei livelli, neppure nell'Inter. Il suo trasferimento in Giappone, al ジュビロ磐田 (Júbilo Iwata), fu il primo atto di quel pallone che diventava globale, che non conosceva veramente più barriere o confini di sorta. Non un caso che diventò "Il gran Visir de tucc i terun" come simpaticamente gli fu riconosciuto da Aldo, Giovanni e Giacomo in quel capolavoro che fu "Tre Uomini e una Gamba". Era vero. Totò Schillaci è stato l'ultimo grande eroe sportivo meridionale, e assieme capace di diventarlo per ogni italiano, di ogni età e latitudine, che si rivedeva in quella cavalcata emozionante.


Abbiamo dovuto dire addio a Gianluca Vialli l'anno scorso, ora se ne va Totò. Due simboli di quando non solo la Lega Serie A era infinitamente migliore, ma lo era anche il calcio stesso, non solamente prodotto capitalistico confezionato senz'anima. Perché sia Gianluca, che in quel Mondiale arrivò purtroppo mezzo infortunato, che Totò, che da allora corre nelle nostre menti con quelle braccia alzate, erano innanzitutto due uomini generosi e spontanei, non solo due attaccanti di razza. Se Totò, andatosene a 59 anni, oggi tutti lo piangiamo, è perché dentro quella gloria di un'estate c'era il significato della vita. La felicità è un attimo, è un'estate di quando sei con gli altri allo Stadio, o sulla spiaggia con quella ragazza, con gli amici al campetto, i compagni di sempre al bar o quelli che non rivedrai più in Erasmus. Pensi durerà per sempre, invece non è così. Totò Schillaci, ragazzo meraviglia dell'Italia della Notti Magiche, è stato tutto questo, sarà per sempre questo: quel qualcosa di imprevedibile per cui però la vita vale la pena di essere tale.


Buon Viaggio Totò. 

Grazie per le Notti Magiche.

L’ATTIMO VINCENTE 

di GIULIO ZOPPELLO

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