domenica, settembre 15, 2024

Medici senza gloria. Sciascia e quel Nobel mai assegnato


Lo scienziato canicattinese fu l’inventore della fitoterapia. Ma venne beffato dagli accademici di Svezia che assegnarono il riconoscimento al danese Finsen che iniziò gli studi molto dopo

ADELFIO ELIO CARDINALE

Gli accademici di Svezia nemmeno sanno dov'è Canicattì e la prima disgrazia dell'uomo è nascere in un paese, scrive Gaetano Savatteri (I Siciliani, Laterza Ed., 2006). La querelle relativa al dottor Antonino Sciascia - nato a Canicattì, dove visse e operò per tutta la vita, inventore della fototerapia - fa sorgere spontanea la domanda: ma l'istituzione che assegna i premi Nobel prende qualche topica? Certamente sì. Scorrendo, per esempio, la lista dei Nobel per la letteratura si resta più colpiti dai nomi mancanti, che dai vincitori: Tolstoj, Proust, Musil, Borges non hanno ricevuto il massimo premio dell'Accademia di Svezia. Lo stesso è avvenuto e avviene in campo scientifico.

Un continuo tormentone, con collegati sospetti e dietrologia sull'effettiva competenza della giuria svedese. Non si deve esagerare anche se l'assegnazione del massimo alloro scientifico, qualche volta è dettata da motivazioni geo-politiche (Giornale di Sicilia, 18 gennaio 2003).

Sciascia era nato a Canicattì il 19 novembre 1839 da Angelo ed Epifania Sfalanga. Frequentò l'università di Palermo, ove si laureò in medicina e chirurgia nel 1860, all'età di 21 anni; visse per lunghissimo tempo da scapolo, con la sorella nubile. Si sposò nel 1918, all’invidiabile età di 77 anni con Isabella Macaluso di Palma di Montechiaro. Morì il 12 aprile 1925, dopo aver esercitato con dignità, altruismo e saggezza la professione medica. Sciascia- tarchiato, fronte spaziosa, occhi acuti ma buoni, barba austera e profetica, colto e sempre aggiornato sui progressi della scienza medica - studiò in maniera profonda e coerente l'applicazione terapeutica della luce, con uno speciale strumento di sua invenzione (brevettato nel 1894), che dissociava, selezionava e graduava l'energia di radiazioni dello spettro luminoso. Le apparecchiature originarie di Sciascia si trovano nel Museo della Radiologia di Palermo, dono dei suoi discendenti, insieme al suo saggio a stampa «La Fototerapia» in originale, edito a Roma nel 1902 dalla società editrice Dante Alighieri.

Antonino Sciascia indagò - sistematicamente, sperimentalmente, clinicamente - l'azione biologica e terapeutica dell'energia luminosa concentrando i raggi luminosi nel suo apparecchio: il fotocauterio.

Nel 1892 diede comunicazione della sua invenzione in un Congresso nazionale di oftalmologia; reiterò il resoconto delle sue esperienze nel 1894 a Roma, in un congresso medico internazionale; nel 1902 pubblicò un piccolo trattato sulla materia, il citato «La Fototerapia».

Purtroppo, ancora una volta, uno scienziato italiano e, in particolare, siciliano fu penalizzato e il Nobel fu assegnato a Finsen che aveva iniziato le ricerche sulla fototerapia solo nel 1897. Ulteriore amarezza, questa cura fu denominata Finsenterapia. Il danese Finsen era nato a Thorshavn nelle isole Faeroer o «isole delle pecore», nel 1860; studiò dapprima in Islanda a Reykjavik e si laureò in medicina a Copenaghen nel 1890; divenne professore di anatomia nell'università danese nel 1903 e si dedicò quasi esclusivamente agli studi sugli effetti fisiologici della luce; dal 1898 aveva avuto la direzione di un istituto di fototerapia; morì a Copenaghen nel 1904, subito dopo il prestigioso riconoscimento. Di salute assai cagionevole, confessò che l'impulso ad approfondire l'elioterapia gli derivò dall’accorgersi, durante le lunghe ore di studio, che ogni qualvolta il sole rompeva l'abituale grigiore del cielo danese, il suo corpo si sentiva ristorato e lo studio riusciva meno faticoso.

Per di più è da notare che Finsen era presente, da semplice uditore e iscritto, al convegno di Roma, ove Sciascia aveva presentato le sue scoperte. Forse per sopravvenuto scrupolo di coscienza e onestà Finsen - in una conversazione avuta a Berlino, dopo il Nobel, con il prof Cirincione, direttore della clinica oculistica dell'ateneo di Roma - disse che «riconosceva e ammirava francamente nel dottor Sciascia creatore della fototerapia, alla quale seppe dare consistenza di vera scienza».

Finsen ha studiato a lungo e ha scritto. Nel 1899, a Lipsia, pubblica una memoria in tedesco: “Uber die Bedeutung der chemischen Strahlen des Lichtes”. Parla di raggi solari concentrati, di applicazione della luce, di guarigione delle malattie. Da buon europeo del Nord che conosce il valore della lingua, la dominanza di alcune lingue sulle altre, il peso scientifico del gergo più comune diffuso, fa stampare a Parigi, rigorosamente in francese, il libro La Phototerapie. La scoperta si ripercuote immediatamente nelle università di mezza Europa, dà una grande notorietà a Finsen che nel 1900 viene invitato al Congresso medico di Parigi dove parla dei risultati splendidi ottenuti nella cura del devastante morbo del lupus con la fototerapia. Tutti questi accadimenti confermano un amaro destino, che si perpetua nel tempo, sottolineato dalle parole di Pitrè: «Nella storia generale delle scienze mediche la Sicilia comparisce di rado». La storia umana e scientifica di Antonino Sciascia era conosciuta in maniera sfocata, finché Pietro Macaluso, un lontano discendente, rovistando nella vecchia casa disabitata della vedova di Sciascia, non scoprì cartella e contenitori che contenevano carte, documenti e scritti del medico e il suo apparecchio (Pietro Macaluso, Le ragioni di Sciascia, Malgrado Tutto Ed., 2007).

Sciascia ebbe onoranze nel 50°anniversario della laurea, con la nomina a Commendatore della Corona d'Italia e in occasione della sua morte. Canicattì ha dedicato al suo concittadino un busto e un cippo. Una fama limitata assai. Solo il Giornale di Sicilia (18 Aprile 1925) gli dedicò un articolo dal titolo riparatore «Solenni esequie all'inventore della fototerapia».

Rimane la memoria che merita di essere tramandata. Il fiume della storia- rileva Claudio Magris- sommerge piccole storie individuali e l'onda della dimenticanza le cancella dalle memorie del mondo. Narrare, per contro, significa ripescare esistenze naufragate e ritrovare relitti nascosti. Come è doveroso per Antonino Sciascia.

ADELFIO ELIO CARDINALE

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