Il 16 settembre 1970, cinquantaquattro anni fa, in via delle Magnolie a Palermo il sequestro del giornalista de L'Ora Mauro De Mauro.
Due giorni dopo il direttore Vittorio Nisticò scrive un fondo che restituisce al lettore la carta d'identità del giornale che ha fatto delle denunce e della lotta alla mafia la sua principale ragione di forza. Eppure nella orgogliosa difesa di questo valore - oggi si direbbe di questa "missione" - affiora un senso di impotenza ma senza rassegnazione. “Non gettiamo la spugna dicendo: non si saprà mai la verità”, scrive Nisticò. Ma la realtà purtroppo è che questa verità non s'è mai saputa.
LA NOSTRA ANGOSCIOSA ATTESA
(18 settembre 1970)
di VITTORIO NISTICO'
Un fatto di cronaca ancora aperto. Quante volte abbiamo conosciuto questa angoscia dell’incertezza! Ma questa volta c’è in più il fatto che l’uomo sequestrato, di cui non si conosce la sorte, è uno di noi, uno che abbiamo visto e salutato poco prima che scattasse l’ingranaggio del dramma che stiamo vivendo. Abbiamo prima atteso con mille dubbi. Poi, man mano che passavano le ore, con paure e speranze. Infine con un’angoscia che cresce. Mauro De Mauro è stato catturato a forza, questo sembra certo, or sono trentasei ore da quando esce questa edizione del giornale. Venticinque ore dopo la sua scomparsa è stata trovata la sua automobile in una strada del centro cittadino. È troppo poco in tante ore per un fatto così straordinario. Chi è stato? Perché? Cosa gli hanno fatto?
Abbiamo troppe amare esperienze per non gridare: dovete cercare subito e meglio, dovete sapere subito, dovete far luce. Non possiamo rassegnarci a tollerare che tutto non sia tentato per evitare il peggio. Non ci rassegneremo mai alla supremazia della violenza favorita dall’impunità. Non gettiamo la spugna dicendo: non si saprà mai la verità. C’è una drammatica verità di questo momento da mettere in luce. Ma c’è anche la verità di sempre, di questa Sicilia abbandonata dallo Stato alla sua lenta agonia, con il suo male in corpo: la mafia.
La scomparsa di un giornalista non ha precedenti, e ciò spiega la straordinaria mobilitazione delle forze di polizia nella ricerca. Ma l’operazione resta epidermica, tanto è vero che tutto è stato setacciato ma nulla ancora si è saputo del nostro collega. Quale che sia per essere l’esito ultimo di questa terribile storia, resta il fatto che a Palermo la partita contro la violenza mafiosa, la corruzione mafiosa e il tessuto sociale-politico su cui esse prosperano, finora l’hanno condotta e la conducono in prima fila e pagando di persona le forze strutturali della democrazia repubblicana: il movimento popolare, la cultura di avanguardia, questo giornale.
Per conto nostro non ci hanno fermato attentati, intimidazioni, sabotaggi. Nessuno si illuda che possano farci esitare queste drammatiche ore che viviamo nell’attesa di sapere perché il nostro collega De Mauro non è tornato ieri mattina al lavoro
Dall'archivio storico del giornale, custodito presso la Biblioteca centrale della Regione siciliana Alberto Bombace di Palermo
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