lunedì, settembre 30, 2024

L’INCHIESTA DI CALTANISSETTA. Ritrovate le bobine di mafia e appalti “In quei nastri boss manager e politici”


(La Repubblica) dal nostro inviato
Salvo Palazzolo

CALTANISSETTA — Dalla lista dei pezzi mancanti dell’antimafia deve essere depennata una voce importante: sono state ritrovate le intercettazioni della procura di Massa Carrara che nel 1991 svelavano le infiltrazioni di mafia nelle cave gestite dal Gruppo Ferruzzi. Intercettazioni che all’epoca provocarono un terremoto politico-giudiziario, il fascicolo dell’allora sostituto procuratore Augusto Lama e del maresciallo della Guardia di finanza Franco Angeloni venne bloccato. 
Un pezzo dell’inchiesta finì comunque a Palermo, ma il caso venne chiuso frettolosamente, nel giro di tre mesi, dopo nuove intercettazioni fatte in maniera poco accurata. E ora i magistrati della procura di Caltanissetta stanno cercando di capire perché, indagando sugli ex pm Gioacchino Natoli e Giuseppe Pignatone.

Anche le intercettazioni disposte da Natoli sembravano scomparse, ma sono state ritrovate nei mesi scorsi al palazzo di giustizia di Palermo. 
Torniamo alla brusca frenata del 1991. Il fascicolo principale, quello di Massa Carrara che conteneva le prime intercettazioni, finì alla procura di Lucca, poi a Firenze, poi alla procura di Roma. «Fummo fermati — dice oggi a “Repubblica” il maresciallo Franco Angeloni, all’epoca braccio destro del pm Lama — In quelle intercettazioni non c’erano soltanto riferimenti a mafiosi arrivati dalla Sicilia, ma anche a politici e a imprenditori nazionali » . Era il grumo di interessi che Paolo Borsellino voleva approfondire dopo la morte del suo amico Giovanni Falcone, ma non fece in tempo. Anche perché non fu messo in condizione di indagare sui due filoni di mafia e appalti aperti (e chiusi velocemente) in procura. 
Da mesi, il pool di Caltanissetta diretto da Salvatore De Luca cercava quelle bobine di Massa Carrara: i finanzieri del Gico, il gruppo antimafia del nucleo di polizia economico finanziaria, hanno fatto tante ricerche. E alla fine dell’estate, è emersa una traccia che portava a un vecchio archivio del palazzo di giustizia di Roma. Erano lì le intercettazioni liquidate con tanta fretta. «Lama fu fermato con una discutibile ispezione avviata dall’allora ministro della Giustizia Claudio Martelli», racconta il maresciallo Angeloni, che nei mesi scorsi è stato sentito come testimone dai magistrati nisseni e dalla commissione parlamentare antimafia. Quando gli diciamo che le sue intercettazioni (in 27 bobine) sono state ritrovate quasi si commuove: «Dobbiamo continuare a fare di tutto per dare giustizia a Paolo Borsellino — dice — io non mi arrendo» . Franco Angeloni non ha mai smesso di raccontare la sua storia, alla fine degli anni Novanta ha testimoniato anche davanti al tribunale di Palermo nel processo in cui i mafiosi Buscemi e i manager del Gruppo Ferruzzi sono stati condannati. «Non sapevo dov’erano finite le bobine e anche i brogliacci — spiega — ma non ho mai dimenticato quanto intercettato nel giugno 1991. Due ingegneri parlavano di persone che erano venute dalla Sicilia e di un summit, dicevano proprio così, un summit dove c’erano pretori o roba del genere e uno anche di Palermo». Ora, le bobine ritrovate verranno innanzitutto analizzate dai carabinieri del Ris, che trasferiranno il contenuto in alcuni file, poi gli investigatori del Gico si occuperanno delle trascrizioni. Intanto, si cercano ancora i brogliacci. Quante analogie con le intercettazioni disposte da Natoli a Palermo dopo l’input di Lama: i brogliacci sono scomparsi dal palazzo di giustizia e dalla caserma della Finanza. Sono i pezzi mancanti della storia della lotta alla mafia. Insieme all’agenda rossa di Paolo Borsellino, al diario di Giovanni Falcone, alle carte di Peppino Impastato, all’archivio di Carlo Alberto dalla Chiesa, agli appunti di Nino Agostino. C’è stato del metodo nel depistaggio: dopo l’azione dei sicari di Riina, sono arrivati sempre uomini infedeli delle istituzioni a cancellare le prove. 
Adesso, l’indagine di Caltanissetta si muove lungo un crinale parecchio delicato, perché sotto inchiesta sono finiti due simboli della lotta alla mafia, Natoli e Pignatone. Si ritrovano indagati di favoreggiamento a Cosa nostra: secondo la ricostruzione del pool composto dal procuratore aggiunto Pasquale Pacifico e dai sostituti Nadia Caruso, Claudia Pasciuti e Davide Spina, i due magistrati oggi in pensione sarebbero addirittura responsabili di aver tentato di distruggere bobine e brogliacci di intercettazioni che contenevano indicazioni importanti sul boss Franco Bonura, cognato e socio di Salvatore Buscemi: nel gennaio ‘ 92, Bonura venne ascoltato a Palermo mentre parlava di un gran favore fatto dal politico Ernesto Di Fresco. Qualche giorno dopo venne assolto dall’accusa di un duplice omicidio. 
Dice ancora Franco Angeloni: «Nelle nostre intercettazioni fatte su disposizione del dottore Lama c’erano davvero tanti spunti, anche sulla politica nazionale del tempo, che vedeva il partito socialista in una posizione preminente» . In quelle intercettazioni c’era l’assalto di Cosa nostra al gruppo Ferruzzi. «Falcone l’aveva compreso — dice il maresciallo Angeloni — quando dichiarò che la mafia era entrata in borsa stava indicando una strada ben precisa». 

La Repubblica Palermo, 29/9/2024

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