domenica, settembre 01, 2024

Grandi medici senza gloria: Tiberio, precursore della penicillina


Molto tempo prima della scoperta del Nobel Fleming, il ricercatore nativo di Campobasso aveva avuto le giuste intuizioni nel campo dell'antibiosi. Fu molto attivo durante il sisma di Messina

Adelfio Elio Cardinale

Nel 1945 il batteriologo Alexander Fleming, Alec per gli amici, - piccolo, viso arcigno, capelli bianchi, occhi color di piombo fuso, unassuming cioè di aspetto modesto come lo descrisse Indro Montanelli – vinse il Premio Nobel per la Medicina per la scoperta della penicillina. Pur senza infirmare il grande valore dell'opera di Fleming, è stato dimostrato con evidenza inoppugnabile, come un medico sperimentatore italiano sia stato un precursore nel campo degli studi sulla penicillina e le altre sostanze ad azione antibiotica: Vincenzo Tiberio.

Già nel 1946, sulla rivista «Minerva Medica» il professore Pietro Benigno, eminente farmacologo di fama internazionale, profondo studioso dei meccanismi d’azione dei chemioantibiotici, preside della Facoltà Medica di Palermo per 12 anni dal 1969, scrisse un articolo intitolato «Un precursore delle ricerche sugli antibiotici», descrivendo Tiberio come un oscuro ricercatore.

Vincenzo Tiberio nacque a Sepino, provincia di Campobasso nel 1869. Sposato con la cugina Teresa Amalia Graniero, ebbe tre figlie: Rosetta, Tommasina, Maria. Laureato in Medicina e Chirurgia nell'ateneo di Napoli nel 1893, divenne assistente alla cattedra di Igiene nel 1895, quando abbandonò la carriera universitaria per arruolarsi nella Regia Marina, per allontanarsi da un amore contrastato.

Durante gli studi universitari a Napoli, soggiorna ad Arzano. Si ritiene che proprio ad Arzano il Tiberio abbia avuto la prima intuizione nel campo dell'antibiosi, notando l'assenza di enterocoliti negli inquilini dell'abitazione, quando assumevano acqua prelevata dal pozzo le cui pareti erano contaminate da muffe, e la comparsa di tali patologie a seguito dell'ingestione di acqua prelevata dal pozzo ripulito dalle muffe.

Nella Regia Marina, a bordo di navi militari, fu a Creta e a Zanzibar; a Tobruk creò il primo ospedale italiano. Molto attivo durante il terremoto di Messina, fu premiato con menzione onorevole e diploma dal Re Vittorio Emanuele III. Imbarcato sulla nave ospedale Campania, per portare soccorso ai terremotati, all’arrivo – scrive nel diario: «…Messina appare come una città bombardata».

Il 7 gennaio 1915, all'età di 46 anni, a causa di un'influenza mal curata, fu colto da morte per collasso cardiaco. Per il giudizio unanime fu ricordato come uomo d’animo retto e generoso, d’indole riservata e modesta, orgoglioso di essere italiano.

Benigno, nell'articolo citato, prima di ripercorrere le osservazioni sperimentali del Tiberio, riconosce i meriti di scienziati noti, come Pasteur, attraverso le cui deduzioni era stato possibile descrivere il fenomeno dell'antagonismo microbico. Tali osservazioni non sono state verificate sperimentalmente, come invece ha fatto Tiberio. Benigno nel suo articolo scrive: «Ma le ricerche del Tiberio sono condotte con tale accuratezza di indagine, da meritare un posto fondamentale nella ricerca dei fattori antibiotici».

La scoperta di Fleming era dovuta a intuizione e serendipità, cioè spirito di osservazione che permette di notare cose che restano nascoste ad altri. La parola nasce da Serendippo, antico nome di Ceylon, dove tre figli del re Jafer, traggono conclusioni da curiose esperienze fortuite.

Fleming, nel 1946, affermò che molti batteriologi avrebbero notato alterazioni da muffe, ma senza particolare interesse per cui gli esperimenti furono abbandonati.

In polemica con quanto affermato da Fleming, Benigno è il primo studioso a recuperare il lavoro del Tiberio e a riproporlo all'attenzione della comunità scientifica.

Sembra doveroso far risaltare nella giusta luce la geniale intuizione e l’opera scientifica del dott. Vincenzo Tiberio, che formulò l'ipotesi avvalorata poi dai risultati delle ricerche sperimentali da lui condotte sia in vitro che in vivo, che alcune muffe liberassero sostanze capaci di inibire lo sviluppo dei batteri nonché di attivare la risposta allo stimolo nell'organismo infetto.

Nell'ambito di una più che meritata commemorazione appare obbligo tributare a Tiberio, il riconoscimento di essere stato un antesignano o, meglio, il fondatore della moderna era antibiotica, una pietra miliare che ha segnato l'inizio di tale periodo storico come, del resto, è oggi pressoché universalmente riconosciuto dai cultori della storia della medicina.

È, infatti, nel 1895 che Tiberio pubblica, sugli «Annali di Igiene Sperimentale», un lavoro dal titolo Sugli estratti di alcune muffe. La impressionante modernità dell'approccio metodologico sorprende ed affascina; il lavoro inizia con una lucida e consapevole introduzione nella quale vengono illustrate le basi teoriche e la natura delle problematiche affrontate.

La completezza dei temi di indagine è assolutamente predittiva: l'attività in vitro, l'efficacia terapeutica e l'effetto della risposta immunitaria dell'organismo, sono tutte problematiche ancora di estrema attualità dopo più di un secolo.

Per inciso l'anno 1895 è un anno mirabile per la scienza: Röntgen scoprì i raggi X, Freud dà inizio alla psicoanalisi e Tiberio comunica i primi studi sull'antibiosi.

Una riflessione. La scoperta di Tiberio era troppo avveniristica e, pertanto, passò inosservata nell'epoca in cui si verificò; l'uomo era quello giusto e il laboratorio era anch'esso giusto. Ma bisogna domandarsi cosa sarebbe avvenuto se il lavoro fosse stato pubblicato in tedesco, francese o inglese, lingue predominanti sulle più importanti riviste scientifiche dell'epoca.

Vincenzo Tiberio ebbe sempre alta considerazione per la ricerca scientifica, come testimonia il lascito del microscopio personale e di tutta la sua strumentazione di ricerca all'Istituto di Igiene dell'Università di Napoli, ove nel laboratorio è stata murata una lapide, ove è scritto: «…In questo istituto Tiberio eseguì le prime ricerche sugli antibiotici… perché gli allievi ricordino…».

Un antico proverbio afferma che si muore due volte. La prima fisicamente, la seconda quando l'ultimo uomo avrà parlato di te. E noi non vogliamo che Vincenzo Tiberio muoia una seconda volta.

GdS, 1 settembre 2024

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