venerdì, settembre 06, 2024

ANTONIO ALBANESE PREMIATO A VENEZIA: «I MAFIOSI? BESTIE IGNORANTI COME TOPI»

Da sinistra: il direttore di Famiglia Cristiana don Stefano Stimamiglio, Antonio Albanese e il presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo don Davide Milani.

EUGENIO ARCIDIACONO

Durante la Mostra del cinema, Antonio Albanese ha ricevuto il Premio Famiglia Cristiana. L’attore e regista ha affrontato temi seri, come la mafia nella serie I topi, raccontata con ironia per smitizzare il potere dei criminali. Ha poi parlato del suo film Cento domeniche, ispirato a storie vere di persone truffate dalle banche, e del suo rapporto con il teatro, la politica e i social, sottolineando l'importanza del silenzio e dell'intimità

Ha travolto tutti con la sua simpatia, Antonio Albanese, che ieri ha ricevuto all’interno della Mostra del cinema di Venezia il Premio Famiglia Cristiana. Anche quando ha parlato di argomenti serissimi come la lotta alla mafia: «Proprio perché i miei colleghi hanno affrontato questo tema con realismo in modo sublime, io, nella serie “I topi”, ho cercato di raccontarlo con ironia, mostrando alle giovani generazioni che i mafiosi sono delle bestie ignoranti, che gestiscono un potere immenso, ma poi trascorrono le loro vite sottoterra, come dei topi, appunto». 

La cerimonia di premiazione è stata officiata presso l’Italian Pavilion dal direttore del settimanale  Stefano Stimamiglio e dal Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo Davide Milani. 

Nel suo ultimo film da regista, Cento domeniche, ha raccontato il dramma di un uomo truffato dalla banca in cui aveva riposto tutta la sua fiducia. Ha incontrato delle vere vittime?

«Sì, l’ho presentato in un cinema davanti a persone che erano state davvero raggirate e quando le ho viste accanto a me non sono riuscito a dire una parola e sono scoppiato a piangere. Non voglio però demonizzare tutto il sistema bancario per colpa di qualche mela marcia».

Dopo un film così, pensa di tornare a farne altri da comico puro?

«Bisogna intendersi. Quando ho presentato Qualunquemente in Germania, durante la proiezione c’era un silenzio totale che mi preoccupava tantissimo. Alla fine c’è stato un applauso scrosciante e poi un tedesco mi ha detto: “E’ stato uno dei film più drammatici che io abbia visto”. E io sono d’accordo con lui».

A novembre tornerà in teatro a proporre i suoi storici personaggi. Visti i politici di oggi, Cetto La Qualunque è attualissimo…

«Cetto La Qualunque ormai rispetto a loro è un moderato. Almeno lui è onesto nella sua disonestà, non nasconde le cose».

Ci sarà anche qualche personaggio nuovo?

«Sì, sto lavorando a un personaggio legato alla religione. Un uomo confuso, con una gran voglia di pregare ma che ha un problema: non trova la posizione giusta. Voglio lavorarci con calma perché cerco sempre di non offendere nessuno».

Cosa pensa del successo della sua amica Paola Cortellesi?

«Paola ha fatto un film che sognava da tempo, con un bel gruppo di lavoro e al momento giusto. Se c’è un insegnamento da trarre è che bisogna fare attenzione a come si combinano i vari elementi di un progetto con il momento storico in cui farlo uscire. Il film di Paola colpisce al cuore in un momento preciso».

Che rapporto ha con i social?

«Una volta un tassista mi ha detto di essere d’accordo con sul mio ultimo post su Facebook. Ho scoperto così che c’era qualcuno che si spacciava per me che non ho nessun account. Che m’importa di avere diecimila “amici”? A me basta averne venti. Racconto un altro episodio. Qualche anno fa ho realizzato un sogno che avevo da bambino: andare alle cascate del Niagara. Mentre le guardavo estasiato, ho ricevuto un messaggio di un amico: “Che ci fai lì?”. Qualcuno, evidentemente molto seguito sui social, mi aveva visto e aveva fatto un video. Ci sono rimasto malissimo, perché quello doveva restare un momento solo mio. Credo che dobbiamo riscoprire il valore del silenzio e dell’intimità». 


Famiglia Cristiana, 05/09/2024

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