giovedì, agosto 08, 2024

Sansone, l’eterno ritorno dei soliti noti. Confisca da un milione per l’imprenditore che costruì il residence in cui abitava Totò Riina


Lui è in carcere per una condanna, allo Stato vanno un’azienda intestata al figlio e sei auto

Davide Ferrara

Sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per quattro anni e sei mesi e la confisca di un’azienda edile, la Sanedil Srl, nel territorio dell’Uditore, più sei automobili: valore, un milione di euro. Il settantaquattrenne boss di Cosa nostra Giuseppe Sansone, per adesso detenuto con l’accusa di associazione mafiosa al 41 bis, allunga il suo curriculum criminale, avviato con il primo arresto, avvenuto nel 1993, quando fu catturato Totò Riina e poi venne scoperto il suo covo: era in un residence di via Bernini costruito dagli imprenditori Sansone. Pino - appunto - e i fratelli Agostino e Salvatore.

Già sottoposto a numerosi processi e procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione, Sansone è considerato esponente di spicco della storica famiglia incastonata nel mandamento mafioso Passo di Rigano-Boccadifalco, uomo di estrema fiducia per i capimafia e adesso di nuovo in carcere dopo la condanna a 11 anni e 8 mesi nel processo New Connection. L’ulteriore tegola è arrivata con la confisca di alcuni beni, che Sansone aveva intestato al figlio Roberto: in mano allo Stato passano anche vari rapporti finanziari.

Il provvedimento, emesso dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale, è stato eseguito dagli investigatori dell’ufficio Misure di prevenzione patrimoniali della divisione Anticrimine della questura, che hanno condotto l’indagine. La società adesso confiscata era stata sequestrata nel febbraio dell’anno scorso: secondo le tesi degli inquirenti la società era stata costituita nel 2006 con la moglie, ma nel 2008 era stata trasferita al figlio Roberto, senza che questi avesse la disponibilità finanziaria per acquistare le quote. Riferimento, questo, al passaggio di proprietà dell’azienda, e punto fortemente contestato dall’avvocato Tommaso De Lisi, legale di Sansone figlio, che annuncia ricorso in appello: «Roberto Sansone - spiega l’avvocato - aveva la capacità patrimoniale per acquisire le quote dal padre. Abbiamo anche prodotto un’ampia documentazione che lo attesta. Che ovviamente sarà oggetto del ricorso che presenteremo in secondo grado».

Le misure erano state richieste in una proposta congiunta avanzata dalla Procura della Repubblica e dal questore Vito Maurizio Calvino e il sequestro, primo passaggio del procedimento, era stato eseguito dalla polizia. Centrali le intercettazioni, dalle quali sarebbe emerso che la gestione dei beni di fatto sarebbe rimasta a Sansone padre, che avrebbe procacciato i lavori, deciso l’acquisto delle attrezzature e l'assunzione di operai, oltre a curare i rapporti con clienti e fornitori dell’azienda. 

Pino, Agostino e Salvatore Sansone realizzarono il residence di via Bernini 52-54 in cui il capo di Cosa nostra trascorse l’ultimo periodo della sua latitanza prima di essere arrestato dai carabinieri del Ros, il 15 gennaio del 1993. Cattura che fu eseguita dopo che Riina era uscito proprio dal cancello del complesso di ville - alcune delle quali, allora e oggi, ancora incomplete - e dopo che era stato riconosciuto dal suo vecchio uomo di fiducia, Baldassare Di Maggio. Da lui il riconoscimento («Iddu è, o milli pi’ milli») che diede il via libero definitivo ai militari.

Riina era molto legato alla famiglia Sansone, tanto da nutrire un sentimento di grande fiducia nei confronti del boss del mandamento Passo di Rigano-Boccadifalco. Infatti, all’interno del covo del capo dei corleonesi, oggetto di scandalo per la mancata immediata perquisizione, nonostante la «ripulitura» furono poi trovati appunti manoscritti con riferimenti inequivocabili ai Sansone. Oggi, all’interno del complesso di abitazioni ci sono la stazione dei carabinieri Uditore, proprio in quello che fu il covo di Riina, e le sedi del Centro studi Paolo Borsellino e dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, tutte ospitate in beni confiscati alla famiglia dei Sansone.

GdS, 8 luglio 2024

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