mercoledì, agosto 07, 2024

LA MOSTRA IN PREPARAZIONE ALLA CGIL. L’opera di Silvio Benedetto che onora i morti sul lavoro: “Sono tutti poveri Cristi”

L’artista Silvio Benedetto mostra alcuni bozzetti dei quadri. Sotto iI Cristo realizzato dall’artista

di Paola Pottino

L’artista sudamericano a 86 anni, ed ha deciso di dedicare alle vittime un’esposizione che si aprirà il 30 agosto alla Cgil di Palermo: “La vita è impressionante. Possono ammazzare i bambini, eppure il sole sorge di continuo”. A Palermo negli anni ‘70 fece scalpore il Cristo realizzato dall’artista alto 33 metri a piazza Politeama. Ma per volontà dell’allora sindaco Ciancimino venne smontata 

Le pennellate scivolano sinuose per dare voce alla vita. Eppure, tra le sfumature quasi vellutate, dai colori assolati e vivaci, la morte, in tutta la sua atrocità, è schiaffata sulle tele. Come atroce è la morte che mette fine ai giorni di un lavoratore. L’artista Silvio Benedetto, 86 anni, nato e vissuto a Buenos Aires, ma di origine siciliana, tornato a vivere a Campobello di Licata, nell’Agrigentino, è seduto sulle poltroncine rosse di una sala della Cgil di Palermo, in via Meli. 

Conversa amabilmente, indossa un paio di occhiali da sole e un grande anello portafortuna che lui stesso ha realizzato e dal quale non si distacca mai. 


Tra le parole, che scorrono come un fiume in piena, parla della sua ultima opera, un omaggio ai morti sul lavoro, che dal 30 agosto fino al 15 ottobre sarà esposta su una parete,color salmone, della Camera del lavoro. Nell’opera, divisa in moduli, c’è un Cristo che, a ben guardarlo, è quello del Mantegna. E tutto nasce proprio da lì. «Quando per la prima volta ho visto il Cristo alla pinacoteca di Brera di Milano, sono rimasto estasiato per quanto fosse spirituale nella sua umanità. Una figura che va al di là dei soliti canoni religiosi con i quali fino allora era stata rappresentata. È per questo che ho deciso di realizzare il mio Cristo, ma accanto ho dipinto un altro pannello che lo rivisita, si tratta di un Cristo urlante che dice basta». 
È un operaio morto sul lavoro sul cui corpo martoriato piovono chiodi e martelli insieme alle sigarette e ai pennelli del pittore. Un Cristo che vuole reagire come si evince anche dai colori più forti impressi su una tela ruvida e sabbiosa, perché il dolore può anche essere espresso attraverso il tatto. « Il deposto è un operaio — conferma Benedetto — è un segno della mia partecipazione perché l’artista deve essere un uomo contemporaneo e deve sentire ciò che succede». 
Indipendentemente dalle tragedie che accadono nel mondo, la vita va comunque avanti ed esplode nella sua tragica bellezza. «La vita è impressionante — conferma l’artista — possono ammazzare i bambini, dovunque ci sono uccisioni e morti, eppure il sole continua a sorgere, nascono i fiori; contraddizioni terribili, ma reali. Per questo ho voluto dipingere un sole splendente mentre il povero operaio giace a terra morto a causa di un ponteggio crollato » . Tragedie senza tempo e senza spazio che succedono ovunque: in Argentina, in Africa come a Castedaccia, dove solo pochi mesi fa sono morti cinque operai.« La mostra sarà inaugurata il 30 agosto anche per ricordare i cinque giovani operai — sottolinea l’artista — che proprio il 30 agosto del 1989 persero la vita allo Stadio di Palermo». Sempre a Palermo, negli anni Settanta, fece scalpore il Cristo realizzato dall’artista, alto 33 metri, una figura sofferente con un corpo provato che venne installata, con regolari permessi, a piazza Politeama. Era il 24 dicembre e l’indomani la città si svegliò convinta di trovare il bambinello natalizio, ma per volontà dell’allora sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, che definì la scultura «blasfema», l’opera venne smantellata creando un vero e proprio vespaio di polemiche. Iniziò addirittura una raccolta firma a favore dell’installazione alla quale aderirono, tra gli altri, Dario Fo, Cesare Zavattini e Roberto Matta. 
Sudamericano per nascita, l’animo di Silvio Benedetto rimane profondamente siciliano. « Ricordo che non parlavo una parola d’italiano, eppure le prime parole che da bambino ho imparato le ho sentite dai miei nonni siciliani emigrati — racconta l’artista — Da mio nonno ho poi ereditato quel sentimento melanconico legato alla nostalgia che aveva per la sua terra. Un giorno mi chiese di accompagnarlo in Sicilia, lui poi fece ritorno, io mai più». 
Un’opera d’arte, per il pittore- scultore, è polisemantica ed èsempre il risultato di una compartecipazione tra l’artista e lo spettatore che, guardandola, la completa. Delle volte va bene, in altre la sintonia non si crea. A Campobello di Licata dove Benedetto vive insieme alla moglie Silvia Lotti, artista e scrittrice di origine ligure, negli anni Novanta ha dipinto 110 massi di travertino siciliano sul tema della Divina Commedia. “ La valle delle pietre dipinte” è un percorso unico nel suo genere che l’artista vuole preservare dall’incuria. Dopo anni di abbandono, sembra che adesso l’amministrazione comunale stia provvedendo al restauro. «Non vogliamo che si banalizzi — dice l’artista — né il “ dono” della montagna di Alcamo dalla quale i massi provengono, né lo sforzo di aver trasportato quei 110 massi sino a Campobello di Licata, né l’impegno caparbio di aver creato con essi l’itinerario dantesco utopisticamente a cielo aperto ». Per salvare l’opera sono intervenuti anche diversi esponenti del mondo della cultura come Dacia Maraini e Giuseppe Tornatore, «ma non solo, all’appello — spiega l’artista — hanno partecipato anche persone comuni, perché salvare la Divina Commedia è una battaglia culturale importantissima che deve essere condotta da tutti». 

La Repubblica Palermo, 7 agosto 2024

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