lunedì, agosto 19, 2024

IL PERSONAGGIO. L’ascesa di Riina junior, quei post da Corleone che parlano alla mafia


DI SALVO PALAZZOLO

La festa di nozze e i selfie sorridenti per tranquillizzare i clan di Palermo. Don Ciotti: “Messaggi precisi, la città di suo padre è ancora Cosa nostra”

PALERMO — Negli ultimi tempi, con una sequenza di selfie sorridenti su Instagram e Facebook, Salvo Riina, il rampollo del capo dei capi di Cosa nostra, sembra avere avviato una precisa strategia social: fare dimenticare il suo burrascoso passato. Una strategia a più livelli. 
Alla società civile e alle istituzioni dice che non è più il capomafia che voleva riorganizzare un clan, per questo nel 2008 ha finito di scontare una condanna a 8 anni. Ma con quei post il giovane Riina sembra parlare anche all’organizzazione mafiosa: ribadendo che la sua città resta Corleone, per giunta con residenza nella via Scorsone di suo padre e non in via Cesare Terranova, giudice ucciso dai boss, intitolazione voluta dai commissari prefettizi dopo lo scioglimento del Comune per mafia. 

La Corleone di un tempo è un simbolo perfetto per far dimenticare il burrascoso passato di cocainomane che nel 2017 fece crollare il mito criminale del rampollo di Totò Riina, all’epoca in cui era sorvegliato speciale a Padova. 
Adesso, anche l’immagine di Salvo Riina novello sposo, tutto casa e famiglia, sembra avere un duplice messaggio. Per la società civile e per quella criminale. A Corleone è tornato ormai da un anno e mezzo, come svelò Repubblica (quel giorno, vedendo arrivare il cronista davanti casa si arrabbiò: «Con lei non parlo — mise subito in chiaro — si è sempre comportato male con noi»), qualche giorno dopo ottenne pure la residenza nel paese dove vive la madre, Ninetta Bagarella. Però, di tanto in tanto, Salvo Riina parte. E non si sa cosa faccia. Adesso, lui ci informa sui social che è andato in Spagna, per sposarsi. Non dice, invece, che a Corleone ha fatto una festa riservatissima, chissà chi c’era. Per certo, in questi ultimi anni è stato anche a Malta, e forse pure in altri posti. D’altro canto, per la giustizia italiana, il rampollo del padrino delle stragi non ha più limiti e può andare dove vuole. Raccontano, invece, che un divieto l’avrebbe imposto qualcuno in Cosa nostra a Salvo Riina, di tornare a Palermo. 
Come invece accadeva all’inizio degli anni Duemila, così documentòl’inchiesta della squadra mobile coordinata dall’allora sostituto procuratore Maurizio de Lucia, oggi è il procuratore della repubblica di Palermo. All’epoca, il giovane Riina intratteneva una fitta rete di relazioni con il ventre molle della città, quella zona grigia di borghesia collusa sempre in cerca di nuovi affari. 
Morto Totò Riina, nel novembre 2017, la storia di Cosa nostra sembra cambiata radicalmente. Con il ritorno dei mafiosi perdenti di un tempo, con la creazione di nuove alleanze fra i clan, con il cambio di passodell’organizzazione: niente più gesti eclatanti, come quelli voluti dal vecchio Riina, ma più relazioni e più affari. Se qualcuno ha davvero vietato a Salvo Riina di farsi vedere troppo spesso a Palermo è un segnale chiarissimo in Cosa nostra. 
E così lui posta foto da Corleone. Per rassicurare, magari per recuperare credibilità. Anche se preferisce le foto scattate all’estero. Chissà, forse è lontano, molto lontano dalla Sicilia, il tesoro mai sequestrato dei boss Corleonesi. Il segreto più grande che il giovane Riina e le sue sorelle conservano. Ma, intanto, come passa le sue giornate a Corleone? Ufficialmente, come annota sui social, fa lo scrittore. Il suo “Riina family life” è il racconto di una gran bella famiglia: «Quello che sono diventato lo devo ai miei genitori che non mi hanno fatto mancare nulla», dice. 
Insomma, un libro pieno di silenzi e omissioni. Sul padre e pure sul fratello Giovanni, che sta scontando l’ergastolo per alcuni omicidi. Nel 2006, quando uscì il libro,Salvuccioaccettò di farsi intervistare nel salotto di “Porta a Porta”. E nessuno gli fece le domande che continuano a dargli fastidio. Quelle sulle parole che pronunciò quando stava riorganizzando la cosca, e non sospettava di essere intercettato. Diceva così: «Io vengo dalla scuola di Corleone. Oh, mio padre di Corleone è, mia madre di Corleone, che scuola posso avere? ». Poi, ancora: «Di uomini che hanno fatto la storia della Sicilia… linea dura, ne pagano le conseguenze, però sono stati uomini, alla fin fine. E io… sulla mia pelle brucia ancora di più». Ecco cos’è Corleone per Salvo Riina. Don Luigi Ciotti, il fondatore di Libera, avverte: «La frase su via Scorsone manda un messaggio preciso: Corleone è ancora Cosa nostra, le regole qui le facciamo noi». 
La Repubblica, 19/08/2024

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