venerdì, agosto 23, 2024

I turisti: città piena d’arte, perché questi oggetti? Stop ai souvenir di mafia, sì dei sindaci


Dopo l’ordinanza ad Agrigento, anche Lagalla a Palermo si dice pronto a fermare la vendita Stessa posizione anche a Marsala e Pozzallo. A Trapani ed Erice già scattato il divieto

Andrea D’Orazio

Alcuni la copierebbero subito, altri aspetterebbero, per capire prima se è il caso o no di emanarla, altri ancora, invece, si mostrano scettici al riguardo, mentre c’è chi derubrica il tutto ad operazione mediatica: per voce dei rispettivi sindaci, sono le reazioni che arrivano dai comuni siciliani a vocazione turistica davanti all’ordinanza del primo cittadino di Agrigento, Francesco Miccichè, che ha vietato la vendita dei “mafia souvenir”, tra magliette, calamite e altri gadget che evocano in qualche modo l’universo Cosa nostra. Si parte con il numero uno dell’amministrazione comunale del capoluogo, Roberto Lagalla, che apre all’iniziativa definendola «interessante e apprezzabile, ben al di là della semplice curiosità. Ho più volte affermato abbiamo fatto grandi passi in avanti per scrollarci di dosso il peso di una città che fosse solo

mafia e questo lo dobbiamo soprattutto ai risultati che, negli anni, hanno ottenuto magistratura e forze dell’ordine. Grazie a questi successi, la percezione di Palermo è cambiata in meglio e, al riguardo, porto un banale esempio, comunque emblematico: se prima i nostri luoghi erano scelti come set di film o fiction che avessero come unico tema quello della mafia, oggi sono diventati scenario di importanti produzioni cinematografiche, di più alto valore artistico e socio-culturale, anche di livello internazionale. Tuttavia, resto consapevole del fatto che la battaglia per vincere l’influenza della criminalità organizzata e per affermare una compiuta legalità sia ancora in corso e imponga l’impegno di tutti. Ecco perché forse è il tempo che l’iniziativa agrigentina possa essere replicata anche nel capoluogo, dove diventa sempre più necessario liberarsi di vecchi e superati stereotipi. Sul punto intendo prossimamente confrontarmi con l’assessore Forzinetti e con la Commissione Attività produttive del Consiglio comunale per trovare il percorso più idoneo, avanzando proposte condivise».

Sulla stessa lunghezza d’onda il sindaco di Marsala, Massimo Grillo, che plaude all’ordinanza, precisando, però, che «disposizioni come questa, che mirano ad arginare immagini negative della Sicilia, dovrebbero essere accompagnate da altre spinte, volte ad esaltare le bellezze della nostra terra, facendo rete tra i primi cittadini». Più netta la posizione della fascia tricolore di Cefalù, Daniele Tumminello, che condivide appieno il passo di Miccichè e si dice «pronto a valutarne il perimetro giuridico», perché «questi souvenir, dietro la maschera di noti film o del folklore, mettono in risalto modelli che non hanno nessun tipo di valore, né estetico né tantomeno morale». Plaude pure il primo cittadino di Pozzallo, Roberto Ammatuna, anche se al momento, nella località costiera del Ragusano, «da sempre vocata all’anti-mafia, di intraprendere un’ordinanza simile non se ne parla, semplicemente perché non ce n’è alcun bisogno: non esistono, infatti, esercenti che espongono gadget che ricordano, in qualsiasi modo, Cosa nostra. Se dovessi accorgermi personalmente o su segnalazione della presenza di questi oggetti, allora seguirei subito l’esempio di Agrigento».

La pensa così pure il sindaco di Favignana, Franceso Forgione, già presidente della Commissione parlamentare antimafia, «perché nella nostra isola di souvenir così non se vedono: qui ai turisti si vendono solo ricordi belli». Decisamente scettica, invece, la fascia tricolore di Ustica, Salvatore Militello, che giudica l’iniziativa agrigentina «più d’effetto mediatico che di sostanza, perché non è vietando la vendita di certi prodotti che si contrasta la “cultura” mafiosa. Certo, in gioco c’è anche il cattivo gusto, che però difficilmente sconfiggi a colpi di ordinanza. Io da tempo ne ho in mente una che vieta di entrare a torso nudo nei luoghi istituzionali, ma alla fine ci ripenso, anche perché sarebbe difficile da far rispettare». Non dissimile l’opinione del sindaco di Caltagirone, Fabio Roccuzzo, che non prova fastidio «per questi gadget, acquistati da molti turisti. Possono piacere o no, io non li amo e mi lasciano indifferenti. Ciò che invece mi indigna è una pervicace e resistente cultura mafiosa che al contrario passa inosservata tra le giovani generazioni. Penso sia mafioso ogni gesto che viola le regole democratiche e umili la meritocrazia: è questo che noi tutti dovremmo contrastare ogni giorno, con ogni gesto».

Quel che è certo, ne è sicuro il primo cittadino di Trapani, Giacomo Tranchida, «è che provvedimenti come quello agrigentino funzionano eccome. Io ne ho fatto uno identico per la mia città, e ancor prima per Erice: da allora non ho mai incontrato i “mafia souvenir” in giro. In questi giorni stiamo avendo un problema con un esercente, ma capirà presto che è meglio ritirare una calamita da 2,5 euro che beccare una multa da 250 euro». (*ADO*)

GdS, 23 agosto 2024

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I turisti: Città piena d’arte, perché questi oggetti?

Anna Cane

Palermo - Non si trovano facilmente rispetto a qualche anno fa ma alcuni negozietti del centro storico a Palermo ancora li hanno in vetrina tra i souvenir per i turisti che cercano qualcosa che ricordi il loro viaggio in Sicilia. I mafiusi, le statuette che riproducono il classico siciliano vestito di nero, con la coppola e la lupara, non sono più così ricercati ma di contro in vendita e in bella mostra ci sono oggetti che richiamano palesemente il tema mafioso come le tazze che per manicohanno il grilletto di una pistola o i grembiuli che riproducono l’immagine del Padrino. «Non ne abbiamo in grosse quantità – dicono i commercianti di corso Vittorio Emanuele – ma li teniamo perché anche se pochi, c’è ancora qualcuno che li chiede ancora. Diamo la possibilità di acquistarli, come tutte le altre cose».

Alcuni turisti si fanno fotografare tenendo in mano la tipica statuetta dei mafiosi, altri non ci pensano nemmeno. «È stato per tanti anni l’oggetto più acquistato dai turisti come regalo da portare ad amici e parenti – dice il palermitano Francesco D’Aguanno -. Ora per fortuna i turisti che apprezzano le bellezze della nostra città cercano altro come le teste di Moro, i simboli della Trinacria e i ventagli dalle fantasie floreali, tipiche siciliane».

Della stessa idea due turisti napoletani, appena arrivati a Palermo. «È una città splendida, piena di storia e di cultura – dicono Alfonso Vitiello e la moglie Lucia Marrazzo - e non può essere associata alla parola mafia. Non avremo il tempo di visitare tutte le bellezze di questa città e sicuramente ci torneremo. Abbiamo acquistato delle magliette per i nostri parenti ma ritraggono il mare e il sole della Sicilia». Enrico e Gabriele Alessi, padre e figlio, proprietari di un locale, proprio di fronte ad un negozio di souvenir, si dissociano apertamente contro quel tipo di oggetti. «La nostra città va ricordata e ammirata per molte cose. Basta con questa etichetta che ci hanno sempre attaccato addosso. Siamo persone per bene. Palermo e i palermitani meritano rispetto».

Tutto questo fa intendere che un’ordinanza come quella emessa dal sindaco di Agrigento, Francesco Miccichè, che vieta la vendita di oggetti e rappresentazioni rievocative della mafia e dei mafiosi, sarebbe accolta e messa in pratica, senza indugi, anche a Palermo.

«Se anche il sindaco Lagalla deciderà di vietarli dal commercio – dicono in coro i negozianti– nessuno sarà contrario. Quelli che sono in vetrina sono i pezzi invenduti di tanti anni fa, rimasti negli scatoli, che noi in passato abbiamo acquistato in stock. Ogni tanto ne tiriamo fuori qualcuno ma non hanno nessun appeal né sui siciliani né sui turisti». Nel locale accanto al negozio ci sono alcuni turisti toscani che vogliono dire la loro. «Questi oggetti mortificano una città così bella – dicono mentre stanno prendendo un gelato, seduti davanti allo splendore della Cattedrale -. Da anni lavorate per diffondere la cultura della legalità e ci state riuscendo. La mafia non può essere inneggiata né promossa, neanche sotto forma di scherzo e non è certo un’immagine come quella dei mafiosi che deve essere il simbolo della vostra città». (*Acan*)

GdS, 23 agosto 2024

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