domenica, agosto 18, 2024

CATANIA, STORIA E TRADIZIONE. La vera storia della doppia traslazione delle reliquie di Sant'Agata: ecco cosa si festeggia


Mariuccia Stelladoro
Il 17 agosto è una data carica di significato per Catania, una città che venera profondamente la sua santa patrona, Sant'Agata. In questo giorno si celebra, infatti, il ritorno delle sue reliquie da Costantinopoli, avvenuto nel 1126. Un evento noto come la "Seconda traslazione". Questo momento storico rappresenta un punto di svolta nella devozione catanese, consolidando il legame tra la santa e i suoi devoti. Mariuccia Stelladoro, docente di agiografia greco-latina, ripercorre la storia di questo evento che si ricorda con i festeggiamenti agostani


di MARIUCCIA STELLADORO

Esiste una tradizione sulla duplice traslazione delle reliquie di Agata:

 la prima, da Catania a Costantinopoli nel 1040 sotto Michele Paflagone;

 la seconda da Costantinopoli a Catania il 17 agosto del 1126 ad opera di Gisliberto e Goselino.

Il sepolcro di Agata in Catania pare che si trovasse nel suburbio Hybla Maior, località in cui, stando alle iscrizioni funerarie rinvenute, esistevano sepolcri cristiani.

Le reliquie della vergine e martire Agata dal 1040 al 1126 non si trovavano a Catania, come dimostrerebbe il silenzio al riguardo nei principali documenti del tempo e la lettera di Maurizio vescovo, secondo il quale il corpo di s. Agata era stato trafugato alla corte di Costantinopoli con «lodevole furto» e restituito a Catania.

 

CHI ERA IL VESCOVO MAURIZIO?

Il vescovo Maurizio (1122-1143/1144 ca) fu il successore di Ansgerio (1091-1122 ca), che era bretone di origine, e fu anche il secondo vescovo dopo la restaurazione dell’episcopato voluta dal conte Ruggero il Normanno. Con i Normanni, infatti, le rifondate chiese di Sicilia e di Calabria ritornarono sotto la dipendenza della Chiesa di Roma. Fu papa Urbano II, che aveva delegato lo stesso Ruggero, a nominare i vescovi di Sicilia.

L’epistola fu pubblicata per intero sia dal Gaetani che dal Bolland dopo Filoteo, che fu il primo, tra gli studiosi del Cinquecento di storie siciliane, a dare un breve resoconto della traslazione delle reliquie da Costantinopoli a Catania, attinto dalla «istoria della sua traslazione». Secondo tale racconto il vescovo Maurizio sarebbe stato direttamente coinvolto nella vicenda, dal momento che i due avventurieri, che a Costantinopoli avevano trafugato il corpo della santa, e cioè il francese Gisliberto e il calabrese Goselino, giunti a Catania, lo avrebbero consegnato proprio al vescovo Maurizio. Ottavio Gaetani pubblicò l’epistola assieme al resoconto dei miracoli del monaco Blandino, ed è un testo che si conservava fra i mss. che incrementavano il tesoro della Cattedrale di Catania e che in seguito furono dispersi a causa del terremoto del 1693. Tra gli scrittori siciliani che, dopo Filoteo, editarono tale l'epistola, oltre ad Ottavio Gaetani, ricordiamo anche Rocco Pirro.

Da tale epistola si desume che la traslazione a Costantinopoli sarebbe avvenuta, come si diceva, sotto Michele Paflagone, che inviò truppe in Sicilia per cacciare i Saraceni, che furono sconfitti a Messina, Rametta e Troina. Preso in ostaggio il generale Abd-Allah, Giorgio Maniace, che assieme all'ammiraglio Stefano guidava le truppe della madre patria orientale, avrebbe portato a Costantinopoli anche le reliquie di Agata. Ma, nel 1126, durante l’indizione IV, sotto il pontificato di Onorio II, sarebbe stato compiuto il furto delle reliquie di Agata a Costantinopoli e, attraverso Smirne, Corinto, Modone, Taranto e Messina sarebbero arrivate a Catania. Ma sulla duplice traslazione sono state fornite altre date dai seguenti studiosi:

-Filoteo (1006/1126),

-Fazello, (1004/1040),

     - Maurolico (822/1040).


Il testo di Maurizio Vescovo annota con precisione la cronologia della seconda traslazione delle reliquie di Agata, cioè quella del ritorno a Catania da Costantinopoli. Come si diceva, sotto il regno dell’imperatore Giovanni Comneno a Costantinopoli furono trafugate le reliquie della martire da parte di due soldati, che si trovavano a Costantinopoli forse al seguito dell’esercito del Maniace:

1. Gisliberto, francese;

2. Goselino, di Calabria,

Tale fatto avvenne nel 1126, indizione quarta, kal. XVI septembris (data che corrisponde al 17 agosto) sotto il regno di Ruggero in Sicilia e durante il pontificato di Onorio II, che da poco era subentrato a papa Callisto II, morto nel 1125 ca.

I due soldati, Gisliberto e Goselino, dopo essere stati ispirati dalla stessa martire, avendone richiesto la sua vigile protezione, durante la notte trafugarono le sacre reliquie e le trasportarono tranquillamente a Catania seguendo tale itinerario marittimo:

✓ la loro prima tappa fu Smirne, che costituiva lo sbocco naturale dell’Asia, e qui rimasero quattro giorni durante i quali si verificò un terremoto;

✓ le altre tappe successive furono:

a. Corinto,

b. Metone,

c. Taranto. Qui sarebbe avvenuto il tanto discusso miracolo della mammella della martire, che non tutti i documenti tramandano: si tratta di un’interpolazione? Infatti, il codice magliabechiano in volgare, della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e pubblicato dalla Naselli, ometteva tale episodio. Invece, il codice cartaceo dell’Archivio Capitolare della Cattedrale di Catania lo espone ma solo in parte. Si è pensato pertanto ad un’interpolazione del sec. XIV.

Ecco cosa sarebbe avvenuto: accanto ad una fontana una bambina trovò la mammella della martire e istintivamente l’avvicinò alla bocca succhiandola ma non riuscì più a staccarsene. Stupita e spaventata da tale prodigioso evento, la madre corse dal vescovo del luogo al quale raccontò il fatto. Egli si recò sul posto dove constatò ciò che la madre gli aveva riferito. Così, assieme al popolo, radunato in processione, il vescovo recitò le litanie dei santi, ma appena giunse all’invocazione di Agata, miracolosamente la bambina riuscì a staccare le labbra dalla reliquia. Proprio in seguito a tale episodio, la preziosa reliquia della mammella della vergine e martire Agata rimase a Taranto.

✓ La loro prossima tappa fu Messina, che nell’Historia Translationis è elogiata.

✓ La tappa successiva fu Catania, dove Gisliberto svelò al vescovo Maurizio il trafugamento delle reliquie della martire a Costantinopoli:

 Ad Agosto il vescovo si trovava ad Aci, nel castello che il Conte Ruggero gli aveva concesso con il privilegio del 1091.

 Saputa la notizia, Maurizio mandò i due monaci Luca ed Eldomano a Messina, assieme a Gisliberto e gli riportarono le reliquie della martire.

 Recatosi da Aci a Catania, il vescovo Maurizio comunicò al popolo la felice notizia e ordinò agli abitanti di Catania di andare incontro alle preziose reliquie a piedi nudi e in bianche vesti.

 L’ingresso delle reliquie a Catania è accompagnato da prodigiosi eventi miracolistici, tra cui:

  • una donna fu guarita dalla cecità;
  • un’altra di nome Cosentina, fu liberata dalla possessione del demonio;
  • un muto riacquistò la voce, ecc. Chi fu il continuatore dell’Historia Translationis?

Il monaco Blandino la continuò, iniziando il suo lavoro proprio là dove era stato interrotto dal vescovo Maurizio, cioè: l’esposizione della fama dei miracoli operati dalle reliquie della martire, che richiamava continuamente in pellegrinaggio molti devoti al suo santuario. Blandino ricorda pure che l’anno successivo alla traslazione e cioè nel 1127, si abbatté in Sicilia una scorreria proveniente dalla Spagna e tentava di occupare Catania ma la città fu protetta dalle reliquie della martire e non fu espugnata. La scorreria si diresse allora a Siracusa, devastandola. Seguono esposizioni di miracoli su ossessi e un accenno al vescovo Yvenus, successore di Maurizio.

Per commemorare la traslazione il vescovo avrebbe istituito pure una festa annuale per celebrare nella città il ritorno delle reliquie di Agata da Costantinopoli a Catania e ne avrebbe scritto anche l’Ufficium liturgico, elargendo ai pellegrini particolari privilegi nel giorno dell’anniversario di questo avvenimento.

L’epistola di Maurizio vescovo è un prezioso documento che testimonia l’irradiarsi della fama dei miracoli della santa e delle sue reliquie. Ciò rendeva sacro pure il luogo che le custodiva. Il controllo delle reliquie consentiva la gestione di forme devozionali e cultuali come strumento di aggregazione politica, sociale, economica e non solo religiosa e, mentre ne garantiva la genuinità, ne assicurava altresì la devozione sulla loro capacità di operare miracoli.

Con il rientro delle reliquie della vergine e martire Agata, a Catania c’era una corale          partecipazione di devoti. I pellegrini accorrevano al suo santuario da ogni parte per venerarne il sepolcro e riceverne grazie.

Maurizio vescovo ha pure esposto le vicende del trafugamento con ricchezza di particolari e con profonda erudizione geografica nella descrizione dei luoghi, con conoscenza storica e con la rievocazione delle imprese di Giorgio Maniace.

È pure testimoniata la pia devozione popolare nei suoi miracoli:

• la bambina, che sugge la mammella della santa, rinvenuta presso la fontana, con tanta forza da non riuscire più a staccarsene;

• la cieca che riacquista la vista e l’uso delle membra,

• l’ossessa liberata dal maligno,

• il muto che riacquista la parola,

• il miracolo verso il conte Enrico, identificato con Enrico Aleramico, fratello di Adelasia e marito di Flandina, figlia di Ruggero I, il quale aveva ritenuto assai esoso e avaro il clero di Catania e che poi si era ricreduto.  

 

FONTE: DELLA SECONDA TRASLAZIONE

IL DOCUMENTO HISTORIA TRANSLATIONIS (= Il RITORNO DELLE RELIQUIE DA COSTANTINOPOLI A CATANIA)

Il documento della seconda traslazione (=Historia translationis ovvero Storia della traslazione) delle reliquie di Agata da Costantinopoli a Catania, si suole dividere nelle seguenti tre parti, che furono raggruppate in un solo Corpus:

1. il documento del vescovo Maurizio, contenente:

- l’Epistola, che ne costituisce il proemio;

- il racconto della traslazione da Costantinopoli a Catania;

- l’assoluzione del vescovo Maurizio per i pellegrini al sepolcro di Agata.

2. la narrazione dei miracoli scritti dal monaco Blandino;

3. un altro miracolo (aggiunto forse dallo stesso Blandino?).

Un’attenzione particolare merita la cronologia degli avvenimenti esposti:

- il vescovo Maurizio espone avvenimenti accaduti durante il viaggio o al ritorno delle reliquie a Catania;

- il monaco Blandino espone avvenimenti accaduti fino al 1141;

- esposizione del miracolo conclusivo (risale sempre a Blandino?), che menziona il vescovo Yvenus (1140/1141-1145), successore di Maurizio. Per amore di completezza ricordiamo che il nome del successore di Maurizio vescovo pare oscillare tra Iveno, Ivanus, Yvain, Yvenus ma che per un’errata interpretazione pare sia stato letto Giovanni (Eveno è il nome che spesso ricorre fra gli studiosi di storia locale d’età moderna).

Quando fu compilato definitivamente il documento in cui le tre parti furono raggruppate?

Pare che non sia:

- anteriore al 1155, dal momento che il corpus contiene un riferimento al vescovo Yvenus,

- posteriore al 1169, anno del disastroso terremoto che distrusse Catania, poiché non menziona questo luttuoso evento.

Chi fu il compilatore del documento? Forse un monaco del monastero agatino? O, forse, lo stesso Blandino?Ma, anche la volgarizzazione, contenuta nel codice della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, pubblicato dalla Naselli, risulta manchevole, come si diceva, sia dei versus sia del famosissimo miracolo della mammella, accaduto a Taranto (o Gallipoli?). Si tratta di un’omissione volontaria del volgarizzatore? Oppure queste parti mancavano realmente nell’antigrafo? Inoltre, a chi è imputabile la divisione in dodici capitoli del codice in volgare? Al volgarizzatore o al copista? Oppure era nell’originale, da cui sarebbe stata mutuata? E ancora: si può parlare di interpolazioni? E, in questo caso, quando e perché sarebbero avvenute? È giusto farle risalire al sec. XV, come sosteneva Naselli, oppure si dovrebbero collocare non prima del 1455 e non dopo il 1169, come sosteneva, invece, Scalia? Quest’ultimo individuava tre famiglie (=A, B, C) di codici sulla seconda traslazione delle reliquie di Agata (=quella del loro ritorno a Catania):

✓ una prima famiglia, rappresentata dall’originale, conservato, un tempo, nella Cattedrale e ora perduto (A), da cui avrebbero mutuato il Gaetani, il De Grossis e il Pirri, come si desume dalle affinità fra i tre studiosi;

✓ la famiglia del corpus (B) ora perduto e che conteneva le tre parti, sopra ricordate, e da cui sarebbero derivate le due copie contenute nei due codici, sopra segnalati e cioè il codice cartaceo del sec. XV e quello membranaceo del sec. XVIin, contenente gli Uffici, di cui sopra;

✓ infine, la volgarizzazione, anteriore al sec. XV, contenuta nel codice della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (C), editato dalla Naselli.

 L’Historia Translationis, l’opera che tramanda il rientro a Catania delle reliquie della vergine e martire Agata, è costituita:

 dall’epistola del vescovo Maurizio,

 dall’esposizione dei miracoli della martire del monaco Blandino.

Nella sua epistola, che apre l’Historia, Maurizio tesse un elogio storico-geografico della Sicilia, facendo riferimenti:

✓ alla vita di s. Filareto,

✓ alla descrizione di Catania nell’orazione di Pietro Siculo,

✓ alla descrizione di Palermo nell’opera di Ugo Falcando.

Dopo avere ricordato l’affinità fra il testo mauriziano e quello di Orderico Vitale, si sofferma sul titolo di esarca dato al Maniace, puntualizzando sui suoi pieni poteri militari quindi descrive l’impresa dell’esarca Giorgio Maniace in Sicilia, dove era stato inviato da Michele Paflagone.

QUALCHE CENNO SULLA PRIMA TRASLAZIONI DELLE RELIQUIE:

 DA CATANIA A COSTANTINOPOLI (1040)

Giorgio Maniace, ammiraglio bizantino, nel 1040, mentre si trovava in Sicilia per combattere contro i Saraceni, portò a Costantinopoli le reliquie di Agata e quelle di altri santi. Qui, quelle di Agata rimasero 86 anni, cioè fino al 1126, anno in cui, smembrate in vari pezzi, furono restituite a Catania dove sono custodite, in otto preziosi reliquiari in argento, nel Duomo che Ruggero I il Normanno fece erigere nel 1094 insieme ad un monastero benedettino ivi annesso. Quindi, dal 1040 al 1126 le reliquie della martire non erano a Catania ma a Costantinopoli, portatevi             da Giorgio Maniace.

Cosa succedeva in quegli anni in Sicilia?

Per porre fine al problema della presenza dei Saraceni in Sicilia, a Costantinopoli fu deciso di inviare nell’Isola il patrizio Giorgio Maniace con un esercito e con una flotta. Si verificarono quindi vari eventi bellici di notevole rilevanza, tra cui:

✓ l’uccisione fraudolenta del toparca di Sicilia al-Akhal e la caduta dell’isola nelle mani del tiranno jAbd Allâh;

✓ l’arrivo del corpo di spedizione bizantino in Italia e il traghettamento a Reggio;

✓ la battaglia campale e decisiva fra Africani e Bizantini a Troina nel 1040, che si concluse con la vittoria dei Bizantini e con la conseguente liberazione dell’Isola.

In seguito al fallimento della spedizione di Maniace, in Sicilia si verificava una rapida e graduale liquidazione della dominazione bizantina nell’Italia meridionale ad opera dei Normanni. Agli ordini di Maniace, al tempo della spedizione siciliana, aveva militato un drappello di cinquecento cavalieri normanni sotto la guida del milanese Arduino, compresi i figli di Tancredi di  Altavilla, Guglielmo Braccio di Ferro e Drogone, ceduti dal principe longobardo di Salerno, Guaimario V, all’esercito bizantino per contribuire all’impresa. Dopo la battaglia di Troina, Arduino veniva in urto con i Bizantini a proposito della spartizione del bottino o del pagamento del soldo. Ne seguiva un momento di crisi e il richiamo del Maniace a Costantinopoli. Così nel 1041 i Normanni inflissero ben tre sconfitte alle ormai esigue forze bizantine:

- a Venosa (Potenza, battaglia di Olivento: 17/03/1041),

- a Montemaggiore (nell’Apulia, battaglia del 04/05/1041)

- a Montepeloso (oggi Irsinia, battaglia del 03/09/1041)

Queste tre vittorie permisero ai Normanni di insediarsi stabilmente a Melfi, che sarebbe divenuta la base della loro rapida espansione in Italia meridionale e in Sicilia.

Per amore di completezza ricordiamo che:

✓ per Leone Marsicano la traslazione costantinopolitana del corpo di Agata (ma anche di quello di Lucia) sarebbe avvenuta al momento dell’effimera riconquista della Sicilia ad opera di Giorgio Maniace (1030-1040);

✓ per Andrea Dandolo essa andava retrodatata al regno congiunto di Basilio II e di Costantino VIII (976-1025), cioè al tempo della sfortunata spedizione di Oreste (1025).

Per la Cracco Ruggini il culto costantinopolitano di Agata, in onore della quale esistevano già nel sec. IX due chiese, «ove in seguito si usò addirittura festeggiare il preteso trasferimento delle reliquie di Agata da Costantinopoli a Catania il 18 luglio», sembra tuttavia legato alla sua persona.

Ma, con questa affermazione non si nega, forse, l'autenticità dell'epistola di Maurizio, secondo vescovo normanno di Catania sulla traslazione del corpo di Agata da Costantinopoli a Catania?

 

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