sabato, luglio 20, 2024

Macron e la strategia del Gattopardo. Così il presidente "narcotizza" il voto

Emmanuel Macron


GIGI RIVA scrittore

Emmanuel Macron da presidente Giove a Gattopardo: tutto cambia perché nulla cambi. La rivoluzione delle elezioni europee e delle legislative seguenti narcotizzata e mutata in restaurazione (almeno per ora), grazie a sofisticate tattiche e artifizi procedurali.

La montagna ha partorito il topolino. Il governo di Gabriel Attal, dimissionario, resta in carica per gli affari correnti, il che significa almeno sino a fine Olimpiadi se non successive Paraolimpiadi. Se ne riparla verso settembre. 

Ma il fatto che l'esecutivo sia dimissionario ha permesso a 17 ministri-deputati di votare per la presidenza dell'Assemblea nazionale e confermare sulla poltrona la centrista Yael Braun-Pivet che ha avuto 220 preferenze, 13 in più del candidato unico del Nuovo Fronte Popolare, il comunista André Chassaigne, grazie anche al soccorso portato dalla destra ex gollista. La sinistra beffata minaccia un ricorso alla Corte Costituzionale perché chiarisca se i ministri potessero o meno partecipare al voto.

Traendo le somme. 

Il Rassemblement national, l'estrema destra di Marine Le Pen, aveva giganteggiato al primo turno e sembrava dovesse sbaragliare la concorrenza anche al secondo, prendendosi palazzo Matignon la sede del governo. L'accordo tra la sinistra riunita e il centro per una desistenza che bloccasse Marine alle soglie del potere ha prodotto il risultato voluto grazie al contributo decisivo del Fronte, primo per consistenza di deputati. In numero assoluti: estrema destra 10 milioni e 109 mila; sinistra (tra estrema e moderata) 7 milioni e 4 mila; centro 6 milioni e 313 mila. 

Ma finisce che la terza forza, dopo essersi appoggiata sul lato mancino per restare in piedi, faccia l'asso pigliatutto adottando la politica dei due forni e mercanteggiando con la destra moderata la divisione degli scranni migliori all'Assemblea.

Bipolarismo estremo

Tutto perfettamente legittimo, ovviamente, ma che lascia il retrogusto di un tradimento della volontà popolare chiaramente espressasi per un bipolarismo spostato sulle estreme e che ha bocciato il campo dell'inquilino dell'Eliseo sia alle europee sia alle legislative.

Perché le vittorie di Emmanuel Macron il Tattico diventino trionfo manca il terzo atto, la formazione di un governo che escluda da una parte il Rassemblement National e dall'altra la France Insoumise, l'ala più radicale della sinistra capeggiata dal tribuno Jean-Luc Mélenchon. È l'operazione più complicata. Per raggiungere la maggioranza all'Assemblea nazionale, il numero magico è 289, non basta sommare a Ensemble, il raggruppamento dei centristi (150 seggi), i 39 di Les Républicains (gli ex gollisti), bisognerà aggiungere almeno i socialisti (65), gli ecologisti (35) e magari per essere sicuri anche i comunisti (9), frantumando il Fronte popolare e isolando all'opposizione Mélenchon. Praticamente un governo di coalizione che non ha precedenti nella Quinta Repubblica, una grande ammucchiata che esclude solo le corposissime ali. 

Oppure optare per un esecutivo di minoranza che vada di volta in volta, legge per legge, a cercarsi una maggioranza con chi ci sta a seconda dei provvedimenti.

In ogni caso è scontato pronosticare una rissosità inedita nella Francia che ha sempre menato vanto del suo sistema elettorale garante della governabilità e che si è impantanato a causa di una consultazione dalla quale sono emersi tre blocchi, seppur a intensità variabile, invece dei canonici due.

Macron è atteso da tre anni di difficile permanenza all'Eliseo con un'Assemblea nazionale di caotica gestione. E in vista della resa dei conti alle presidenziali. Per ora, godiamoci i Giochi olimpici.

Gigi Riva

scrittore

Domani.it, 20/7/2024

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