venerdì, luglio 12, 2024

Bersani: “La sinistra c’è e i giovani sono tornati. Lanciamo i comitati per l’alternativa”


Pierluigi Bersani, la sinistra si sta risvegliando?
«Sì, se si mettono in fila le ultime elezioni, in Europa e in Italia. Ma come disse Churchill dopo El Alamein: “Non è l’inizio della fine, è la fine dell’inizio”». 
Lei ha girato l’Italia. Cosa ha notato? 
«Sono tornati i giovani. E se i giovani si muovono anche i vecchi danno più volentieri una mano. E poi comincia a farsi notare un effetto Schlein». 
In cosa consiste l’effetto Schlein? 
«Elly è il frutto di un salto generazionale, un po’ come avvenne negli anni Sessanta quando io ero ragazzo. Ha capito che bisogna coniugare diritti civili e sociali, ma tenendo insieme le generazioni. Ed è testardamente unitaria». 
Altrimenti non si vince contro questa destra? 
«Quelli che pensano che bisogna marciare divisi per colpire uniti quando si volteranno indietro rischiano di non trovare più nessuno». 
Lei da dove comincerebbe? 
«Da una dichiarazione». 
Da una dichiarazione? 
«Sì, le forze che vogliono rovesciare la destra siglino un patto con chi ci sta. Lo rendano esplicito. 
Costituiscano dei comitati per l’alternativa, mettendosi gambe in spalle a girare il Paese. Non è una questione solo politica, è molto di più. È un’urgenza civica e morale». 
Ma le forze del centrosinistra sono divise. 
«Se si vuole cambiare bisogna volerlo. Partendo da quel che unisce, rendendo compatibile quel che differenzia». 
E cosa unisce le forze democratiche? 
«Tutti citano la norma transitoria che vieta la ricostituzione del Partito fascista, ma quella arriva in fondo alla Costituzione. Basta cominciare dai primi articoli, quelli che parlano di eguaglianza, unità, salute come diritto irrinunciabile, fiscalità progressiva, disciplina e onore nelle funzioni pubblico, equilibrio dei poteri. Non sono tutti valori antifascisti?» 
Si parte con chi ci sta? 
«Se si parte sono sicuro che poi si mette in moto un meccanismo virtuoso: le energie nella società ci sono. Ma va fatto adesso». 
I giovani l’ascoltano. Come lo spiega? 
«Sarà che sono nonno. Anch’io da ragazzo accorrevo quando arriva Bulov, il partigiano». 
Come li vede i nostri ragazzi? 
«Non è vero che i ragazzi sono disinteressati. Al contrario. Hanno in testa i grandi interrogativi dell’umanità: pace, diritti, clima, migrazioni, questione femminile». 
Grandi valori, ma nessun partito. 
«Sì, poi non sanno su quale carro caricare i loro ideali. E questo genera una situazione d’impotenza». 
I partiti sono troppo poco attraenti per un giovane. 
«Perciò devono tornare ad esercitare una guida. Essere solidi. La società vuole discutere, ma poi chiede che qualcuno la porti daqualche parte». 
Il partito-guida? 
«Un partito che sappia fare sintesi delle istanze. Dopo Tangentopoli si era detto che i partiti dovevano aderire completamente alla società, anche questo tempo è finito». 
Come si rende un partito più solido? 
«Ricominciando dal finanziamento pubblico e ridando valore al ruolo degli iscritti. Poi servono organismi dirigenti non pletorici. E un dialogo strutturato con soggetti associativi e della società civile, che possano essere certi sia della loro autonomia sia della possibilità di concorrere alle decisioni». 
Cosa ci insegna la Francia? 
«Non credo che le desistenze siano state solo un fatto puramentedifensivo. C’è gente di estrema sinistra che ha dovuto votare per Elisabeth Borne, la madre dell’odiatissima riforma delle pensioni». 
C’era un interesse superiore. 
«Ma io non posso pensare che tutta quella gente abbia mandato giù il rospo solo per sbarrare una tantumil passo alla Le Pen. No, l’ha fatto perché chiede che le forze democratiche facciano 31 dopo aver fatto 30». 
Cosa consiglierebbe alla sinistra francese? 
«Di mettere l’orecchio sul popolo». 
L’elefante nella stanza è Mélenchon. 
«Mélenchon sarà un tribuno, ma i suoi voti non si possono escludere. 
L’appello alla desistenza è venuto soprattutto da lì. Il 67 per cento di votanti lo si è raggiunto perché sono tornati alle urne gli ultimi delle rivendicazioni sociali, i giovani senza patria». 
Lo ha detto lei: è un tribuno. 
«Sì, ma il riformismo non va praticato in astratto. È una cosa viva: la radicalità scevra di demagogia è il riformismo che ci vuole». 
TeleMeloni le sembra lo specchio della destra? 
«Sì, però la propaganda ha poi le gambe corte. Giorgia Meloni doveva unificare le destre europee e condizionare la Commissione, e ora invece si ritrova ai margini di tutto». 
Cosa ci rivela il caso Rai News? 
«Che sono fermi sulle gambe. Non hanno capito che quando governi governi per tutti, i cittadini sono tutti figli tuoi». 
Qui invece? 
«Prevale l’istinto della rivincita. Il revanscismo. Ma la Rai con queste logiche finirà per andare a sbattere». 

La Repubblica, 12 luglio 2024

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