martedì, giugno 18, 2024

L’ANNIVERSARIO. La lezione di Dolci. Libri, mostre e concerti per celebrare i 100 anni


di 
Salvatore Ferlita

La nostra è un’epoca di commemorazioni, di riletture, di ritorni: adesso tocca a Danilo Dolci. Manca poco al centenario della nascita ( 24 giugno 1924) di uno dei pensatori più influenti della nonviolenza e della lotta tenace contro lo sfruttamento, la povertà, a favore dell’emancipazione del Sud. Ma mai come in questo frangente, in realtà, le parole e, soprattutto, le azioni del Gandhi italiano assurgono a necessario, impellente paradigma. 
Se un anniversario può farsi in tal senso galeotto, allora ben vengano le celebrazioni e i rituali organizzati dal Borgo Danilo Dolci, in sinergia con l’associazione “Nuovo futuro”, il Centro per lo sviluppo creativo, sempre a Dolci intitolato, e l’Università di Palermo: mercoledì 26 sarà dato fuoco alle polveri per evocare l’educatore e attivista venuto dal Nord per rivoluzionare la Sicilia occidentale.

Sono previsti convegni, seminari, presentazioni di libri, concerti ( nel conservatorio Scarlatti il 26 si esibirà Giovanni Sollima), spettacoli ( come quello di Moni Ovadia dedicato agli ebrei e agli zingari), laboratori, sparsi tra Palermo e Trappeto. Un vero e proprio festival che si annuncia come un’occasione imperdibile per esplorare o riscoprire il messaggio di Dolci, talmente attuale da risultare a tratti inquietante. 
«Quello di papà – racconta Amico Dolci – è un centenario dilatato. Abbiamo iniziato a settembre dello scorso anno con le scuole e andremo avanti per tutto il 2025 e oltre. La carrellata di eventi che a breve avrà inizio è solo un’overture: tra fine luglio e i primi giorni di agosto Danilo Dolci sarà ricordato a Gibellina, ma le nostre iniziative troveranno poi un’ampia cassa di risonanza nel resto d’Italia. A settembre e a ottobre ci sposteremo al Nord, ma arrivano segnali anche dall’estero. Di recente una tesi di laurea ha preso in esame l’attenzione sul Centro studi da parte dei Paesi europei. C’è veramente da meravigliarsi, se si pensa a tanta disattenzione locale». 
Molte le iniziative editoriali che danno la misura di un’attività vastissima, capillare, che incrocia diverse urgenze contemporanee (l’abbandono degli ultimi della Terra, la sottomissione alla prepotenza delle mafie, l’omertà delle istituzioni), a tal punto da far venire il sospetto che Dolci avesse pure preconizzato le stigmate del nostro tempo. 
È appena uscito il volume “Danilo Dolci. Una rivoluzione non violenta” per i tipi di Altraeconomia, a cura dell’infaticabile Giuseppe Barone, esperto nel campo dell’educazione alla pace, massimo esperto della lezione di Dolci, cui si deve un libro fondamentale come “La forza della nonviolenza”, che sta per tornare in libreria (Libreria Dante & Descartes): questa terza edizione sarà arricchita dai contributi di Mario Luzi, Viola Ardone e Gaspare Giudice. Davvero impressiona non solo la vastità degli interventi dedicati nel tempo all’autore di “Banditi a Partinico”, ma soprattutto lo spessore di tanti che nel tempo incontrarono Dolci rimanendone folgorati (la personalità del sociologo triestino era imperiosa e totalizzante: aspetto, questo, che gli procacciò anche antipatie e e prese di distanza). Basterebbe qui evocare il nome di Erich Fromm, il quale una volta ebbe a scrivere: «Se la maggioranza degli individui non fosse così cieca davanti alla vera grandezza, Dolci sarebbe ancora più noto di quello che è». Ne è convinto anche il figlio: «Perché Danilo Dolci non si trova nei libri di testo? Me lo chiedo in continuazione: e dire che la scuola è un’istituzione nata per ascoltare i bambini e i ragazzi, oltre che per indottrinarli, rimpinzarli di nozioni, come avviene nella maggior parte dei casi. Quando incontro i ragazzi nei vari istituti che ospitano le nostre iniziative mi accorgo della presa che la parola e l’esempio di papà hanno su di loro. E si meravigliano pure gli insegnanti, quando assistono ai nostri laboratori. Se solo prestassero più attenzione nei confronti dei bisogni dei loro allievi… Per questo motivo trovo assai opportuno il titolo di un libro che è in uscita con Navarra, “Ci hanno nascosto Danilo Dolci”, di Giuseppe Maurizio Piscopo. Il quale sostiene giustamente che Dolci debba ritornare tra i bambini, tra gli studenti». Il volume in questione sarà corredato da alcune foto di Melo Minnella e di Peppino Leone, correlativi oggettivi di una Sicilia lontanissima, ma solo in apparenza. E sempre a Dolci è ispirata la mostra che verrà inaugurata giovedì 20 nell’atrio della Pontificia Facoltà Teologica in via Vittorio Emanuele, a cura di Valentina Di Miceli. A fine mese rivedranno la luce i “Racconti siciliani” di Dolci, nella collana La memoria di Sellerio: oltre alle pagine proemiali di Carlo Levi e la postfazione di Barone, il volume allineerà un intervento di Franco Lorenzoni, uno degli ultimi maestri ribelli della nostra contemporaneità. A ottobre Mesogea pubblicherà una nuova edizione de “ Il Dio delle zecche” (1976), sempre a cura di Barone: «Si tratta di uno dei volumi di versi più importanti di papà – spiega Amico – ricordo con precisione i seminari sulla poesia e le performance organizzate in giro per l’Italia» . Come racconterà Mario Luzi, Dolci era convinto, un po’ come i surrealisti, che davvero la poesia potesse esser fatta da tutti, «parte da tutti ed è di tutti». 
Per i tipi di Dante & Descartes uscità, infine, il carteggio tra Dolci e Tommaso Fiore, uno degli scrittori più rappresentativi della letteratura meridionale. Fiore sposa immediatamente la causa di Dolci, come si legge in una lettera del 30 gennaio 1956: «Dicevo stasera a Franco Laterza che bisogna costruire anche qui un comitato per te, cioè per sostenere l’opera tua». 
La Repubblica Palermo, 18/6/2024

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