lunedì, giugno 24, 2024

LA RICERCA. C’è mafia in Lombardia

Alessio Festi

Uno studio dell’Università di Milano con la Cgil regionale sulla pervasività criminale nella regione. Festi, Cgil: “Lo scotto lo pagano lavoratori e lavoratrici”

ROBERTA LISI

In Lombardia la mafia c’è. A sostenerlo con dovizia di particolari è l’Osservatorio sulla criminalità organizzata, realizzato dal Dipartimento Studi internazionali, giuridici e storico-politici dell’Università di Milano e dalla Cgil Lombardia. Lo scopo è quello di conoscere quali, quanto e dove le mafie si sono infiltrate nel territorio e nell’economia regionale. Conoscere per capire come fermare questo fenomeno che mina nel profondo l’economia sana dell‘intero Paese.

I risultati dello studio sono stati presentati lo scorso 17 giugno. Secondo Alessio Festi, responsabile Legalità Cgil nazionale, è “un lavoro prezioso e un contributo di approfondimento sulla pervasività di criminalità e mafie in Lombardia, utile a tutta la Cgil”.

MAFIE: QUALI E DOVE

Innanzitutto la ‘ndrangheta, ma questa è cosa nota da quando lo hanno illustrato le inchieste della Procura. Ma cominciano ad affacciarsi, o forse a riaffacciarsi, anche Cosa Nostra e gruppi camorristici. Le famiglie calabresi sono presenti soprattutto nella Lombardia occidentale, dove Milano gioca un ruolo assai importante. Brescia e il Lago di Garda stanno diventando luoghi di presenza significativa della criminalità organizzata, così come si assiste al peculiare fenomeno di “risalita di famiglie dall’Emilia Romagna”.


Nando Dalla Chiesa

PRESENZA INGOMBRANTE E PERVASIVA

“La Lombardia – spiega Nando Dalla Chiesa, docente di Sociologia della criminalità organizzata all’Università di Milano e coordinatore dell’Osservatorio e della ricerca – è inquinata, non c'è una provincia che rimanga fuori dall’infiltrazione. Anche le province dove era quasi invisibile, la presenza mafiosa si comincia a segnalare, penso a Sondrio o a Como dove registriamo un aumento della criminalità organizzata clamoroso”. Sono bravi, i mafiosi, a mimetizzarsi: magari per far dimenticare la propria provenienza geografica si laureano nelle università lombarde prendendo lì la residenza, magari vengono scelti come consulenti da aziende locali proprio perché laureatisi nelle facoltà del territorio, magari si candidano anche alle elezioni locali.

COME AGISCONO

Certo non commettono stragi come quelle che hanno insanguinato la Sicilia nello scorso secolo, ma non hanno abbandonato violenze e intimidazioni. È sempre Dalla Chiesa a raccontare come, parlando con imprenditori di Mantova e di Varese, si scopre che il terrore in alcuni settori economici sia diffuso. Le cosche hanno soldi da investire perché devono ripulirli e mirano comunque al profitto. E allora le risorse del Pnrr fanno gola: non è un caso, infatti, che sia proprio l’edilizia il settore di massima espansione criminale, insieme alla logistica.

I SETTORI PIÙ INQUINATI

L’edilizia, lo dicevamo, il movimento terra, la logistica. Sono numerose le inchieste della Procura milanese che hanno scoperchiato come questo settore, attraverso false cooperative che nascono e muoiono al bisogno, sfruttando i lavoratori fino quasi a ridurli in schiavitù, sia assai inquinato. Per scoprirlo basta guardare quante ristrutturazioni e passaggi di proprietà si contano per questi locali. 

Il riciclaggio è un fenomeno non solo diffuso, ma in crescita: “In diverse aree lombarde, e in particolare a Lecco, provincia in cui le segnalazioni anti-riciclaggio alla Banca d’Italia (sos) sono aumentate del 62,6% tra il 2020 e il 2021”. I più anziani ricorderanno che in Calabria, un paio di decenni fa, chi si opponeva all’entrata della ‘ndrangheta nella sanità pagò con la morte. Francesco Fortugno era un medico prestato alla politica: era vice presidente del Consiglio regionale quando il 16 ottobre 2005, durante le primarie dell’Unione, venne ucciso all’interno del seggio dove era andato per votare. Farmacie e sanità lombarda cominciano a essere settori interessati dalla presenza criminale.

Angela Mondellini

COLPITI LAVORATORI E LAVORATRICI

Certo, la concorrenza sleale di imprenditori malavitosi colpisce quanti operano nella legalità, ma il costo maggiore, oltre che la società tutta, la pagano lavoratori e lavoratrici delle imprese infiltrate cui vengono sottratti tutti i diritti, e lo sfruttamento, anche attraverso caporali, la fa da padrone. Angela Mondellini, segretaria regionale Cgil, spiega perché la Confederazione ha deciso di dar vita all’Osservatorio assieme all’Università: “Da tempo lavoriamo, sia in via teorica sia con indagine sul campo, per comprendere come le mafie e la criminalità non mafiosa infiltrino l’economia. Facciamo approfondimenti, seminari, abbiamo la nostra scuola di legalità. Il nostro intento è non solo avere una formazione teorica, ma strumenti che ci permettano di capire nella politica sindacale se ci troviamo davanti a un fenomeno di riciclaggio, d’infiltrazione, di smaltimento illegale di rifiuti, di caporalato e sfruttamento lavorativo. Vogliamo avere le antenne alzate per provare insieme alle istituzioni, alla magistratura e a chi come noi fa ‘antimafia sociale’ a intervenire, non solo per tutelare le lavoratrici e i lavoratori interessati, ma per provare a mettere sabbia negli ingranaggi dell’illegalità”.

IL MONDO PRODUTTIVO CON SCARSI ANTICORPI

Il professor Dalla Chiesa conosce assai bene, non solo per l’attività accademica ma per vissuto personale, sia le mafie sia l’impegno antimafia: “Esiste un importante movimento antimafia nella società civile, nelle università, nelle scuole, nei teatri civili, nelle parrocchie; contemporaneamente esiste un grande ventre molle nell’economia e nelle imprese che fanno un’enorme fatica a fare pulizia al proprio interno, a cominciare dagli ordini professionali”. Insomma, ci sono forti anticorpi nella società civile, ma proprio lì dove ci dovrebbe essere una capacità di reazione, cioè nei settori economici, lì invece non c'è quasi resistenza alla criminalità.

L’IMPEGNO DELLA CGIL

“I dati della ricerca confermano una pervasività delle mafie, in particolare la ‘ndrangheta, molto forte nel tessuto sociale ed economico lombardo”, aggiunge Festi: “Di questa pervasività pagano conseguenze rilevantissime lavoratrici e lavoratori, nel senso della privazione di diritti, di sicurezza, di libertà. È necessario, e per questo è di assoluto valore l’indagine presentata, rafforzare la prevenzione e i presidi di legalità. La Cgil, a tal proposito, si dimostra in prima linea attraverso la propria azione politico-sindacale e contrattuale”.

COME INTERVENIRE

La diagnosi è chiara, la cura anche, quel che manca è la volontà di attuarla. Dalla Chiesa, infatti, sottolinea come all’interno dell’Osservatorio ci sia condivisione nel ritenere che una serie di riforme che si sono succedute nel corso degli ultimi decenni, ma anche quelle di anni più recenti –che hanno portato alle gare al massimo ribasso, ai sub-appalti a catena, alle esternalizzazioni e alle false cooperative – hanno spalancato le porte alle mafie e alla criminalità economica. Allora è da qui che occorre cominciare: eliminare la logica del massimo ribasso, “anche se mascherata dall’offerta maggiormente conveniente”, internalizzare la filiera produttiva, tornare allo spirito della cooperazione che nacque per rendere i lavoratori più liberi e in troppe circostanze, come è accaduto nel settore dell’alta moda, li rende schiavi. Il quarto referendum della Cgil, quello che pone in capo all’impresa capofila tutto ciò che avviene lungo la catena dei sub appalti, è un primo passo.


Collettiva.it, 24 giugno 2024 

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