sabato, giugno 08, 2024

Il voto, le riforme da fare e la «gerarchia dei bisogni»

Don Francesco Romano - Don Cosimo Scordato


Nell’ampio dibattito che attraversa i mass media ormai da mesi, proponiamo qualche riflessione per la quale rischiamo di essere considerate persone che non sanno muoversi dentro le grandi tematiche della politica. 

Da settimane si parla di riforma della Giustizia e della separazione delle carriere dei magistrati, oltre che di premierato; non nascondiamo che abbiamo avuto qualche difficoltà a orientarci prima sul senso delle parole e poi sulla ricaduta che dette ventilate riforme possono avere sulla vita degli italiani. Non saremo noi a sciogliere il dibattito sulla opportunità della separazione delle carriere, anche se qualche dubbio ci è insorto per la preoccupazione insorgente su quasi tutto il fronte della magistratura; parimenti, il premierato ci preoccupa nella misura in cui prevedesse un incremento di potere nella figura di una persona (il/la premier) a fronte di un equilibrio di poteri che la Costituzione Italiana tende a privilegiare. Non riusciamo a rispondere ad alcune domande.

A chi può interessare questo dibattito, abbastanza acceso, a fronte di un momento così drammatico, caratterizzato dal deteriorarsi del clima internazionale, sull’orlo di un precipizio di guerra sempre più estesa, mentre ogni giorno veniamo abituati a bollettini di morti e feriti? Inoltre, che presa possono avere simili dibattiti su milioni di persone, che non solo stentano a orientarsi sui termini del discorso, ma sono sopraffatti dai problemi della sopravvivenza, dati gli alti indici di povertà parziale e assoluta mentre attendono un lavoro sicuro e dignitosamente retribuito? E che dire delle tante persone (bambini e anziani soprattutto), che si trovano ad affrontare lunghe liste di attesa per una visita in ospedale? Non vogliamo fare l’elenco dei problemi più gravi della gente, né attribuire principalmente al governo in atto responsabilità, che si sono stratificate negli ultimi decenni; emergono però contraddizioni e disparità, che diventano sempre più insopportabili come se ci fossero due, tre, quattro Italie che si vanno sempre più distanziando. Porre simili domande non ci mette al riparo dall’essere accusati di ‘superficialità’, dato che è facile denunziare ma non altrettanto offrire alternative allo status quo. Ci si consenta almeno una considerazione.

Ci rendiamo conto che la politica è una realtà molto complessa e che essa deve articolare tanti aspetti della convivenza civile, da quelli giuridici a quelli istituzionali, da quelli sociali a quelli economici. Parimenti, ci rendiamo conto che governare una nazione richiede molta oculatezza e una grande capacità di mediazione tra interessi divergenti e spesso contradditori, dovendo tenere insieme situazioni diverse non solo a livello regionale ma anche a livello socio-culturale ed economico. Pur con questa consapevolezza, vorremmo richiamare l’attenzione su quella che potremmo chiamare «la gerarchia dei bisogni», ovvero la lista dei problemi che dovrebbero avere la priorità nelle scelte di un governo e nella gestione di ogni pubblica amministrazione.

Detta gerarchia può essere verificata dall’analisi del bilancio perché in esso si esprimono le scelte che si intendono portare avanti. Ci chiediamo: quali capitoli di spesa si stanno incrementando? Quelli relativi a spese militari o favorevoli a gruppi di potere economico, o quelli relativi ai servizi primari alla persona (salute, scuola, inserimento lavorativo)? Non abbiamo elementi sufficienti per potere dare una risposta ma riteniamo opportuno almeno avere richiamato l’attenzione. Anche perché, proprio in riferimento alla suddetta gerarchia di bisogni, temiamo che ci sia uno sfasamento tra ciò che si ostenta celebrando traguardi e kermesse di vario genere, e i benefici che dovrebbero essere avvertiti dalle persone maggiormente in difficoltà: malati, gente deprivata (anche in senso culturale), disoccupati. Tutti i punti di vista sono parziali e vanno messi insieme per una visione integrata della realtà; ma abbiamo l’impressione che il punto di vista degli ultimi della società (qualche volta resi tali anche per responsabilità personali, purtroppo) non riesce a farsi valere o tutt’al più viene attenzionato andandogli incontro con contentini e non con soluzioni strutturali. I temi che sopra abbiamo accennato (premierato e divisione delle carriere) stanno occupando il focus nell’attenzione dei media; ci permettiamo di osservare, però, che detti problemi, pur interessanti in seconda, terza istanza, rischiano di dirottare la nostra attenzione da quelli di prima istanza. Come accorciare la distanza tra la vita politica dei palazzi, degli uffici e, talvolta, anche dei parlamentari e la vita reale vissuta da tanta gente che ogni giorno deve sbarcare il lunario? Come accorciare le distanze tra chi naviga nell’abbondanza e chi appena naviga a vista? Accorciare dette distanze potrebbe essere il migliore antidoto per far riscopre alla gente il desiderio di tornare a votare e sentirsi dei veri cittadini.

GdS, 7 giugno 2024

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