venerdì, maggio 03, 2024

La strage dimenticata dei sindacalisti antimafia

Pio La Torre a Portella della Ginestra 

di MARCO PATUCCHI

In Sicilia la Festa dei lavoratori si celebra ogni anno a Portella della Ginestra, una delle tante stragi e omicidi di mafia che hanno segnato la lotta di lavoratori e braccianti contro Cosa nostra. Centinaia di vittime sconosciute. “E’ la storia di un percorso di Liberazione – scrive ancora Umberto Santino nella prefazione di ‘La strage più lunga’, prezioso calendario della memoria realizzato da Dino Paternostro, per anni segretario della Camera del lavoro ‘Placido Rizzotto’ di Corleone – che può considerarsi la Resistenza della Sicilia in lotta, a mani nude, contro un nemico che fa uso delle armi e considera la violenza come risorsa e strategia. Troppo spesso vincente”.


Ha ragione lo storico Umberto Santino quando, per spiegare l’oblio che ha sommerso i sindacalisti uccisi dalla mafia, prende in prestito le parole di Primo Levi. “Derive della memoria”, scriveva Levi raccontando i silenzi, durati decenni, dei sopravvissuti all’Olocausto: una rimozione di quell’ “offesa insanabile”, necessaria a costruirsi una seconda vita. Rimozione della memoria c’è stata, fatte le dovute

proporzioni, anche per le vite spezzate di chi in Sicilia ha difeso il lavoro dai soprusi di Cosa nostra e dalle collusioni tra mafia e politica.

Li vogliamo ricordare quando si sono appena spente le luci della Festa dei lavoratori , ed è un risarcimento minimo oltre che un contributo della memoria a declinare la nostra attualità così perniciosa per la dignità e la tutela del lavoro. La Spoon River dei dirigenti sindacali e degli attivisti del movimento contadino e bracciantile, quasi tutti dimenticati, è una scia di sangue che dalla seconda metà dell’Ottocento ha attraversato la Sicilia fino all’assassinio di Pio La Torre nel 1982: 125 vittime innocenti, tra uomini, donne e bambini, nelle grandi stragi (da quella di Bronte del 1860, a Portella della Ginestra del 1947, stesso anno della strage di Canicattì); 71 omicidi di militanti e dirigenti sindacali (dall’assassinio di Luciano Nicoletti nel 1905 fino, appunto, alla morte di La Torre).

“E’ la storia di un percorso di Liberazione – scrive ancora Umberto Santino nella prefazione di ‘La strage più lunga’, prezioso calendario della memoria realizzato da Dino Paternostro, per anni segretario della Camera del lavoro ‘Placido Rizzotto’ di Corleone – che può considerarsi la Resistenza della Sicilia in lotta, a mani nude, contro un nemico che fa uso delle armi e considera la violenza come risorsa e strategia. Troppo spesso vincente”.

Oggi la mafia è altra cosa rispetto a quella che uccideva braccianti e sindacalisti, ma è sempre un veleno nelle vene dell’esangue mercato del lavoro siciliano. Così, la celebrazione del Primo maggio a Portella della Ginestra è ogni anno tributo alla memoria e monito per il presente. Due giorni prima si ricorda l’omicidio di Pio La Torre, condannato a morte da Cosa nostra per il suo impegno antimafia di deputato del Pci e prima, dal 1947 e dal 1962, di sindacalista della Cgil.

La mattina del 30 aprile 1982, a Palermo, l’auto con a bordo Pio La Torre e guidata dal suo collaboratore Rosario Di Salvo, venne crivellata dai colpi di mitra dei killer. Altre due vite spezzate. Giuseppe Tornatore fu uno dei primi a vedere le immagini girate da un video operatore della Rai. Pio La Torre aveva le gambe fuori dal finestrino: “Ma sono convinto che non era stato un gesto di difesa. Era come se avesse cercato di affrontare gli assassini, di combatterli”. Il gesto estremo di chi aveva sempre lottato per una Sicilia liberata dalla mafia.

La Repubblica Palermo, 2 maggio 2024

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