sabato, aprile 06, 2024

La scuola italiana, la generazione Zeta, gli studenti che hanno detto no a Peppino Impastato

Salvo Vitale

di SALVO VITALE

La scuola pubblica oggi. Ai mutamenti dell’ultimo ventennio non si è sottratta neanche la scuola, che è una delle istituzioni solitamente refrattaria ai cambiamenti, soprattutto quelli che riguardano le innovazioni dei programmi, le metodologie d’insegnamento, gli obiettivi formativi, gli aggiornamenti scientifici, storici, filosofici e letterari. 

Si è cercato in ogni modo di demolire l’impostazione della riforma Gentile, “la più fascista delle riforme”, che tuttavia aveva dato alla scuola italiana un’identità e una qualità di altissimo livello, anche internazionale, ma non sono state trovate soluzioni alternative che sapessero coniugare l’uso della democrazia rappresentativa con l’acquisizione di cultura qualificata. E’ cambiata la segretezza del registro, la segretezza del giudizio del docente, sospeso sul capo dell’alunno come una spada di Damocle che cadeva alla fine del bi-tri-quadri-pentamestre e alla fine dell’anno scolastico: il registro elettronico,

nell’ambito del principio di trasparenza, ha tolto al docente uno spazio d’azione e d’arbitrio relativo alla modifica del giudizio che, in alcune occasioni poteva salvare o affossare l’alunno. La facoltà data al genitore di conoscere il voto del figlio, gli offre l’altra facoltà d’intervenire presso il docente per chiedere conto e ragione, magari con larvate minacce e ricorsi, soprattutto nei giudizi di fine anno. Non accenno alla preparazione, sia dei nuovi docenti che degli alunni: il rapporto OCSE PISA condotto nel 2022 su 11 studenti di tutto il mondo ha dato valutazioni mortificanti sulla preparazione scientifica, su quella letteraria, sulla capacità di saper comprendere un testo da parte degli studenti italiani, che galleggiano verso gli ultimi posti: personalmente credo poco nei risultati di queste prove condotte con il metodo INVALSI, (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di Istruzione) che sembrano privilegiare solo quei modelli d’istruzione, per lo più d’ispirazione americana, mirati alla specificità d’insegnamento che caratterizzano la struttura dei quesiti penalizzando culture e contenuti più congeniali alla provenienza dell’alunno. E’ comunque dimostrato che il grado di preparazione di un laureato di una ventina di anni fa è di gran lunga superiore alla preparazione del laureato di oggi, e la scala naturalmente si abbassa al diploma di maturità, e quello di terza media e a quello elementare. Ma la discrasia più grave è data dal cambio dei criteri di valutazione, ovvero dei parametri usati nell’attribuire il voto-giudizio: si è cercato di far tutto per smontare la quantificazione numerica, che rimane sempre, sia pur camuffata, la scala di riferimento: in un arco di voti che va da 1 a 10, i primi tre numeri non si usano più, poco il quarto, poco più il quinto e il sesto, quasi equiparati, e poi scatta la serie generalizzata di sette, otto, nove, dieci, come se tutti di colpo fossero diventati bravi, studenti modello e mostri di conoscenze, competenze, capacità. E se ancora nelle scuole pubbliche esiste un vago principio di gradazione del merito, che non oso chiamare selezione, nelle scuole private non ci si fa scrupolo di dare l’attestato di promozione a esemplari di abissale ignoranza. Quindi uno scadimento metodologico e contenutistico. Quali le motivazioni? Per il docente, evitare di creare problemi a se stesso e all’alunno: uno dei luoghi comuni dei pedagoghi moderni è che il fallimento dell’alunno è conseguenza del fallimento del docente, che non ha saputo insegnare o che non ha saputo intravedere le motivazioni, anzi le “strategie” da portare avanti nel corso del percorso formativo. Non credo che se uno non vuole studiare, bisogna sempre criminalizzare l’insegnante.

Anche per il Dirigente è una nota di merito presentarsi all’esterno o presso le agenzie ministeriali di valutazione dei risultati conseguiti, con una serie di giudizi positivi, come pseudo prova che in quella scuola si studia, così come per le famiglie è una grande agevolazione essere sgravati dal peso di ”aiutare” i figli al superamento del deficit culturale con lezioni private o con personali interventi di supporto. In questo micidiale contesto l’ignoranza dilaga, il merito è solo una parola da aggiungere perché la scala di merito è fasulla, si privilegiano e si esaltano i frammenti d’interesse espressi dall’alunno e tutto avanza in una sorta di soddisfazione generale dove l’ignoranza non è la mancanza di conoscenze, ma il libero spazio che si lascia nelle mani del ragazzo, affinché egli personalmente si occupi, se ne ha voglia, di riempirlo di contenuti, se non ne ha, o se ne ha poca, di cercare e studiare i canali con i quali ci si può fare strada nella società, trovare un lavoro, rimanere circoscritto in una condizione monotematica che ne caratterizzerà l’esistenza. I due anni di ridimensionamento dell’istruzione, a causa del covid, hanno prodotto effetti deleteri e un vuoto di conoscenze ormai incolmabile La generazione della didattica a distanza ha imparato altri piccoli trucchi per stare lontano dei libri, si è ulteriormente chiusa in se stessa usando come unico strumento di compagnia e di comunicazione il cellulare o il tablet, ha finito col ritenere reale ciò che è immagine e imitazione, deformazione, rispetto alla vera realtà, sia quella materiale che quella delle persone con cui rapportarsi, compreso il docente, magari conosciuto solo attraverso il riquadro del computer. Erano in crisi e hanno ricevuto il colpo di grazia le poche associazioni e le poche attività che consentivano momenti di compresenza e di discussione o di prove per realizzare un prodotto collettivo. Ancor più dissennato e immotivato l’accorpamento di scuole di vario grado o di varie specializzazioni d’istruzione in istituti comprensivi, arraffazzonati pur di raggiungere un certo numero di alunni con il quale è possibile mettere assieme tutto il personale scolastico e dislocarlo a seconda dei criteri imperscrutabili usati dal Dirigente. Così vanno a farsi fottere specializzazioni, docenti che abbiano acquisito una certa esperienza in un campo e vengono dislocati altrove, personale non docente che viene ammassato negli uffici della sede centrale e parcheggiato per non far niente. Ormai la frittata è fatta, ma le singole scuole di una volta, con la loro autonomia erano certamente più gestibili, più controllabili, più qualificate nel praticare l’apprendimento mirato. Va anche notato che i nuovi programmi prevedono uno spazio di 33 ore, in genere comprese tra quelle disciplinari per l’insegnamento dell’educazione civica, intesa come materia trasversale che interessa ogni tipo d’insegnamento, anche nei suoi risvolti digitali. Altre 100 ore in media sono riservate ai “Percorsi per le Competenze trasversali e l’Orientamento (PCTO), nuova denominazione della renziana alternanza scuola-lavoro. In tal modo lo spazio per le discipline curriculari si riduce di parecchio.

La generazione Zeta

Date e definizioni di parecchi indicatori non coincidono: un’approssimativa classificazione delle generazioni susseguitesi dalla fine della Seconda guerra mondiale comincia con la generazione silenziosa (1928-1945), cui segue la Baby boomer (1946-1964), cioè quella dell’aumento dei tassi di natalità; si continua con la Generazione X (1965-1980), con la Generazione Y, che qualcuno chiama Millennials o generazione connessa,(1980-1995), per arrivare alla Generazione Zeta o Zoomer (1995-2012), e, in tempi più recenti, alla Generazione Alfa dei nati dopo il 2012, già definiti, prima di essere studiati, “generazione iperprotetta, con difficoltà a relazionarsi, linguisticamente deficitaria e stressata”. La classificazione di nativi-digitali è attribuita alla generazione Zeta, ma altri la danno alla Alfa. La fascia dell’adolescenza e della giovinezza che oggi è alla ricerca di un futuro, appartiene ai Zoomer e affonda le sue radici, come del resto ogni altra, nella famiglia, ma con la differenza, rispetto al passato, che non ci si stacca dalla famiglia per costruire una propria e autonoma vita, ma si rimane legati alla famiglia, si continua a vivere con essa, principalmente per problemi economici, per la difficoltà di trovare un lavoro stabile, un impiego, e costruire una prospettiva per il futuro. Una ricerca di “Report Fragilitalia” (maggio 2023) mette al primo posto, nella scala di valori indicata dai ragazzi di questa età, proprio la famiglia. Incertezza e insicurezza si legano alla voglia di arrivare in alto, magari usando i canali di cui la famiglia dispone, in un orizzonte speso costruito sugli stimoli artificiali trasmessi dai mezzi d’informazione, in massima parte provenienti dai canali americani, nei quali dilaga la violenza, la finta realizzazione dell’immaginario, la pratica banalizzata del rapporto sessuale, il disinteresse verso la politica, la delega totale e irresponsabile di settori che riguardano il modo di vivere, la generalizzata tendenza a ritenere “normale” la deteriorizzazione del pianeta, l’assunzione di droghe, sostanze alcoliche e fumo, le banalità della moda, i miti dello sport o della musica. Anche sulla democrazia, la tendenza è di credere che essa sia un naturale modo di essere della società contemporanea senza prendere in considerazione che essa è una conquista giornaliera, con il pericolo di derive e arretramenti. Finite le tensioni che hanno caratterizzato la precedente Generazione X, le lotte politiche, le aggregazioni “rivoluzionarie” del ‘68, le aspirazioni del comunismo, spietatamente polverizzate, la storia prosegue in un panorama in cui si sono risvegliate le guerre, il militarismo, la sete di violenza, la paura e, con essa, il tentativo di scoprire dentro di sè dimensioni e sensazioni al limite del punto estremo. C’è il sospetto che l’attuale rigenerazione del fascismo sia figlia di quella democrazia nata sulle sue ceneri nel dopoguerra e incapace di mantenere la rotta dell’impegno universale, che pertanto oggi, per saturazione, viene, anzi torna ad essere affidata all’uomo forte che mostri di sapere farsene carico. Naturalmente l’uomo forte non vive solo di deleghe, e esiste senza quei centri di potere, i cosiddetti padroni del vapore, che puntano su di esso per salvaguardare se stessi. Il sistema informativo è stato capace di trasformare anche l’ambientalismo, cioè il futuro del pianeta, come una cosa da ragazzini alla Greta Thumberg, mentre c’è chi sorride e pensa a spremere ricchezza oggi, lasciando le briciole a chi verrà domani. Qualche stadio di positivo avanzamento si nota invece nella determinazione delle ragazze, sia nelle scelte di vita, sia nell’acquisizione di una preparazione intesa come proprio bagaglio culturale sempre utile a non subire le passate emarginazioni. E tuttavia queste sicurezze si sciolgono e si sperdono nel rumore assordante e nella coreografia delle discoteche o dei localini del sabato sera. Tredicenni truccate di tutto punto, con artigli smaltati, minigonne ridotte a una striscia di stoffa, pancia e schiena all’aperto, cellulare incollato all’orecchio, abbigliamento griffato, in attesa di un futuro per il quale almeno la metà di esse ha già segnato il ruolo di moglie-madre. Nel frattempo ci si fornisce del book, una sorta di curriculum fotografico per partecipare ai concorsi di bellezza. O raggiungere l’agognato traguardo di diventare attrice o “influencer” E allora? Ogni soluzione va costruita insieme. Questo “insieme” dovrebbe essere costruzione di Autonomia (il pensiero va a Radio Aut) attraverso la creazione di microcellule, di macchie liberate, di gruppi autogestiti di persone che sappiano stare insieme, per salvarsi dalle infinite trappole che quotidianamente vengono costruite intorno a loro, con l’intenzione di cooptare ogni soggetto umano per renderlo entità produttiva utile solo all’arricchimento di chi sta in alto. In pratica bisognerebbe trovare il sistema di invertire l’accumulo verticale di ricchezza, che oggi sembra inarrestabile e padrone assoluto di qualsiasi strategia economica del futuro, in un’inversione di tendenza nella ridistribuzione della ricchezza a chi non ne ha o ne ha poca, in modo da poter equilibrare i sistemi di vita e la possibilità di accesso ad alcuni settori e ad alcune disponibilità per sempre precluse alla povera gente. E siamo sempre là, ovvero all’ipotetica sostituzione di una linea politica di tendenza socialista, oggi nettamente in rotta, a una linea di gestione capitalistica spietata e insensibile all’essenza stessa dell’essere uomo, che non è il lavoro, ma l’essere se stessi e rapportarsi con l’altro alla pari.

I ragazzi di Partinico e il no a Peppino

E andiamo al singolare caso dei ragazzi e delle ragazze del Liceo di Partinico, che si sono opposti all’intitolazione della loro scuola a Peppino e a Felicia Impastato. La tentazione sarebbe di scrivere, come hanno fatto in molti, da Giovanna Nobile a Giovanni Impastato, una letterina, a partire dalla bella immagine che ci è rimasta degli studenti di qualche decennio fa. Non ci sono più. L’attuale rappresentanza studentesca non è quella che, solo due anni prima, aveva votato all’unanimità l’intitolazione. Per una singolare coincidenza, è cambiato anche il Consiglio Comunale, dopo una carenza della rappresentanza dei cittadini di quasi due anni, poiché il Comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose; ancor più lontana la mancanza del sindaco, poiché il precedente si era dimesso dopo circa un anno, lasciando il posto a un discusso commissario. La nuova rappresentanza comunale non è tanto diversa dalla vecchia: al ballottaggio è andato un esponente di Fratelli d’Italia ed è stato eletto sindaco un politico di lunga carriera, sempre dell’area del centro destra, schieratosi, recentemente con la Lega. Sono noti alcuni suoi pregressi giudizi sul Liceo, considerato come un covo di insegnanti comunisti che plagia i ragazzi: in realtà, a giudicare dai risultati elettorali, se plagio c’è stato, è stato a destra: su 24 consiglieri uno solo appartiene all’area di centrosinistra. Tra parentesi, il sindaco ha iscritto suo figlio al Liceo e si vanta dei risultati scolastici da lui conseguiti anche dopo che n’è uscito. Frequentano il Liceo una folta rappresentanza di alunni dei paesi vicini e buona parte dei figli della borghesia partinicese, che si è espressa con il voto. La componente studentesca ha come rappresentante e leader il figlio di un assessore, con la sua fidanzata, pure rappresentante, e altri due ragazzi al seguito. Diciamo che la politica ha trovato come infiltrarsi, in qualche modo, nella scuola. In genere è un luogo comune della psicologia dell’età evolutiva che l’adolescenza sia un momento in cui si mette in discussione o si negano le strutture educative e i contenuti ricevuti, nello specifico dalla famiglia e dalla scuola, alla ricerca di una propria identità ed emancipazione. Nel nostro caso, ma recenti studi confermano che l’analisi va estesa a tutta la fascia adolescenziale contemporanea, non si sono sviluppati, almeno sino a tutto il quinquennio liceale fenomeni di negazione, rispetto alla componente familiare, che conserva il ruolo di ombrello protettivo, mentre la “contestazione” si è rivolta, ma senza grandi pretese, verso la componente scolastica dei docenti, i quali, al momento, hanno dimostrato una certa impermeabilità al tentativo di cooptazione politica dell’istituzione. Questo spiega l’assurda anomalia del rigetto di Peppino Impastato e di sua madre. Innanzitutto lo sbarramento ideologico: in città è maturata, con il berlusconismo, che ancora conta molti simpatizzanti, la convinzione che il comunismo sia una dottrina deleteria, dannosa e quindi condannabile, (come del resto ha già fatto il parlamento europeo, con il voto favorevole del PD). Il PD è già un nemico che si condanna da solo, ma verso il quale non bisogna aver tolleranze di alcun tipo. La trovata di Peppino “divisivo”, è stata tirata fuori, probabilmente dal cappello di qualche politico, per dire che Peppino era un comunista che dividerebbe quattro esaltati delinquenti dai ragazzi perbene, che stanno da tutt’altra parte. Santi Savarino, nel suo trascorso di fascista, democristiano e di nuovo fascista, nelle sue simpatie verso quella parte della borghesia mafiosa che, servendosi di personaggi locali, ha costituito il “vero” argine al comunismo, è perfetto, deve restare al suo posto. Quando scoppia il caso, lo stupore di tutta Italia davanti a questa aberrazione, che non tiene conto del sangue versato da Peppino e della dignità di sua madre, si tira fuori una via di mezzo, il giudice Livatino, religioso, beato e vittima della mafia: il suo nome, certamente ispirato da qualcuno, circolava già sin dal momento in cui i ragazzi avevano proposto il cambio di nome. Tutto è andato avanti, fortunatamente per il senso di responsabilità di docenti e di una parte dei genitori, che si sono resi conto dell’importanza della partita in gioco, ovvero del buon nome della scuola. E pertanto, nell’attesa che si raffreddino i toni e che il fuoco sacro del sindaco possa diminuire d’intensità, a meno che qualcuno non ci soffi su, si aspetta solo che il prefetto dia il via definitivo all’intitolazione. Dopodiché bisognerà fare in modo che i ragazzi conoscano chi è stato Peppino e chi era Felicia, a cominciare dal film “I cento passi”, del quale quasi tutti ignorano l’esistenza. Va tenuto conto che negli ultimi anni non è stato più rinnovato, per varie cause, non escluso il pensionamento di alcuni docenti, il gruppo di “Cittadinanza e costituzione”, che aveva portato avanti on grande coraggio la funzione educativa dell’attività antimafia, e che l’attenzione verso le attività parascolastiche si è spostata verso iniziative più mirate ad approfondimenti di specifiche aree disciplinari. Guardando dall’esterno sembra necessario che si riprenda a ritmo pieno quell’attività antimafia che ha da sempre caratterizzato il Liceo, anche se, a detta del sindaco, la mafia a Partinico sembra essere scomparsa. Il generale Luzi, venuto a inaugurare mesi fa la nuova caserma dei carabinieri, ha invece indicato in Partinico un crocevia di mafia e traffici di droga, a metà strada tra le province di Trapani e Palermo.

Antimafia2000, 5 aprile 2024

1 commento:

Francesco Vizzini ha detto...

Il mio ricordo dei 5 anni di liceo è ancora oggi il ricordo di 5 anni tra i più belli e preziosi della mia vita perché veramente mi hanno formato grazie a una classe docente che ci ha dato soprattutto gli strumenti per uscire dalle parole e avere idee, cioè visioni profonde sulle cose. Strumenti per discernere e, quindi, scegliere consapevolmente, senza prese di posizioni preconcette. Mi auguro che questo possa accadere anche nel Liceo di Partinico che deve restare luogo di formazione di persone libere! Francesco Vizzini.