domenica, aprile 28, 2024

Anniversario uccisione di Pio La Torre. «Berlinguer mi disse: non avevo capito»


Adriana Laudani racconta Pio La Torre: «Lavorai con lui nel Pci, Enrico distrutto ai funerali»

Giorgio Mannino - Il 30 aprile 1982 ha cambiato la sua vita. «Hanno ucciso Pio La Torre», le dice Paolo Berretta, dirigente del Pci. Lei è sotto choc. «Mi fermai, portai le mani ai capelli e chiesi subito di Rosario Di Salvo». Anche lui ucciso. «Mi sono sentita lacerata dentro, da allora niente è stato più normale». Quel dolore è ancora vivo nelle parole e negli occhi di Adriana Laudani, avvocato catanese, ex componente della segreteria del Pci in Sicilia con un passato da deputato regionale e ora presidente dell’associazione Memoria e Futuro. Domani sarà in città per inaugurare il murale dedicato al politico comunista realizzato nella scuola Vittorio Emanuele III. Con La Torre ha condiviso anni di battaglie, di impegno politico con l’obiettivo di «cambiare la Sicilia, era fermamente convinto – ricorda Laudani - che una politica vera, sincera e onesta potesse rendere concreto il cambiamento».

Un cammino interrotto dal piombo mafioso. La Torre e Di Salvo riversi uno sull’altro all’interno di una Fiat 131, uccisi da due killer. Seguono indagini farraginose e continui depistaggi. Un lungo processo indica come movente dell’omicidio la proposta di legge sulla confisca dei patrimoni mafiosi di cui La Torre era stato il promotore. Un movente mafioso e rassicurante. «È vergognoso che quando commemoriamo La Torre lo si ricordi solo per le norme antimafia che sono ovviamente fondamentali. Ma, dietro il suo assassinio, non ci sono solo Riina e Provenzano».

Sono anni caldi, piena Guerra fredda. La sua battaglia contro l’installazione dei missili Nato a Comiso ne fa un soggetto scomodo nell’alleanza atlantica. «La Torre scoprì, con nove anni di anticipo, Gladio (organizzazione paramilitare segreta che operò in funzione antisovietica, ndr) in Sicilia e firmò un’interrogazione parlamentare per chiedere conto dell’operazione militare Trinacria 2, delle finalità attribuite ai comitati civili e militari costituiti nelle prefetture di Palermo, Trapani, Ragusa e Siracusa che poi sarebbero apparsi come appendice operativa di Gladio nell’isola. Una pista che è stata ignorata». Laudani ha una convinzione: «Quell’interrogazione ne segnò la condanna a morte. Perché con il suo patrimonio di informazioni, che annotava in un’agenda poi misteriosamente scomparsa insieme alla sua borsa, diede il senso di sapere tutto. E vorrei aggiungere una cosa». Prego. «L’uccisione del giudice Giovanni Falcone pose la pietra tombale sulla verità di quella stagione. Falcone voleva continuare ad indagare sul rapporto tra eversione nera, mafia, Servizi segreti e massoneria. E su Gladio. Ce lo dicono le carte, desecretate qualche anno fa, sulle audizioni del magistrato in Commissione antimafia. Bisognava ucciderlo anche per non riaprire un ragionamento su uno degli omicidi politici più drammatici della nostra storia, così come sul delitto Mattarella del quale La Torre aveva chiarissimo il quadro».

Il segretario regionale del Pci era conscio dello stato d’isolamento in cui agiva. «Fino alle 23 del 29 aprile eravamo insieme. Non voleva mi mettessi in macchina per Catania dopo la riunione della segreteria. Mi disse: "Siamo a rischio, ammazzeranno uno di noi". Mi diceva spesso: "Siamo soli, possono ucciderci in qualsiasi momento, è sufficiente che decidano quando. Ricordatelo Adriana". Dopo poche ore Pio è stato ucciso. E ricordo l’arrivo di Enrico Berlinguer. Un uomo minuto, schiacciato dal dolore. Gli andai incontro e mi disse: "Non l’ho difeso abbastanza, non l’ho capito fino in fondo". Aveva ragione: La Torre era un passo avanti a tutti noi».

I ricordi di Laudani terminano con un sorriso. «Pio amava ridere. Tra le ultime volte che l’ho visto gli dicevo di cambiarsi vestito. Indossava sempre quel suo trench. Avevo saputo che si sposava il figlio e nell’androne della federazione gli dissi: "Ma come ci vai al matrimonio, vestito così?" E lui, sorridendo rispose: "No no, ho comprato il vestito nuovo". Era simpatico e semplice. Mi manca moltissimo».


GdS, 28/4/2024

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