Giorno 29 febbraio 2024, tutti gli alunni della scuola primaria della Direzione Didattica "Emilio Salgari" di Palermo, hanno ricordato il centoquattresimo anniversario dell'uccisione del sindacalista Nicolò Alongi, cui è intitolato un plesso della scuola dell'infanzia e primaria che si trova ubicato nella via che porta il suo nome, in una zona del quartiere Oreto-Stazione, confinante con il quartiere Brancaccio, noto alla cronaca per essere una zona ad alta densità mafiosa.
Durante la giornata, gli alunni delle classi quinte della sede centrale hanno letto e discusso della figura di Nicolò Alongi, mentre nel plesso a lui intitolato, dalle ore 9:00 alle ore 9:45, in palestra, si sono riunite le classi della scuola primaria, dalla seconda alla quinta, per conoscere la figura del sindacalista e per riflettere su ciò che ci ha lasciato come testimonianza con il suo operato e il suo sacrificio.
Noi alunni della classe 5° E abbiamo realizzato ed esposto un cartellone che riportava le informazioni raccolte da alcuni testi, tra cui "La strage più lunga" di Dino Paternostro e "Vita politica e martirio di Nicola Alongi contadino socialista" di Giuseppe Carlo Marino, che avevamo a disposizione e parlavano della vita di quest'uomo.
Entrando in palestra abbiamo trovato tutti i compagni delle altre classi ad aspettarci, ansiosi di conoscere chi era Nicolò Alongi. A turno abbiamo raccontato loro quello che avevamo scoperto e cioè che era un contadino, nato a Prizzi il 22 gennaio 1863 e morto lì il 29 febbraio 1920 a 57 anni, ucciso dalla mafia agraria. Aveva frequentato le prime classi della scuola elementare e non era un uomo di grande cultura, ma aveva avuto un’educazione al socialismo, che aveva fatto maturare in lui la consapevolezza di avere dei diritti da opporre alle ingiustizie dei prepotenti nella società in cui viveva. Questa formazione lo portò ad approfondire gli studi leggendo ed informandosi sulla realtà del proprio territorio e sulle modalità di cambiare le cose che non andavano attraverso la lotta e lo sciopero. L’Alongi si trasformò così da contadino in dirigente sindacale che lottava per la liberazione dall’oppressione e dallo sfruttamento dei contadini da parte dei gabelloti che amministravano il latifondo. I gabelloti erano i mafiosi di quei tempi che facevano soprusi e ricatti ai contadini per farsi dare anche di più di quello che avrebbero dovuto, arricchendosi sulle loro spalle. Per renderci conto di quello che accadeva a quei tempi, abbiamo visto in classe il film Baarìa e lo abbiamo consigliato ai nostri compagni.
Alongi aveva avuto modo di partecipare alla rivolta dei Fasci Siciliani prendendo consapevolezza dei diritti spettanti ai contadini e della possibilità, attraverso la protesta civile, di ottenere leggi più giuste che li tutelassero e permettessero la modifica dei patti agrari e la ridistribuzione delle terre incolte ai contadini.
Con queste intenzioni Alongi divenne un sindacalista che cominciò a parlare ai contadini per convincerli che, unendosi insieme, sarebbe stato più facile ottenere risultati. Si pose così a capo prima della “Società di mutuo soccorso” e poi della “Lega di miglioramento” di Prizzi. Le sue capacità furono presto note anche nei paesi vicini. Ciò che comunque gli concesse maggiore notorietà fu l’intuizione di legare la lotta contadina dei paesi a quella operaia delle città. Questa fu un’idea innovativa che solo dopo anni divenne una delle famose teorie di Antonio Gramsci.
Alongi aveva preso accordi con Orcel, capo degli operai metalmeccanici della CGIL di Palermo, per organizzare uno sciopero comune. Al grido di “La terra ai contadini” si rivendicava il diritto dei contadini di avere concesse le terre che avrebbero potuto lavorare con mezzi meccanici realizzati dagli operai unendo, così, gli interessi di contadini e operai. L’operato di Alongi attirò l’attenzione della mafia contadina che, la sera del 29 febbraio del 1920, lo uccise perché non poteva accettare che dei contadini avessero il coraggio di chiedere di voler vivere liberi dal potere mafioso che fino ad allora aveva imposto le sue regole non tenendo conto dei diritti dei lavoratori ma, piuttosto, sfruttandoli.
Per Nicolò Alongi questo era un motivo per cui valeva lottare e morire poiché “la vera rivoluzione non vuol dire diffamare chi ha il potere, ma fortificare quelli che non ne hanno” (discorso di una nipote di Alongi in occasione del 96° anniversario dell’uccisione).
Dopo aver raccontato ai compagni quanto scoperto dalle nostre ricerche, abbiamo riflettuto sul messaggio, che con la sua testimonianza, Alongi ha lasciato a noi e cioè che bisogna difendere i diritti dei più deboli, non essere egoisti e non piegarsi davanti al volere dei prepotenti (mafiosi o bulli) che non rispettano gli altri, ma pensano solo a soddisfare i loro interessi personali.
Noi, nel nostro piccolo, possiamo mettere in pratica ed imitare Alongi, difendendo chi è più debole e denunciando le cose che non vanno fino a quando non veniamo ascoltati e non otteniamo i miglioramenti necessari.
Gli alunni della scuola primaria “Nicolò Alongi”
Direzione didattica “E. Salgari”
Palermo
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