sabato, marzo 09, 2024

Noemi Di Segni, Giancarlo Caselli e le Br, gladio, le stragi & altro




CORRADINO MINEO

Noemi Di Segni, presidente delle comunità ebraiche italiane, si rivolge in modo cortese a Maurizio Landini, segretario della Cgil, che oggi manifesta per i palestinesi. La presidente afferma di volere “un percorso di pacificazione tra israeliani e palestinesi, nella terra di Israele e lungo i suoi confini”. 

Ma aggiunge che l’uso del termine “genocidio”, anzi “l’abuso che se ne fa in troppe piazze e università italiane, in troppe sedi internazionali” nuoce alla pace, perché “legittima chi, come Hamas, lo progetta (il genocidio) e chi lo sostiene anche in materia subliminale con slogan che inneggiano alla cancellazione di Israele e alla liberazione della Palestina.” Potrei essere d’accordo. Ma trovo inaccettabile il silenzio della signora Noemi sulla strage degli abitanti di Gaza in corso da 5 mesi, sul tentativo di affamarli, bloccando i camion alla frontiera di Rafah per impedire il passaggio di “cornetti al cioccolato” (generi di lusso) o delle aste per costruire tende (armi improprie). Mentre coloni israeliani, appoggiati dal governo, progettano quartieri residenziali ebraici sul mare di Gaza e cacciano da Gerusalemme e Cisgiordania famiglie arabe che là abitavano e lavoravano da secoli. 

Non chiamiamolo “genocidio”, ma “crimine di guerra”. E aggiungiamo che non persegue la pace, ma lo sterminio o la deportazione di tutto un popolo, chi si appella al dettato di una leggenda biblica, inventata per porre fine alle divisioni nel popolo ebraico, e oggi pretende che l’intera Palestina, dal Giordano al Mediterraneo, sia stata donata da Dio agli ebrei e solo a loro. E che gli arabi siano usurpatori. Dica cose simili, gentile signora, e spegnerà quell’insulto, “Israele sta compiendo un genocidio” che rimbalza dal Medio Oriente, all’Africa, dal Sud America all’Asia e alle università europee e statunitensi. Non vuole la pace, chi è russo ma non sa dire a Putin che non doveva invadere, chi, ucraino, non chieda a Zelensky di fermarsi e  trattare. 


Giancarlo Caselli ricostruisce la storia delle Brigate Rosse. Sostiene che “non ebbero rispetto per la vita umana”, furono “subalterne e parassite”, cioè si infilarono “nei conflitti e nelle rivendicazioni sociali, con la speranza di reclutare qualcuno dei più frustrati e rabbiosi”, ma furono sufficientemente “efficienti” per darsi, “insieme a una dose di fanatismo ideologico, il coraggio della viltà” e “gambizzare o uccidere persone indifese”. A sostegno della tesi, Caselli cita l’ordinanza-sentenza del giudice istruttore Mario Carassi che già nel 1975 scriveva: “Colpisce la mescolanza di radicalismo verbale e nullismo pratico per quanto concerne tentativo di coinvolgimento delle "masse" nella lotta armata contro lo Stato, i proclami spesso fondati sul richiamo a luoghi comuni che banalizzano l'intelligenza con evidenze di comodo, bloccando in realtà ogni filtro critico, con concreto vantaggio degli avversari politici”. Potrei condividere. 

Ricordo però i fatti che produssero quella sorta di paranoia di massa, nella quale si inserirono gruppi come le Brigate Rosse. Nel 1969 uomini dei servizi segreti e fascisti posero una bomba nel centro di Milano, per accusare poi gli anarchici. Nel ’70 fu agitato il fantasma di un colpo di stato ad opera di un principe fascista, con l’ausilio anche della mafia. Dal 1970 al 1972 lo Stato lasciò Reggio Calabria nelle mani di gruppi fascisti e mafiosi. Nel 1972, in Irlanda, una grande democrazia europea compì un massacro, rimasto nella storia come Bloody Sunday. Nello stesso anno un gruppo armato, nel nome del martirio del popolo palestinese, uccise a Monaco 11 atleti israeliani e un soldato tedesco. Nel 1973, con lappoggio della CIA, un colpo di stato destituì Allende e represse nel sangue la democrazia cilena. Nel ‘74 una bomba fascista fu fatta esplodere in piazza a Brescia, durante un comizio sindacale. Come si seppe in seguito, un clan di potenti, detto P2, la mafia siciliana e una organizzazione paramilitare anti comunista, Gladio, parteciparono alla “strategia della tensione”.

Tutto ciò non giustifica, caro Giancarlo, le persone che hai arrestato. perché colpevoli di attentati o di omicidi. Però la memoria non si può coltivare a pezzi. E forse dovresti chiederti se la strategia posta in essere contro le Brigate Rosse, da te e dal generale Dalla Chiesa, e poi ancora, da voi e da Falcone e da Borsellino, per salvare lo Stato Italiano dal ricatto mafioso, sia stata scevra da errori. Ricordo un convegno a Torino in cui tu, tra gli altri, sostenesti che “due o tre chiamate in correità tra loro connesse” dovessero avere valore di prova. Rossanda non era d’accordo. In seguito mi è parso che vi siate fatta bastare una sola chiamata in correità, con riscontri discutibili, e però “credibile” per emettere una condanna. E se è vero che l’uso sistematico dei “collaboratori di giustizia”, il principio secondo cui “i capi”, delle BR o di Cosa Nostra, fossero “responsabili” di ogni reato dell'organizzazione, l’uso e l’abuso di intercettazioni, la creazione di super procure, siano stati utili per combattere l’eversione senza doversi affidare a una dittatura, ti chiedo se non abbiano anche favorito la contro-rivoluzione-culturale in corso, su cui si esercitano Fratelli d’Italia, Lega, e Forza Italia.

Nessun commento: