Sigfrido Ranucci
Lisa Di Giuseppe
Per difendere la libertà di stampa bisogna «restare uniti». Gli uomini di potere hanno mostrato in più occasioni di essere in grado di intimidire i giornalisti, sostiene il conduttore di Report Sigfrido Ranucci: per limitare la libertà dei giornalisti sono disposti anche a denunciare il dossieraggio dove non c'è.
Qual è lo stato di salute della libertà di stampa in Italia?
C'è un dato molto significativo: oggi sono 250 i giornalisti sotto tutela, ventidue sotto scorta. Abbiamo accumulato il numero più alto di querele e richieste di risarcimento danni fatte da politici o parenti dei politici ai danni dei giornalisti. A noi è arrivata una richiesta di risarcimento danni da parte di figli di La Russa, pendono su di noi le
querele annunciate di Urso e quelle di Gasparri, quelle di Sgarbi, quella di Giorgetti, sua moglie e la sorella di sua moglie, una richiesta risarcimento danni da Fontana e da sua figlia. Quest'ultima settimana sono arrivate anche una richiesta di mediazione dalla famiglia Berlusconi e una da Marta Fascina.C'è un disegno di legge che dovrebbe evitare le liti temerarie che giace nei cassetti: non è nell'agenda di questo parlamento né dei precedenti. Nessuno vuole occuparsene, nonostante il presidente della Repubblica Mattarella anche in questi giorni abbia ricordato l'importanza della libertà di stampa.
Ieri però avete portato a casa un successo: dopo la vostra inchiesta Maurizio Gasparri si è dimesso dalla presidenza di Cyber Realm.
Si potrebbe dire che gli imprenditori israeliani si sono dimostrati più seri di alcune parti delle istituzioni italiane, perché dopo che noi abbiamo sollevato il problema dell'incompatibilità sarebbe stato deciso a tavolino – come ci ha detto un importante esponente della Lega – di salvare Gasparri senza realizzare un solo supplemento di indagine su quella vicenda, prerogativa della Giunta per le elezioni. Il Consiglio di presidenza del Senato che avrebbe dovuto decidere su una sanzione a Gasparri per non aver ottemperato all'obbligo di informare il Senato del suo ruolo in questa società non si è ancora riunito a distanza di mesi. Gli israeliani, invece, lo hanno giudicato sostituibile.
Come giudica la vicenda dell'inchiesta di Perugia?
Colpisce sentire politici parlare di dossieraggio quando negli atti non ve n'è traccia. Gli accessi indebiti non sono stati commessi dai giornalisti che ne hanno beneficiato in fase di verifica delle informazioni: chi oggi grida allo scandalo si scorda di essere stato parte – come nel caso di Gasparri – di un governo sotto il quale ha operato Pio Pompa, che in via Nazionale alle dirette dipendenze di Pollari realizzava dossier su avversari politici, giornalisti, magistrati e sindacalisti. O il dossieraggio illegale operato dai responsabili della security Telecom e Pirelli. O il dossieraggio confezionato dalla struttura di Antonello Montante, numero due di Confindustria, con il quale ha condizionato politici e imprenditori.
Non mi ricordo all'epoca una denuncia così forte nei loro confronti da parte di chi oggi è al governo. Anzi qualche ministro era pure andato da Montante a ritirare le biciclette della legalità.
È poi indubbio che ci sia da tempo scarsa tolleranza da parte della politica per le inchieste giornalistiche.
C'è l'impressione che evocare il dossieraggio anche dove non c'è sia un po' un modo per chiudere il discorso.
Evocarlo serve per delegittimare i giornalisti. Quel che dispiace di più è che venga usata anche da cronisti per screditare il lavoro di altri colleghi. Mentre il valore di una notizia va difeso. Va valutata in base al fatto se è vera o falsa e se è di interesse pubblico. Non per il colore politico.
Per altro, parliamo di informazioni provenienti da una banca dati di operazioni giudicate sospette, non di operazioni caritatevoli. Ovviamente nessuno nega che ci sia stato un abuso, ma vedremo cosa uscirà dall'indagine.
Anche Report ha subito in passato le attenzioni dei politici e della magistratura.
La ricerca dell'origine delle informazioni è un segnale ben chiaro alle fonti. Se tu dai l'impressione che la legge che tutela loro e gli archivi informatici dei giornalisti sia facilmente aggirabile, chi accetterà più di esporsi? Colpendo la fonte si colpisce alla radice la possibilità di fare informazione. Sarebbe poi anche ora di aprire il vaso di pandora delle società che si occupano di gestire la comunicazione delle grandi aziende, imprenditori e politici: con che mezzi e modalità agiscono quando vengono incaricate di gestire un'inchiesta sui loro clienti? Secondo me uscirebbero notizie interessanti su come tengono d'occhio i giornalisti scomodi. Agli inviati di Report è capitato diverse volte di trovarsi sotto casa gli investigatori privati. Non dobbiamo dimenticarci poi quello che è emerso dalle carte del caso Open: oggi Renzi grida al dossieraggio, ma mi ricordo le mail nelle quali si ipotizzava la creazione di una struttura per organizzare la character assassination finanziando strutture con giornalisti d'inchiesta e investigatori privati che raccogliessero informazioni sugli avversari politici. Oggi si accusa di dossieraggio chi ha dato conto di un'operazione sospetta?
I politici non esitano a presentare querele temerarie, che prendano iniziativa direttamente i magistrati non rappresenta un salto di qualità in termini di rischi per i giornalisti d'inchiesta?
Il potere non deve necessariamente uccidere un giornalista. È sufficiente che dia l'impressione di poterlo fare per ottenere il suo scopo: quello di limitare la sua libertà. Quando si colpisce con una querela temeraria o una richiesta di risarcimento danni è un segnale che si dà anche agli altri colleghi.
Noi alle spalle abbiamo la Rai che ci sostiene in tutti i modi, ma penso a tutti i colleghi delle testate locali che devono lavorare sopportando le pressioni dell'imprenditore del posto, che magari sponsorizza il giornale per cui scrivono. Questo quando i giornalisti locali dovrebbero essere i primi a essere tutelati perché sono i primi anticorpi periferici a vigilare su mala amministrazione, corruzione, criminalità.
Lisa Di Giuseppe
Domani.it, 7/3/2024
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