giovedì, marzo 21, 2024

INTERVISTA ALL’ESPONENTE DI ADDIOPIZZO. Daniele Marannano: “Non si paga per paura, ma per convenienza”


Chiedono a chi li taglieggia di scalzare concorrenti di recuperare crediti e refurtive o di dirimere controversie con i dipendenti. Abbiamo portato questi temi all’attenzione della politica, ma al di là di una condivisione di forma non è seguito alcun atto concreto 

«Sono ancora molti a pagare le estorsioni e a non denunciare», dice Daniele Marannano, storico animatore di Addiopizzo, una delle tre associazioni antiracket che chiederà di essere ammessa come parte civile nel processo ai 31 commercianti che hanno negato di pagare il pizzo. «Ma c’è un equivoco di fondo – chiarisce Marannano – su questo versante è necessario aggiornare l’analisi. Oggi a differenza di quanto avveniva in passato non è per paura che la maggior parte paga, ma per convenienza e connivenza». Della diminuzione delle denunce di commercianti e imprenditori parlano anche i magistrati. Oggi viviamo oggettivamente una situazione diversa rispetto al passato. 
Come si è arrivati a questa nuova fase? 


«I processi celebrati negli ultimi vent’anni raccontano una stagione davvero straordinaria: centinaia di operatori economici si sono opposti a Cosa nostra con le loro denunce e dopo tali scelte sono riusciti a proseguire la loro attività economica in condizioni di normalità. Da qualche tempo invece, il ritorno al pagamento del pizzo racconta altro». 
Il processo che si aprirà domani è uno spaccato di questa nuova stagione? 
«Al di là del processo di domani, sosteniamo ormai da diversi anni che la maggior parte di coloro che pagano le estorsioni e non denunciano, addirittura negando l’evidenza delle intercettazioni, non sono intimiditi. Per loro, il pizzo che corrispondono è il prezzo di una contropartita di relazioni di connivenza e convenienza che condividono con Cosa nostra. 
Questi soggetti non vanno dunque assolutamente confusi con coloro che invece sono costretti a pagare perché effettivamente vittime, una minoranza, in un contesto di intimidazione ambientale». 
Qual è l’identikit dell’operatore economico che paga per convenienza? 
«Si tratta di commercianti e imprenditori che in cambio del pizzo alla mafia che hanno sempre pagato chiedono al loro taglieggiatore di scalzare concorrenti, di recuperare crediti e refurtive, di dirimere controversie con i dipendenti e di risolvere problemi di vicinato. 
C’è anche chi paga e non denuncia perché appartiene a Cosa nostra o perché è dedito allo spaccio di stupefacenti. C’è addirittura chi corrisponde il pizzo al genero o a un altro parente, che è l’estorsore del rione». 
Come si può rendere sconveniente pagare il pizzo per chi è connivente? 
«Da tempo insistiamo sulla necessità, non solo di cambiare analisi e narrazione sul fenomeno estorsivo, ma anche di introdurre nel nostro ordinamento misure amministrative e non penali, come la sospensione a tempo delle licenze o l’inibizione all’accesso di misure di sostegno al commercio, che rendano sconveniente proprio questo genere di relazioni di connivenza e convenienza. Del resto nel nostro paese dal 2009 esistono già norme di questo genere ma valgono solo per chi contrae con la pubblica amministrazione». 
Quale potrebbe essere il contributo della politica in questa lotta ancora attuale? 
«Questi temi e queste proposte li abbiamo portati all’attenzione della politica, di recente anche delle competenti commissioni parlamentari regionali, ma al di là di una condivisione di forma ad oggi non è seguito alcun atto concreto. Si continua a scaricare sul processo penale la soluzione al tema delle connivenze tra operatori economici che pagano il pizzo e non denunciano e la criminalità organizzata». 
Una recente relazione della commissione regionale antimafia rileva la scomparsa delle associazioni antiracket in alcune aree della Sicilia. 
Perché? 

«Una situazione desolante che a nostro parere sconta il limite che il lavoro di molte realtà è rimasto confinato al solo supporto delle vittime. Ma mi lasci dire che tutto questo accade mentre in molte di quelle stesse aree l’occupazione cala, la dispersione scolastica aumenta, l’emergenza abitativa cresce e il diritto alla salute si assottiglia. 
Diritti fondamentali che sono un miraggio per intere fasce di popolazione. Ecco perché quando si dice che le istituzioni sono presenti nella lotta alla mafia bisogna fare ancora oggi una distinzione tra il lavoro delle forze dell’ordine e dei magistrati che è sotto gli occhi di tutti e quello della politica che su molti territori resta la grande assente». 
Quale significato ha la scelta di costituirsi parte civile contro i commercianti che hanno negato di pagare il pizzo e per i quali la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per favoreggiamento? 
«Chiederemo al giudice dell’udienza preliminare di accogliere la nostra costituzione di parte civile perché le condotte di chi non ha collaborato a nostro avviso sovraespongono gravemente quelle vittime che invece continuano a trovare la forza e il coraggio di denunciare, a Brancaccio e in altre aree della città. L’eventuale futuro risarcimento lo doneremo per la riqualificazione dell’area di Acqua dei corsari, nata dagli sfabbricidi riversati durante il sacco di Palermo, un’area intitolata alcuni anni fa a Libero Grassi. Sperando che non resti l’ennesima incompiuta della politica». — s.p.

La Repubblica Palermo, 21/3/2024

Nessun commento: