sabato, febbraio 24, 2024

“NESSUN RUOLO IN PARROCCHIA PER CHI SI CANDIDA”, LA CHIESA SICILIANA AL BIVIO


ADRIANO FRINCHI

O si fa politica o si è impegnati in parrocchia, le due cose insieme non sono possibili. Questo per lo meno a Reggio Emilia, dove l’arcivescovo Giacomo Morandi, che è anche presidente dei vescovi dell’Emilia Romagna, ha indirizzato una lettera ai parroci. “Ritengo opportuno disporre che quanti intendano candidarsi in qualsiasi lista alle prossime elezioni debbano dimettersi da ruoli di responsabilità ricoperti in diocesi o nelle parrocchie – scrive il presule – pertanto, saranno senz’altro declinati gli incarichi pastorali diocesani o quelli nei consigli parrocchiali. Con l’occasione rinnovo tale divieto anche per colore che rivestono mandati ministeriali”

Catechisti, lettori, accoliti e ministri straordinari dell’Eucarestia ma anche laici impegnati nelle carità e in ruoli in diocesi  che decidano di partecipare a qualsiasi competizione elettorale sono dunque invitati dal vescovo emiliano a fare un passo indietro, a sospendersi dal servizio perché “è essenziale che le attività tipiche della comunità cristiana, cioè culto, catechesi, carità e misericordia, non siano confuse con attività di promozione partitica”.

Un vero fulmine a ciel sereno che ha agitato in questi giorni il dibattito in Emilia Romagna anche perché all’aut aut ai laici si è aggiunto la “chiusura” delle parrocchie ad incontri in vista delle elezioni: niente riunioni, dibattiti, serate passate a discutere delle decisioni da prendere nel segreto dell’urna. “Tali ambienti devono rimanere luoghi deputati al culto alla catechesi e alla carità”. 

A stretto giro è arrivata a favore del “non expedit” dell’arcivescovo Morandi la presa di posizione del presidente della Conferenza Episcopale Italiana e arcivescovo di Bologna il cardinale Matteo Zuppi“La Chiesa non fa mai politica per una parte – spiega il porporato –. La Chiesa promuove i suoi valori per il bene dell’uomo e lo fa senza fiancheggiare questa o quella forza politica. I tempi di un presunto collateralismo sono finiti e per questo condivido le parole di monsignor Morandi che, ricordo, riguardano i ministri che svolgono il loro servizio all’interno di una comunità e non i cattolici che si impegnano in politica. Abbiamo bisogno di persone che portino avanti e difendano i nostri valori nel dibattito politico, ma questo impegno non può riguardare chi è stato chiamato a svolgere un ministero nella chiesa e, quindi, a favore di tutta la comunità”.

In Sicilia,  pur avvicinandosi una importante tornata elettorale sul fronte ecclesiastico, non si è mossa foglia e nessuno tra i membri dell’episcopato isolano sembra, al momento, intenzionato a seguire le orme del confratello emiliano e del porporato bolognese.

C’è da dire che nell’Isola il legame Chiesa-politica è stato sempre piuttosto forte. La Sicilia è la terra del prete-politico per eccellenza, don Luigi Sturzo, che ricoprì la carica di pro-sindaco di Caltagirone, fondò il Partito Popolare Italiano e fu senatore a vita nelle prime tre legislature repubblicane e più recentemente di don Francesco Michele Stabile, presbitero dell’Arcidiocesi di Palermo e rinomato storico che nel 1994 scese in campo nel collegio uninominale di Bagheria sotto le insegne dei Progressisti per fermare il debutto berlusconiano. Per anni la Democrazia Cristiana è stata poi il riferimento non solo dell’elettorato cattolico ma di vescovi e preti che non hanno mai fatto mancare una certa benevolenza, per non dire benedizione, allo scudocrociato.

Certo oggi le cose sono cambiate, non c’è più il partito dei cattolici ma restano tanti i cattolici impegnati in politica e contemporaneamente nelle parrocchie. Queste ultime in particolare sono un ambita riserva di caccia di voti e ad ogni tornata elettorale non sono mancate le polemiche su presenze inopportune di candidati in sagrestia e addirittura in prima fila a messa. In tutte le città siciliane non si contano poi candidati alle circoscrizioni delle grandi città, ai consigli comunali o designati assessori che hanno un ruolo nelle parrocchie, nelle confraternite o addirittura nelle stesse strutture delle diocesi.

La materia è indubbiamente scottante e la prudenza ecclesiastica suggerirebbe ai vescovi siciliani di evitare di inserirsi nel dibattito nazionale anche per evitare situazioni di tensione nelle comunità che vedono i propri membri attivi sul fronte politico o qualche situazione di imbarazzo per chi ricopre in questo momento cariche pubbliche. Il tema però è ormai sul tavolo e se il dibattito dovesse gradualmente spostarsi da nord verso sud o addirittura coinvolgere la Conferenza Episcopale Italiana,  la Chiesa siciliana non potrebbe  esimersi dal prendere una scelta che potrebbe definirsi davvero epocale.

IlSicilia.it, 23/2/24

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