La casa degli orrori ad Altavilla Milicia |
Don Francesco Romano / Don Cosimo Scordato
Sembravano cose ormai del passato le guerre di religione, le torture per estorcere un ravvedimento, le esecuzioni pubbliche degli eretici e altro ancora; l'Illuminismo prima, la rivoluzione Francese a seguire, hanno favorito, speriamo in modo irreversibile, la separazione tra sfera religiosa e braccio secolare. Fa parte della nostra sensibilità culturale che una persona non possa essere messa in carcere, essere punita o addirittura giustiziata per motivi religiosi, né da parte della Chiesa, né da parte dello Stato: Deo gratias! Purtroppo, però, l’errore/orrore che ufficialmente è uscito dalla porta si può ripresentare puntualmente rientrando dalla finestra; ci riferiamo al rischio che la dimensione religiosa possa restare esposta ancora oggi a tante ambiguità, che compromettono la libertà e la serenità delle persone. Basti pensare ai tanti atteggiamenti di intolleranza, che si
insinuano in certe prese di posizione che non accettano il pluralismo delle opinioni, il dissenso nei confronti di un sentire comune.Spesso, per motivi di sicurezza psicologica e di autoconservazione, si tende a escludere la presenza di coloro che la pensano diversamente da noi e ogni giorno assistiamo a episodi di intolleranza nei diversi ambiti della vita sociale. Per fortuna (o per grazia di Dio) il sistema democratico consente la convivenza tra diversi e, nel suo ordinamento giuridico, non è previsto il reato di opinione; ciò che è stato acquisito nella vita civile, però, spesso non viene accettato in ambito religioso; basti pensare che nel passato, nel sistema delle «società chiuse», fortemente identitarie sul piano religioso, era consueta la prassi dell’eliminazione del diverso, dell’eretico con esecuzioni capitali di carattere pubblico ad ammonizione degli altri. Pensavamo che fossero definitivamente superati comportamenti di simile intolleranza; purtroppo essi riaffiorano soprattutto all’interno di gruppi a tendenza settaria. Ciò avviene soprattutto quando l'identità religiosa prevale su qualsiasi altra valutazione e diventa unico criterio autoreferenziale di discernimento e di comportamento. In simili contesti si diventa pronti a gridare «al lupo al lupo», o «al diavolo al diavolo» quando gli altri non la pensano come noi, dando così spazio a una escalation che può avere gli esiti peggiori. La recente vicenda di Altavilla Milicia, quasi certamente, ha tante implicazioni di vario carattere (psicologico, relazionale, sociale); qui ci limitiamo al suo risvolto religioso e diabolico. In primo luogo, fa bene lo Stato a procedere «laicamente» riconducendo i fatti al loro aspetto penale, ovvero alla gravità delle tre uccisioni (moglie e due figli), da parte del padre di famiglia, mettendo tra parentesi o ignorando completamente riferimenti a diavoli o ad acque sante. Ogni persona umana ha diritto alla vita e nessuno può toglierla per motivi di nessun genere e ancora meno di carattere presuntamente religiosi; e ciò va affermato «in nome della persona umana», presupposto dei diritti umani nella convivenza sociale. Seppelliamo definitivamente un certo passato (del quale possiamo solo vergognarci), nel quale sono stati consentiti misfatti «nel nome di Dio», immaginandolo poco rispettoso nei confronti della dignità dell’uomo (sua creatura e figlio)! Ci siamo dimenticati che nel vangelo Gesù afferma solennemente: «Il sabato è per l’uomo» e quindi ogni legge deve essere pensata per favorire la vita degli uomini.
In secondo luogo ci chiediamo: come mai questo padre (e chissà quanti altri) cercano il diavolo nella moglie e nei suoi due figli e non piuttosto nell’inferno di Gaza, in Ucraina e in tante altre parti del mondo in cui viene distrutta la vita delle persone e della natura? E perché non cercarlo tra le pieghe delle ingiustizie sociali, che sono, ad un tempo, effetto e causa di quell’aspetto dia-bolico (dal greco dia-ballein, che significa dividere, rompere), ovvero divisorio e conflittuale della nostra convivenza sul pianeta?
Ebbene dobbiamo riconoscere che la presenza di uno Stato laico può risultare da vero correttivo nei confronti di dinamiche religiosamente pericolose nella misura in cui l’ordinamento giuridico garantisce la libertà religiosa, l’indifferenza e anche il non credere! Nella nostra convivenza sociale la libertà di ogni cittadino si fa garante anche della difesa della libertà degli altri, a qualsiasi religione, cultura, etnia si appartenga. A questo punto, se una dimensione religiosa può avere un senso, da un lato essa deve vigilare per prevenire il possibile reiterarsi di simili aberrazioni e atrocità: il bene e il male ce lo giochiamo assumendoci la nostra responsabilità nella qualità delle nostre relazioni, senza scomodare diavoli o esorcismi, che rischiano di dare spazio ad atteggiamenti di paura, di dipendenza, di terrorismo spirituale; dall’altro lato, la dimensione religiosa va tradotta non al ribasso rispetto a quanto uno stato laico riesce già a garantirci; piuttosto al rialzo in qualcosa che qualifichi ulteriormente la convivenza tra gli uomini perché la gioia torni nella società degli uomini e «che questa gioia possa essere grandeb».
GdS, 17/2/2024
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