domenica, febbraio 11, 2024

LIBRO. “IL BREVE TEMPO” DI GIOVANNI PERRINO, DOVE LA REALTA’ SI DISTANZIA E C’È POESIA

Pubblichiamo la recensione del bel libro di poesie del caro amico Giovanni Perrino, scritta da Marco Molinari e pubblicata su “La Voce di Mantova”. Giovanni è uno dei figli migliori di Corleone, che ha dovuto lasciare tanti anni fa perché… così vanno le cose per noi siciliani. Noi siamo orgogliosi di lui, e sappiamo che nel suo cuore c’è sempre un posto speciale per noi. (dp)



DI MARCO MOLINARI

L’autore che presentiamo oggi è nato a Palermo e vive a Poggio Rusco. Si dedica da anni alla poesia  e alla critica letteraria credendo nello scambio con altre culture. Con il critico e traduttore russo Evghenij M.Solonovich ha dato vita al Premio Lerici-Pea – Mosca per diffondere la rispettiva attualità letteraria nei due Paesi. Nel 2021 Perrino è stato insignito del Premio Alberto Cappi alla carriera nell’ambito del Festival di Mantova-Poesia di quell’anno. Ha pubblicato molte raccolte poetiche l’ultima delle quali è “ Il breve tempo” edito da Interlinea

In questa silloge emerge la passione dell’autore per la grande poesia russa novecentesca, si sente l’eco di autori come EseninMandelstam e, più vicino a noi, Brodskij, poeti che hanno scelto uno stile classico, derivato dalla tradizione, senza per questo dimenticare il patrimonio folklorico del proprio Paese da cui attingere alcuni stilemi e figure della cultura popolare che rinascono in forme sempre nuove.

Giovanni Perrino

Si possono interpretare in questo modo le puntate di 
Perrino nella natia terra siciliana come un ritorno all’età mitica dell’infanzia ma anche come recupero della lingua madre che ha il suo culmine nell’unica poesia in dialetto, Vaju – Vado: “ sta lingua nostra, antica e puvureddaNtrà suonu e litania, cutulii e spasimi – Questa nostra lingua antica e poveretta/Fra suono e litania, dondolii e spasimi”. E’ significativo il titolo  “Vado”, cioè Muoio,parto da qui, dal mondo, da questa lingua antica per esplorare il mondo, per immergermi fra le genti e le culture più diverse, un morire e insieme  un rinascere. Sono tante le poesie che richiamano città, luoghi probabilmente visitati che promanano essenze e ricordi ma anche opere musicali, senza pregiudiziali fra la cosiddetta classica ove un testo è ispirato alla seconda sinfonia di Tchaikovskiy, “ Il dolore della nota scritta brucia l’anima” e la canzone pop. Un altro testo infatti prende spunto da un brano di John Lennon “ Give peace a chance”: “Ti prego in  questa notte di bagliori/ Non recarti furtiva nella legnaia buia/ Dietro la grande casa sta piovendo…” L’atteggiamento che il poeta descrive con frequenza è quello del rimanere in ascolto, attendere l’arrivo dei versi silenziosi in una veglia che assomiglia a un appostamento pronto a cogliere “ il non detto nel profondo”, ciò che sfugge alla realtà e che cerchiamo continuamente.

“Il  breve tempo” è allora una distanza dall’attualità, dal contemporaneo, una distanza non soltanto nello spazio ma anche nel tempo, sono i momenti incistati dentro l’anima di ognuno che emergono se lungamente attesi e corteggiati

Questo è il territorio della poesia ma anche gli improvvisi “ miracoli” che accadono inaspettati. 

La raccolta è un florilegio di questi momenti, composto in uno stile misurato, quasi una sorta di bassorilievi che coniugano movimenti e stasi, racconto e verso che fissa l’istante.

Cogliendo altre suggestioni che provengono dalla raccolta, non passano inosservati alcuni ricordi di donne come in “ Sorridi dalla foto sbiadita/  seta rossa e merletto nero sul collo… e in “ Nuit de Paris il cielo stellato di Notre Dame…”.

In altre poesie prorompe una natura dai colori intensi, forse ricordo della sua Sicilia, che a tratti assume connotati metaforici come in “ E poi all’improvviso” ove la descrizione di un violento temporale trasla rapidamente in uno sconvolgimento intimo che coinvolge l’autore.

Vi sono alcune dediche in calce tra cui un testo per uno zio morto nella Campagna di Russia nel 1942. Altri luoghi cari all’autore sono i deserti, con una particolare simpatia per le popolazioni nomadi che li abitano. 

Del resto sulla sabbia si può lasciare un segno che rimane, come su un foglio di carta: “ Nella sera senza vento volli aggiungere/ un segno mettere un punto una parola/ Perché vivesse poggiato sul fondale”.


RECENSIONE DI MARCO MOLINARI PUBBLICATA IL 9 FEBBRAIO 2024 SUL QUOTIDIANO “LA VOCE DI MANTOVA”

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