Per la presidente onoraria Arci, le reazioni ai manganelli sono un punto di partenza per costruire con i giovani un’opposizione efficace
“Cosa ne devo pensare? Ne penso male. È uno dei fatti più preoccupanti che sia successo, non esiste che venga fatta una cosa del genere, una carica violenta della polizia contro chi sta semplicemente manifestando. È una dimostrazione della natura di questo governo”.
Non usa mezzi termini Luciana Castellina, più volte parlamentare ed eurodeputata, giornalista, scrittrice e oggi presidente onoraria dell’Arci, nel definire l’uso dei manganelli contro i cortei studenteschi pro Palestina a Pisa e Firenze venerdì 23 febbraio.
Come giudica le reazioni che ci sono state dopo?
Luciana Castellina |
Le risposte sono state efficaci e sono arrivate dalla società civile, da tutte le parti, dalle opposizioni. Manifestazioni pacifiche di protesta, mobilitazioni da parte degli studenti delle scuole. Mi pare che nessuno abbia battuto le mani al governo e al ministro (dell’Interno Piantedosi, ndr), nessuno che abbia detto “bene, bravo” a chi ha provato a reprimere il dibattito e la libera espressione dei nostri pensieri.
A livello istituzionale soltanto il presidente della Repubblica Mattarella ha stigmatizzato i fatti di Pisa con parole che sembrano scolpite nella pietra: “L'autorevolezza delle Forze dell'ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”.
A parte Mattarella, non mi aspetto niente, nessuna ammissione di responsabilità. Abbiamo a che fare con un esecutivo tronfio del suo potere, che non è minimamente sfiorato dal dubbio. Ma nessuno plaude e ciò è importante per ricordare che non è vero che il 20 per cento che ha votato e fatto eleggere questo governo, in base all’attuale legge, rappresenta quello che pensa la società. Di fatto, chi ci sta governando rappresenta solo il 22-23 per cento della popolazione.
Questo però non basta.
Certo che no. Non posso pensare che se protestiamo cade il governo. Però constatare che non c’è un’egemonia delle destre è un punto di partenza per costruire una risposta efficace. Voglio dire, non basta che facciano una cosa che pare orribile a tutti per costruire un’opposizione efficace. Il terreno per poterlo fare c’è, ma non può avvenire in un giorno.
Vede analogie con i gravi fatti del 2001 al G8 di Genova, dove nella scuola Diaz ci furono sanguinosi pestaggi di attivisti e giornalisti da parte di polizia e carabinieri?
Sì, quelli che abbiamo visto a Pisa e Firenze sono avvenimenti analoghi. A Genova fu gravissimo, uno scandalo ma un fatto episodico. Qui siamo al sistematico, perché sta accadendo in ogni manifestazione. Più si dimostra che c’è un progetto, un’idea alternativa di società e più tutti devono stare zitti, non devono manifestare. Quelli che sono stati picchiati a Pisa non stavano facendo qualcosa di contrario alle norme, assolutamente, è stato picchiato il diritto di esprimersi.
Chi parla di deriva fascista ha ragione?
Sì, ma il fascismo era fatto molto di scelte politiche, mentre questo governo non si capisce che scelte stia facendo. Si definisce conservatore e sta facendo scelte per conservare questa società, con un programma e un progetto da condannare.
I manganelli di Pisa possono scuotere le coscienze?
Il problema non è scuotere le coscienze, il problema è quel 60 per cento di giovani che non vota perché ritiene che il Parlamento non risponda a quello che sta succedendo. C’è una crisi della politica e della democrazia rappresentativa. Il punto non è che i giovani non sono consapevoli, ma che noi non siamo riusciti a costruire una società che dia risposte.
Quindi il punto non è se c’è o non c’è il fascismo?
Non basta l’antifascismo parolaio, rischia di diventare una copertura per non farsi l’autocritica su quello che è stato fatto e sul perché siamo arrivati a questo punto. I giovani non si sentono rappresentati, e non lo sono, mentre bisogna trovare le forme e i modi perché siano protagonisti di ciò che accade. Non basta fare una delega, ma partecipare e avere la libertà di partecipare. E se poi succede quello che è successo a Pisa quando si partecipa, allora c’è qualcosa che non funziona. Bisogna fare tante grandi manifestazioni su tante cose, costruire un’opposizione efficace: così è possibile costruire una vera presa di coscienza.
Collettiva, 28 febbraio 2024
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